Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954

Risposta a "Il Mulino,, Un problema fuori dell'enciclopedia Nel numero di marzo della rivista giova– nile "Il Mulino '' è comparso un articolo (a firma di Federico Mancini e Nicola Mat– teucci) dal titolo " Terza Generazione tra Gioberti e Gramsci ". Il discorso su T. G. - essi hanno affer– mato - deve essere condotto senza mezzi termini «poichè se la polemica tra chiusi clan culturali è cosa assai sterile e vana ben più sterile e vano sarebbe colti– vare il proprio lavoro in silenzio senza vo– f erlo discutere e rapportare con quello al– trui, magari salvandosi nella lode generica <: compiaciuta troppo spesso dettata dall'or– goglio di appartenere a quella casa in cui gli uni si affratellano agli altri ». A questo compito gli autori dell'articolo si sono te– nuti fedeli portando a ter1nine una disa– mina acuta e coscienziosa delle posizioni esposte dalla nostra rivista. Questo lavoro merita (al di là dei giudi– zi dati) una lode spassionata e disinteres– sata perchè effettivamente rappresenta un tentativo ed un contributo di conzprensione .. di gran lunga superiore ai generici giudizi di classificazione politica che di solito si sogliono dare in queste occasioni. Tre inviti alla qualificazione L'analisi che "Il Mulino" fa delle no– stre posizioni si conchiude con un invito alla qualificazione: ci sembra essere questo il nodo sostanziale dell'articolo ed anche l'o– rigine dei giudizi e dei dissensi manifestati. La natura di questa qualificazione è espres– .,a in tre maniere analoghe, seppur diverse. La prima trova la sua sintetica espressione nella frase finale: « pensiamo che la terza generazione, quella dei giovani d'oggi, non durerà in eterno. Ben presto essa sarà chia– mata a compiti di direzione politica dello Stato. Non disperdiamola su strade non sue, non lasciamola sola ». Questo è propriamente un invito alla qua– lificazione politica, un ammonimento a pen– sare che in fondo tutti i salmi finiscono in gloria e tutte le ricerche, le ansie, i tenta– tivi delle élites giovanili non possano finire che nell'unica maniera possibile, quella del– l'in <;eri mento nella classe dirigente e nella dire~ione politica dello Stato. Questo invito alla qualificazione politica ha necessariamente un significato più pre– ciso, se si pone mente al fatto che oggi quando si parla di direzione politica dello Stato (nell'ambito della cultura del "Nluli- ibliotecaGino Bianco no ") ci si riferisce a quella democratica, e che si deve tener conto degli stretti margini che questa direzione politica ha nella situa– zione attuale e che ogni invito alla qua– lificazione in quel senso non può quindi pre– scindere dagli sperimentati limiti del cen– trismo democratico. Il secondo tipo di qualificazione richiesto a T. G. lo possiamo sintetizzare nella se– guente frase: « Piuttosto è un equivoco irti– plicito nel loro discorso che intendiamo ri– levare: l'equivoco di essere da un canto se– riamente cattolici nella vita privata e, dal– l'altro di non tradurre apertamente il loro convincimento interiore in precisi atteggia– menti di parte». Questo secondo tipo di qualificazione presuppone una concezione molto diffusa, del resto anche fra i cattolici qualificati, che è quella di ridurre la pre– senza dell'uomo nella Chiesa, all' appar tenenza al mondo cattolico organizzato e alla " parte " che esso rappresenta nella situa– zione attuale. Questa qualificazione (accettata come normale dalla maggioranza dei cattolici e dagli stessi laici nella situazione attuale della " parte cattolica ") non può che so– stanzialmente ridursi ad un invito affinchè si accettino i limiti storici nei quali viene ridotto il problema dello Stato in Italia per la presenza dei cattolici come parte. Il terzo invito alla qualificazione è con– tenuto nel monito espresso nella seguente frase: « E' assai facile affermare in bloc– co che la nostra cultura, la cultura moderna ha fallito nell'impresa; il solo rischio cui si va incontro quando si fanno tali afferma– zioni sta nel ritrovarsi tra le mani una cultura vecchia quella cultura per intenderci, secondo la quale da Cartesio in avanti nel mondo s'è cessato di pensare ». Nella situazione d'oggi della cultura, non v'è chi non veda come sia impossibile espri– mersi culturalmente se non attraverso quel modo di pensare che va da Cartesio in poi. Per chi tuttavia, sentendo l'insufficienza di questa cultura, si rifà piuttosto ai proble– mi ed alle esperienze da essa lasciate sco– perte, il rnonito sta a significare un preciso invito a rientrare nei ranghi della « cultura dopo Cartesio », potendo a ragione e facil- 1nente confrontare la compiutezza di questa di fronte al romanticismo, al barbarismo e in genere all'incompiutezza di ogni altro problema ed esigenza che si ponga fuori di essa. « Rientrate nel centro democratico, rien- trate nella parte cattolica, rientrate nella cultura moderna»: così recepiamo in ter– mini estremamente semplificativi l'invito ri– voltoci dal " Mulino ". Non risponde a tutto la nostra cultura In sostanza "Il Mulino" ci invita ad una qualificazione in cui i suoi redattori sono in qualche maniera la punta più alta fra i giovani in Italia. Essa è innanzitutto una accettazione del concetto illuminista degli intellettuali poli– tici, vale a dire il concepire una catego– ria di persone il cui primo compito è sì la ricerca della verità, ma volta ad una fun– zione politico-sociale che si esprime attra– verso la direzione dello Stato e attraverso l'uso di quegli strumenti che lo Stato mette a disposizione. Legata a questa concezione illuministica c'è nell'invito alla qualificazione un sottile sottinteso riformistico: usare dei mezzi del– lo Stato non può significare che cercare di risolvere all'interno del sistema che lo Sta– to rappresenta, tutti quei problemi che in maniera più o meno grave si pongono. Più a fondo ancora sottiltnente legato al signi– ficato illuministico e riformistico, c'è una valutazione positiva di ogni atteggianiento empiristico e pragmatista, che è il portato pratico delle acquisizioni culturali 1noderne che vengono consigliate. Questa d'altra parte è la qualificazione forse più agguerrita e più finita fra quelle esistenti nelle élites giovanili del nostro paese. Di fronte ad essa, espressa in saldi con– cetti, ricca di tecniche e di specializzazio– ni, codificata in una vita accadeniica nella scienza ufficiale, dotata di maestri e di scuo– le noi ci riconosciamo sprovveduti e non attrezzati. La cultura ed i concetti a cui si rifà " Il Nlulino" sono formulati in un sistema, in una sorta di Enciclopedia saldanzente acqui– sita. Ed essi chiedono a noi o di contrap– porre un altro sistema oppure di rientrare in quello esistente. Questa richiesta ci sembra eccessiva dal momento stesso in cui noi rinunciamo a contrapporre sistema a sistenia e dichia– riamo essere nostra intenzione e vocazione portare alla luce quel problema o quei pro– blemi che, alla nostra sensibilità di con-

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