Terza Generazione - anno II - n. 9 - giugno 1954

lari, di circoli, di cooperative, di iniziative diverse che a po– co a poco raggiunsero lo scopo, riuscirono a inserire il mondo contadino nella vita nioderna, e nel sistema attuale della demo– crazia capitalista. Essa preparò le condizioni per l'attuale omo– geneità sociale della socict~ da– nese e per il suo sviluppo de– mocratico. Si può dire che la Danimarca è un esempio del massimo sfor– zo democratico possibile entro al sistema capitalista. Il lungo periodo attuale di governo so– cial-democratico ha infatti con– dotto al limite la funzione di– stributiva mercè riforme, tassa– zioni progressi ve fortissime, sov · venzioni crescenti, mercè un complesso assistenziale e previ– denziale obbligatorio e concre– tamente sufficiente all'individuo. Il livello realmente medio di consumi materiali è all'incirc:i quello dell'operaio specializzat0 alla Fiat; i disoccupati sono og– gi circa 20.000.; i pensionati hanno di che vivere. I c,ervizj sociali, le scuole (da quelk. e– lementari a quelle universitarie) sono esemplari di attrezzature, di organizzazione, e anche ài soluzioni architettoniche ~final– mente una architettura mo,ierna legata alla tradizione, che in questo caso è rurale); le cure e le soluzioni organizzath e che riguardano la vita infantile so– no sorprendenti. Ma a questo punto si ptofi– lano in Danimarca rle1 proble– mi di fondo. Sul piano econo mico, lo sviluppo rle1nu:ratico e l'azione distributiva hanno cotroso i marg1n1 capit:il istici dell iniziativa privata, senza l:1 quale il sistema entra in cre– scente stagnazione. E se i] st sterna entra in crisi aperta (e le condizioni internazionali, il problema tedesco sono altret– tante spade di Damocle), che fare? Sul piano sociale, finora la maggioranza operaia è socialde– mocratica e appoggia l'attuale sistema proprio perchè (e an– che fino a che) è capace di una forte azione distributiva ad al– to livello. lVIa se quest'azione viene a indebolirsi in una· crisi, come garantire la permanenza di una unità sociale? E sul piano della vita per– sonale, i limiti economistici del– ]a società moderna già pesano visibilmente: disgregazione del– la vita religiosa (solo l' 1 % del– la popolazione protestante fre– quenta il culto), svuotamento dei rapporti familiari, crisi mo- raie diffusa, senso della solitu– dine per onale che può giungere fino alla disperazione. Infine la stes a azione della educazione degli adulti, avendo già raggiunto i uoi obiettivi, non trova nuove aperture, rigi– ra oggi su se stessa, è anch'es– sa in crisi di stagnazione. Pro– blemi come si vede, tutti di fondo, e che pongono o si pre– parano a porre anche in Dani– marca, altrettanti « che fare? >>. Ma non è di questo che ci dobbiamo occupare, bensì dei nostri problemi italiani. Intanto, dalla storia della Da– nimarca n1oderna una lezione per noi la possiamo trarre. E' vero che in Italia non i furono le condizioni essenziali per tro– vare una soluzione analoga en– tro al sistema capitalistico: e infatti non si trovò. Ma è al– trettanto vero che da noi mancò sempre quella chiarezza di o– biettivi, quella conoscenza della situazione reale, quel senso del– le concrete possibilità, quel te– nace perseverare nel lavoro che caratterizzò la storia della Da– nimarca moderna. Virtù queste, di sempre, e che tanto più ci sono richie te oggi quando al- 1 ltalia si pone il problema di un suo sviluppo diverso da quel– li esistenti, di una sua strada nuova, adatta ai suoi bisogni e alle sue possibilità. Come alla Danimarca di 150 anni fa, anche a noi si pre– senta una « svolta storica ))' un in ieme di domande che conflui– scono nel << che fare? ". La ri– sposta è ancora più impegnativa e più difficile, perchè non ab– biamo dinanzi a noi un model– lo a cui riferirci, come la Dani– marca ebbe il siste1na liber.'l!~ inglese: dobbiamo trovare an– che il modello, e perciò il no– stro sforzo crea ti vo deve essere ancora più grande e libero e totalmente aperto. E' in questo forzo che ci ritroviamo tutti; e sappiamo molto bene che la unica realtà cui ci possiamo ri– ferire è quella della società ita– liana, dei suoi valori umani e del– la sua tradizione: è il « capita– le di persone », la sola, vera ricchezza di questo nostro pae– se. Quanto più noi riusciremo a cono cere la situazione reale di questo capitale di persvne, più ci accorgeremo di ciò che oc– corre proporre e fare perchè na– sca un sistema sociale che com– prenda tutti gli italiani, e che possa crescere mercè il contri– buto personale di tutti. SANDRO FÉ D'OsnANI Biblioteca Gino Bianco Al fondo della coscienza della nostra ge,,_ nerazione ' e tutta la civiltà contemporanea, ha tenacemente Cari a1nici, già da tenipo mi ero convinto della fondamentale unitarietà della assai complessa problema– tica che si pone alla generazio– ne e della conseguente possibi- 1 ità di affrontarla unitariamente, e la natura della vostra rivista mi ha aiutato a precisare e a chiarire alcuni concetti, pur su– scitand01ni non poche nè lievi perplessità. Al fondo della coscienza della nostra generazione v'è, io pen– so, il portato di tutta la civiltà conternporanea, di tutta una ci– viltà che tenacemente ha eretto idoli e niiti, che alacremente ha escogitato continue soluzioni per ogni problema, e che ha poi vi– sto sempre svanire queste e crol– lare quelli di fronte alla più prepotente e truce della realtà. Non voglio qui ricordare co– me siano svanite le illusioni ra– zionalistico-positivistiche e a quali conseguenze abbia porta– to il sistema economico liberi– sta, né come si rivelino parziali e inadeguate le "leggi della ideologia materialistica " e an– che l'elaborazione meramente politica dei pur validi principi cristiani. l\Toi sentiamo, e ne è uno spec– chio la vostra rivista, come oggi non vi sia nessuna ideologia po– litica nei cui termini possa es– sere versato il nostro mondo pre– sente senza che esso subisca in~– vitabili storture e deformazioni e come d'altronde non vi sia nessuna teoria che possa aiutar– ci a trovare, dei problemi di questo nostro mondo, una solu– zione che non sia solo parzia– fo. Bisogna naturalmente inten– dersi sul concetto di " parziali– tà " di una soluzione: è chiaro che non si tratta di una defini– zione solo quantitativa, nel sen– so che sia parziale una soluzio– ne nella quale si possano inqua– drare solo alcuni problemi della società e non altri di altra natu– ra; si tratta invece, io credo, idoli eretto e • • 1n iti di intendere questa " parziali– tà'' come un limite che si pon– ga all'efficaci~ che questa solu– zione ottiene in quanto operi nella intera spiritualità singola e nei più complessi rapporti umani. Così, ad esempio, è par– ziale la soluzione marxista (che pure, tra quelle di schietto sapo– re politico, è forse la meno par– ziale), perchè non riesce a con– solidare l'uomo se non come un dato puraniente passivo, atto solo a ricevere e non a dare, e tale dunque da potersi privare anche di alcuni valori fondamentali quali la libertà di pensiero ed altri. Noi sia1no dunque alla ricerca di una soluzione. l\1 a come dob– biano indirizzare questa ricerca? Alla base di tutto si pone quel– la famosa "presa di coscienza " della nostra crisi, di cui tanto si parla. Ma questa presa di co– scienza può graduarsi in vari 1nodi: v'è chi, fra i giovani, s'è acquietato in un estremo nulli– s1no, in una completa rinuncia ad esplicare se stesso, che non è certo rassegnazione perchè vi manca una fede che la giustifichi né può sbocciare in rivolta per– chè manca l'indispensabile ardo– re: atteggiameuto certo non so– lutivo e non ancora consapevole della crisi, ma pur tale da di– mostrar e come sia già avvertita la mancanza di qualche cosa, come sia intuita la frattura. V'è poi chi pensa di esprimer– si in termini estetizzanti-esisten– zialistici, oppure porta all'estre1no limite la raffinatezza formale di una cultura che si è fatta deli– cata seppur inane cesellatrice di se stessa, giuoco leggiadro di edonistici ricami: n1a l'aggirarsi sempre nei limiti dell'esistente culturale senza cercare di sor– fJassarli o almeno di espanderli equivale solo a fingere una so– luzione anche se un dato non del tutto negativo può già av– vertirsi se non altro proprio 7:el fatto che, così operando, si ac- 25

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