Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954
vm1 e ov1n1 che potevano pascolare sui pascoli pubblici rispettivamente a 100 e 500 per ogni proprietario,; vincolava i pro– prietari a impiegare nei loro fondi un nu– mero di lavoratori liberi proporzionale al numero degli schiavi; e limitava il posse - so terriero a 500 jugeri. Lo scopo della leg– ge che comprendeva anche degli sgravi ai debitori, non è dubbio: i trattava di difendere il medio ceto romano, specialmen– te i possessori di « fondi » dalla crisi eco– nomica e naturale che andavano subendo. E si erano allora la garanzia fondamen– tale di equilibrio per l'esistenza dello Sta– to romano. La crisi della proprietà coltivatrice do– Yeva essere quindi ormai avanzata. Si può misurare! il punto che essa aveva raggiunto, pensando alla dimensione ottima del po– dere che più tardi ci d~rà Catone (100 ju– geri, 20 grossi capi e 100 pecore) e pensan– do che queste indicazioni non rispondevano già più alla realtà del suo tempo (2). L'antico equilibrio delle regioni meridionali appenniniche all'e– poca sannita 1a cosa succede nelle zone montuose delle altre regioni d'Italia e specialmente in quelle meridionali, mentre nel Lazio i Yolge questo processo? Sono queste regio– ni montane ricche di calcare, e colline ric– che di argille; coperte di boschi e di pa– scoli naturali, vanno soggette a fenomeni che dovevano più tardi far sentire i loro effetti su tutta l'agricoltura italiana. E' quasi certo che la pastorizia fosse l'attività prevalente dei Sanniti ma è chia– ro che a un popolo che nel suo periodo florido nel V e IV secolo avrebbe rag– giunto 2.000.000, non doveva mancare una certa attività agricola. Polibio parla in– fatti della fertilità e opulenza del Sannio, e anche facendo la tara alle sue impres- ioni, con tutta probabilità il paese ba– sta va a se stesso e l'equilibrio si mante– neva, facendo appello periodico alla « sa– cra primavera » a cui pare dovuta la co– lonizzazione sannita sulle colline della Lu– cania,· del Bruzio e delle Puglie. Si sa che con questi « emigrati ,, fino a tarda epoca i Sanniti non hanno avuto rapporti politici molto stretti, ma che più tardi in varie occasioni i lucani e gli abi– t<Hori del Bruzio risposero all'appello san– nita fino in fondo, sicchè questo farebbe credere all'esistenza, da una certa epoca in poi, di comuni interessi. E' probabile che questi legami fossero mantenuti proprio attraverso movimenti e rapporti dei pa– stori, rapporti abbastanza elastici ma ca– paci di creare una tradizione: non è tut– tavia provato che essi fossero rapporti di transumanza tra le colline lucane e il massiccio del Matese, anche se alcuni au- tori lo atte tano (3). I comuni interessi potrebbero essere stati quelli di dividersi i pascoli invernali della Puglia: sappiamo infatti che gli abitatori di questa furono ben lieti di 3prire le porte ai romani e di permettere l'accerchiamento strategico del Sannio. Comunque un legame naturale tra la dorsale dell'Appennino, che pos iamo de– finire adriatica, e le colline lucane esi– steva: un legan1e che fa contrasto con la divisione dei anniti di vecchio ceppo tra i quali l\far i, Peligni e l\1arrucini non esi– tarono nel 325 a far passare i Romani ver– s,J la Puglia. D'altra parte nella deduzione delle colonie romane è evidente lo copo di rompere quel legame: se Isernia divide i Pentri dai Sabelli, Benevento epara gli Irpini dai Pentri e Venosa i Sanniti dai loro alleati del Sud. Per questa colonia la tradizione tramanda la in olita cifra di 20 mila coloni dedotti, contro la norma di 1500-6000, ma l 'jmportanza della posizione e il uo valore di chiu ura o di controllo ù1 uno dei canali e senziali della vita economica annita, potrebbe rendere pro– babile una imilc eccezione. Geografi e torici hanno de critto varie forme di mo, imento dei pastori. Legati a11a nece ità di cibo dei loro greggi, e si generalmente i spo tano seguendo il ere- cere delle erbe a econda delle tagioni e dei climi. ella reg10ne mediterranea 1 movimenti o cillano alternativamente tra pianure e montagne e richiedono posta– menti attraYer o le colline piutto to lun– ghi che assumono il nome di « transuman– z:1 » (-1-). Rispetto ai tipi de critti non 1 può decidere quale forma finisse di a u– mere il movimento dei pa tori sanniti: almeno nelJe epoche più antiche, sccond > quanto si è eletto nello scor o nun1ero, è da escludersi che essa fo se una tran u– manza e tiv'l di pastori e animali della pianura , er o la montagna, perchè i San– n1 t1 abitavano negli altipiani; ma resta b possibilità di una transumanza inver– nale di pastori e ani ma] i dei monti o ad– dirittura di una fonna intermedia con centro in insediamenti a metà strada. Il movimento dei prodotti pastorizi, in tutti i modi, do,·eva garantire sia lo scam– bio di civiltà tra stirpi simili, sia la crea– zione di una serie di rapporti che giun– gevano fino alle colonie greche e cartagi– nesi della costa. I Sanniti erano un po– polo senza industrie e mancavano quasi et: n1etalli, ma le loro armi erano ricche di ornamenti di pregio e grande fu dopo le guerre il bottino romano: donde veni– vano que te ricchezze se non dalle città greche della costa per il tramite dei pa– stori che vendevano la loro lana e i pro– dotti dei greggi nelle colonie come alle manifatture di Taranto? La vita produttiva dei Sanniti nas- ume dunque in un'agricoltura, per il con– sumo intorno alle rocche e agli insedi.:i– n1enti, pascoli e boschi più oltre. Un'agri– coltura primitiva, basata sul farro e forse più tardi sul grano che andava estenden– do~i dalle colonie greche, un'agricoltura che attraverso le emigrazioni riusciva a mantenere in equilibrio la società (5). D'al– tra parte, una pastorizia fondata nei secoli pitt antichi prevalentemente sugli spost3- menti locali, sfruttando le naturali possi– bilità climatiche dei territori occupati, mon– tagno i e collinosi, ma in seguito con una naturale tendenza alla espansione e quindi alla transumanza. La nascita della prima transu– manza Analoghi a quelli dei Sanniti, sia per le comuni origini di stirpe sia per la simili– tudine dei territori occupati montuosi e collinari, dovevano essere i modi e le con– dizioni di vita degli altri Italici del Mez– zogiorno. Se può ammettersi un processo di esaurimento del suolo troppo a lungo coltivato intorno ai villaggi e dei pascoli delle valli e delle pendici continuamente sfruttati, entrambi questi fenomeni hanno l'aria di determinare un processo lento. All'estendersi in grande della pa torizia nel– le forme della transumanza presso gli Ita– lici vanno perciò aggiunte ragioni diverse del quelle invocate per l'estendersi del la– tifondo e del pascolo nelle pianure latina e campana. Come già si è visto la volta scorsa, è no- tra opinione che sia stato il crescere della popolazione nel corso del VI e V sec. a. C. a determinare il tentativo espansivo dei Sanniti e la loro ricerca delle pianure. Tale processo è ragionevolmente econdo noi an– che all'origine dell'affermarsi della tran– sumanza. Dobbiamo ricordare infatti che l'equi– librio tra popolazione e risorse su cui alla metà del V secolo si fonda la potenza san– nita « un equilibrio che, fondato sulle ca– ratteristiche naturali, ha per que to limiti precisi nelle condizioni naturali dei ter– ritori. .. Fino a che i Sanniti hanno la pos- BibliotecaGino Bianco Nella rotografia: 11wneta l/1 cui è raffigurato il toro sannita che abbatte la l1,1pa romana.
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