Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954

rie e perduranti dell'industria moderna (pur potendo es– sere in proporzioni eccessive anche rispetto alla sua fun– zione di puntello), dovute alle carenze e agli errori del– l'in1postazione della struttura ideale e pratica della socie– tà 1nodcrna che si riflettono naturalmente nell'ordina– mento giuridico ma di cui questo non è nè prima, nè di- , . retta, ne unica causa. Lo « Spettatore », non considera che la creatività degli uo1nini Yiventi in società con lo s, ilupparsi dell'uomo nel– la storia ha sempre maggior bisogno dell'integrazione e che il rapporto d'integrazione non ha come primo nè con1e unico aspetto quello giuridico, anche se questo è indispensabile a un certo punto di formazione del rap– porto. Nè l'elaborazione del rapporto può essere lasciata allo spontaneismo dei singoli, individualisticamente con– siderati ma essa, nei suoi aspetti filosofici, strutturali, eti– ci e altri ancora che oggi non si vedono, « fa problema )) allo stesso titolo dell'aspetto giuridico. Il ridurre il pro– blema al solo aspetto giuridico del garantire i diritti di libertà a tutte le possibili iniziative, non solo lo spoglia di tutti gli altri aspetti e gli preclude ogni prospettiva fi– losofica e principale, ma sopratutto non fa fare un passo innanzi, sostanziale e superante, alla stessa questione che sta giustamente a cuore allo « Spettatore )>: riattivare l'ini- Il rinnovamento d'Italia dai contadini del Sud Dopo alcuni anni dalla sua comparsa, appare più chia– ro il significato ed il valore che ha, nel processo di com– prensione del nostro Paese e della sua storia, il " Cristo si è fermato ad Eboli" di Carlo Levi. Non era certo il Levi il primo a scrivere delle tristi condizioni di vita dei contadini meridionali, (anche se, a causa della verniciatura ottimistica della propaganda fa– scista, per molti italiani il libro abbia avuto un non trascu– rabile valore di informazione sulla " miseria " del Sud); quel che di significativo e di nuovo si trovava nel libro del Levi, era il giudizio storico sulle ragioni di tali condi– zioni, che era profondamente diverso da quello assunto a fondamento di tutte le posizioni culturali e di tutte le cor– renti politiche che contavano qualcosa in Italia. Tale giudizio che stava alla base di quella corrente che inipostò in termini liberali il problema dello sviluppo del l\1ezzogiorno nello Stato unitario (il " meridionalismo ") era appunto questo: che si dovesse cercare nei limiti del– l'opera politica del Cavour e dei suoi epigoni, nel modo del processo di unificazione nazionale, la ragione ultima del permanere, ed anzi dell'aggravarsi, dello squilibrio ci– vile tra le due grandi parti d'Italia. L'unificazione aveva fatto delle provincie meridionali un mercato privilegiato BibliotecaGino Bianco z1at1va privata e umana. Non è infatti con una modifica– zione, profonda quanto si voglia, del regime di proprietà che si possono suscitare nuove iniziative, che si può ride– stare la creatività sopita nelle capacità escluse dal siste– ma, se queste stesse capacità, ideative, imprenditive, ese– cutive, non si integrano tra loro risolvendo a poco a poco i loro problemi. Producendo nuovi concetti e nuovi prin– cipi, nuovi beni e nuovi costumi. Quand'anche alcune modifiche dell'ordinamento giuri– dico attuale consentissero, nell'attuale situazione di immo– bilismo, il riattivarsi di iniziative private, di portata an– che cospicua, oggi soffocate e impedite, ciò avrebbe signifi– cato momentaneo e contingente: non aprirebbe certo una nuova via di sviluppo oltre le chiusure del proble1na. Sa– rebbero infatti pur sempre iniziative individualistiche e iso– late, perchè mancanti dell'integrazione nel lavoro, che na– sce dall'intimo dell'uomo e che l'ordinamento giuridico può . . seguire, mai or1g1nare. Per superare realmente le lacerazioni del mondo attua– le e aprire nuove vie di sviluppo storico, è necessario co– gliere in modo liberante, in tutti i loro aspetti e su tutti i piani, i valori esistenti in modo chiuso e viziato nel si– stema attuale. ITALO MARTINAZZI • • com1nc1a dell'industria settentrionale e una riserva politica del go verno centrale, impedendo ogni vera opera di auto-orga– nizzazione politica ed economica del mezzogiorno. . Di qui l'istanza dei " meridionalisti " per una " politica di libertà " che, sul piano economico, abolisse il prote– zionismo a favore dell'industria del Nord e aprisse ai pro– dotti italiani industriali stranieri le vie del mercato ita– liano, ottenendo in cambio la possibilità di esportazione della produzione agricola nei mercati stranieri: e, sul piano politico, eliminasse l'intervento arbitrario dei prefetti nella vita civile e politica e assicurasse l'autogoverno ammini– strativo dei cittadini mediante forrne di organizzazione de– centrata, garantendo così il pieno sviluppo del!'attività ci– vile e politica. Qualunque siano le critiche di astrattismo e di ingenuità che si vogliono rivolgere a questa posizioue, che non teneva sufficientemente conto della volontà del capitalisnio e delle forze politiche tradizionali di conser– vare le proprie posizioni di forza, sta il fatto che essa fu l'unica posizione che sostenne serianiente una coerente im– postazione liberale dell'ordinamento economico e polùico del nostro Paese: e che essa diede vita all'unico tentath:o di costituire un partito italiano non legato ad interessi economici determinati, ma autenticamente politico, legato

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