Terza Generazione - anno II - n. 10-11 - luglio-agosto 1954

Occorre, allora, esaminare attentamente tale tesi, poi– chè da essa discende la ricerca di una composizione uni– camente politica delle divisioni del mondo moderno e per– ciò la limitazione della ricerca alla considerazione poli– tica delle parti stesse, che vengono accettate così come sono, cioè in modo totalmente acritico, nelle loro impo– stazioni di principio, sì che la composizione delle fratture viene cercata attraverso una ricomposizione delle parti per mediazione politica. Ciò implica infatti ignorare di fatto i problemi di principio che sono alla base delle fratture attuali, e senza la soluzione dei quali sono in1possibili un pieno riconoscimento e liberazione e ricomposizione dei valori dalle chiusure che li dividono ed estraniano. Ciò che, a nostro avviso, significa unificare l'esigenza di supe– ramento da cui lo « Spetta tor e » stesso muove. Converrà allora ricercare quale sia la causa che deter– mina la soffocazione e l'esclusione della maggior parte delle attività umane creative, limitandole ai soli impren– ditori-proprietari e a tutti coloro, intellettuali, funzionari, politici, chè partecipano, diciamo così, creativamente, al siste1na che regge l'attualt:; regime della proprietà. Con– verrà perciò esaminare co1ne nasca l'economia moderna, quella appunto che ha con1e unici soggetti dotati d'ini– ziativa inventiva e creatrice gli imprenditori-proprietari e i loro ausiliari, per Yedere se siano veramente il regime della proprietà e l'ordinamento giuridico che provocano tale riduzione, o qualche altra causa. L'economia moderna è caratterizzata dalla dinamicità intrinseca e sistematica che le è impressa dal sorgere del– l'industria, per cui l'equilibrio del sistema economico ri– chiede un continuo aumento della produzione e del con– sumo. Tale aumento per essere continuo itnplica necessa– riamente l'integrazione crescente del lavoro umano di ogni tipo e la sua crescente differenziazione, qualificazione e individuazione, giacchè senza integrazione delle diverse ca– pacità degli uomini e di ciascun uomo, non vi può essere sviluppo di esse e quindi elevazione della qualità del la– voro e del prodotto e perciò aumento della produzione e del consumo. Viceversa, al sorgere dell'industria 1noderna,. per una serie di circostanze storiche, è mancato completamente il momento dell'integrazione, il passaggio cioè dai rapporti comunitari spontanei a rapporti d'integrazione nel lavoro. Infatti i rapporti comunitari esistevano inconsapevolmente ma reahnente nella società retta dall'organizzazione feu, dale, in cui la comunicazione tra gli uomini era intera, comprendente tutte le dimensioni umane attuali e aperta ad ogni sviluppo di esse. Più tardi, il costituirsi dell'autonomia della società ci– vile avviene attraverso l'instaurazione, concettuale e pra– tica, di un individualismo autosufficiente e atomistico di origine rinascimentale, che perdura nella sua impostazio– zione di fondo sino ad oggi, fondato su una concezione au– tosufficiente e perciò individualistica dello sviluppo urna, no. Tale concezione tende a imprimere una forte spinta di sviluppo, ma pone questo ultimo co1ne nascente e costi– tuentesi unicamente dahl'individuo e nell'indiv~duo, nel singolo, escludendo quindi un'integrazione tra gli uomini nello sviluppo che giunga fino alle sue radici, che ne com– prenda sempre la dimensione in ti era, chè, anzi, in realtà gli altri sono abbassati a mezzi del proprio sviluppo e Biblioteca ·GinoBianco quindi privati della loro qualità unica, indissolubilmente legata al rispetto della loro autonomia, negata nel pro– fondo da ogni posizione autosufficiente, e perciò colti uni– camente nel loro aspetto quantitativo e materiale. Tale individualismo tende a polverizzare la comunità, fondata sempre sull'intera e aperta comunicazione umana, in quan– to separa profondamente gli uomini tra loro e riduce i loro rapporti a una calcolata contrapposizione di interessi. L'industria moderna è nata in questo quadro, in que– sta impostazione, e perciò per iniziativa individualistica isolata, avulsa dalla comunità e dai suoi rapporti e quindi nell'imposibilità di costituire, restando in tale impostazio– ne, alcun rapporto d'integrazione sia per la produzione che per il consumo che comprendesse cioè, nell'iniziare un lavoro richiedente l'opera di un gruppo di uomini, la ca– pacità lavorativa di ciascuno nella sua intera dimensione attuale e nella sua potenzialità di sviluppo (e fosse quindi 01nogenea all'interezza dell'uomo e alla pienezza della sua integrazione comunitaria). Perciò, in mancanza di integrazione, l'industria moderna ha dovuto ricorrere a un'aggregazione e combinazione unicamente meccanica, materiale e quantitativa, quindi forzata, del lavoro esecu– tivo cioè del 1 avoro subordìna to realizzato sino allora, quello contadino; inserendo il lavoro artigiano, senza ele– varlo di livello, nel punto chiave del sistema produttivo, la costruzione dei prototipi e dei modelli delle macchine. Nella nascita storica dell'impresa individualistica vi è stato dunque un passaggio semplice da un lavoro conta– dino esecutivo e ubordinato, ma, nonostante tutto ancora naturalmente sano e umano, anche e appiattito, a un la– voro industriale unicamente esecutivo e al tempo stesso staccato dalla terra, dalla natura e perciò intrinsecamente ridotto alla dimensione meccanica e quantitativa, privato intrinsecamente di qualità umana e, in sostanza, della sua economicità propria, ridotto a cosa. Sicchè l' organizzazio– ne industriale del lavoro, anzichè rappresentare un'eleva– zione della qualità del lavoro e un'apertura al suo conti– nuo sviluppo, ha costituito, aln1eno nei suoi aspetti più visibili, un peggioramento rispetto alla sua condizione precedente. Una tale impostazione escludeva così radical– mente sin dall'inizio qualsiasi integrazione nel lavoro di iniziativa creatrice, cioè nel lavoro imprenditoriale e nel lavero inventivo, rendendo così frammentario e asistema– tico ogni sviluppo qualitativo della produzione e addos– sando tutto il rischio economico all'inizatore dell'impresa. In queste condizioni l'industria moderna non era in grado di reggersi sulle sue gambe; ma doveva sempre puntel– larsi alla rendita, che è la confisca a vantaggio del sin– golo dei .frutti dello sviluppo economico, per non crollare sotto il peso delle sue lacune e dei suoi vizi originari, come uno zoppo, appoggiandosi se1npre alle sta1npelle della rendita. L'industria moderna sussiste perchè, nonostante tutto, porta nuovi valori produttivi nel mondo, e in particolare sussiste in quanto vi è in essa uno sviluppo qualitatiYo (poichè i puri fenomeni parassitari non possono sus iste– re) ma è condizionata e limitata sin dalle sue origini e per tutto il suo corso dalla rendita che le è sempre neces– saria per la sua originaria debolezza. La rendita dunque, e il regime della proprietà che la garantisce, e pur sempre soltanto una conseguenza dei v1z1 e delle lacune or1g1na- 7

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