Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954

che non ha sacrificato le proprie forze e velleità ideologiche e non è caduta nel facile trabocchetto dei « valori spirituali »; ma ha fatto della tecnica la propria vita, ha sentito nuovi affetti nascere dalla pratica quotidiana del la:voro collettivo e nuove leggende sor– gere dagli orizzonti conquistati. Che cosa sia il cinema americano molti sentono, con quell'am– bivalenza di simpatia e di fastidio che è stata descritta come uno dei nostri irriducibili complessi di europei, ma nessuno forse ha posto in luce con il necessario vigore. Ora che un'astinenza obbli– gatoria ci ha guariti dagli eccessi di pubblicità e dal fastidio del– l'abitudine, si può forse ricapitolare il significato di quell'episodio educativo e riconoscere nel cinema americano il più grande nies– saggio che abbia ricevuto la nostra generazione. Allora il cinenia entrò nella nostra vita come una presenza inso– stituibile; cresciuto con la nostra stessa giovinezza ci insegnò a vedere e a comporre secondo nuove misure, modificò la storia e la geografia nei nostri cervelli, fu insieme scuola e poleniica, diver·– timento e mitologia. In questo sforzo di espansione la sua impor– tanza era soprattutto sociale in quanto, arma serenamente rivolu– zionaria, aboliva le frontiere politiche e collaborava alla presa di coscienza più urgente per il nostro tempo, quella dell'unità della razza. !\la 11ell'ordine estetico il suo significato non era minore, perchè senza il cinenia i nostri occhi vedrebbero il niondo in una altra luce, e oggi è sicuro che gli anonimi autori del film a1neri– cano furono i primi a rispondere all'appello rivolto da Baudelaire agli artisti moderni, i primi a mostrare come sia1no giovani e belli con le scarpe di vernice e con le nostre cravatte borghesi. Questa certe~za era indispensabile per uscire da un mediocre estetismo e, più o meno palesa,nente secondo le affinità del gusto, la lezione americana fu assimilata da tutti i popoli civili. Sola ostinatamente chiusa nei suoi coniplessi 1nedioevali, la Gerniania di oggi rifiuta di accettarla. Il corno del postiglione di Eichen– dorff suona ancora nei versi dei cattivi poeti del terzo Reich: nessuno di loro potrà riconoscere dei valori visivi fuori di una cornice tradizionale, sentire una musica non consacrata da ragioni accademiche. Ogni ragazza tedesca rinnova le scoperte che una sua bisavola fece in un crepuscolo d'autunno, si estasia di fronte agli Un teatf'o per il dramma di . tutti stessi paesaggi, trova cc fabelhaf t ,, e « wunderbar » le stesse reli– quie archeologiche. Il fascino del deserto, l'esotisnio, il cielo azzurro d'Italia restano i limiti di una poetica che da oltre un secolo basta a nutrire questi irriducibili filistei: nessuno di loro ha capito che una fabbrica alla periferia di Berlino può essere non meno « natura » degli scogli di Capri e che una finestra intra– vista dalle vetture dell'U.Bahn ha molto più diritto a essere ammi– rata di un « point de vue » riconosciuto, come nei giardini barocchi. Su un tale inconciliabile antagonismo di fedi e di dottrine ere– ditate si basa ora il conflitto fra America e Germania. L'importante è viaggiare, rsiponde un popolo di pionieri ai mistici del focolare domestico; e l'antico idolo di patria s'infrange, ritorna memoria dell'uomo, terra a cui si crede e si pensa, ma che non può renderci schiavi. Con lui periscono altre sovrastrutture radicate nel pro– fondo delle nostre abitudini, molte viltà e pigrizie niascherate da nobili parole. L'America non ha ciniiteri da difendere. In questcz lotta contro gli idoli può riconoscere la sua missione: nella lotta contro i gentili che continuamente riproducono il loro errore e oppongono all'uomo un'ortodossia o un rito, una macchina politica o dottrinale. A contatto di questa generosa missione l'utopia del mondo nuo– vo, riprende coraggio; ancora pura enunciazione nell'ideologia marxista, si fa prova concreta dovunque l'uomo non cede agli oscuri pericoli della mistica e del rimpianto, non si rifugia nella neutralità e nel disinteresse, ma affronta liberamente e con i propri mezzi i compiti di una esistenza problematica. Questo può avve– nire in America, può avvenire in Russia. Nelle nostre parole dedi– cate all'America molto sarà ingenuo e inesatto, niolto si riferirà ad argomenti forse estranei al fenomeno storico U.S.A. e alle sue forme attuali. Ma poco importa: perchè, anche se il Continente non esistesse, le nostre parole non perderebbero il loro significato. Questa America non ha bisogno di Col01nbo, essa è scoperta dentro di noi, è la terra a cui si tende con la stessa speranza e la stessa _fiducia dei primi emigranti e di chiunque sia deciso a difendere a prezzo di fa ti che e di errori la dignità della condi– zione umana. GIAIME PINTOR da « Il sangue d'Europa >> Verso il 1930, quando il fascisn10 comin– ciava a essere « la speranza del mondo », accadde ad alcuni giovani italiani di sco– prire nei suoi libri l'America, una America pensosa e barbarica, felice e rissosa, disso- luta, feconda, greve di tutto il passato del mondo, e insieme giovane e innocente. Per qualche anno questi giovani lessero tradus– sero e scrissero con una gioia di scoperta e di rivolta che indignò la cultura ufficiale, ma il successo fu tanto che costrinse il re– gime a tollerare, per salvare la faccia. Sj scherza? Eravamo il paese della -risorta ro– manità dove perfino i geometri studiava– no il latino, il paese dei guerrieri e dei anti, il paese del Genio per Grazia di Dio, e questi nuovi scalzacani, questi mercanti coloniali, questi villani miliardari osavano darci una lezione di gusto fac~n<losi leg– gere discutere e am1nirare? Il regime tol– lerò a denti stretti, e stava intanto sulla hreccia, sempre pronto a profittare di un passo falso, di una pagina più cruda, d'uua bestemmia più diretta, per pigliarci sul fat– to e menare la botta. Menò qualche botta, ma senza concludere. Il sapore di scandalo e di facile eresia che avvolgeva i nuovi li– bri e i loro argomenti, il furore di rivolta e di sincerità che anche i più sventati senti– vano pulsare in quelle pagine tradotte, riu- scirono irresistibili a un pubblico non an– cora del tutto intontito dal conformismo e dall'accademia. Si può dir francamente, che almeno nel campo della moda e del gusto la nuova mania giovò non poco a perpe– tuare e alimentare l'opposizione politica, sia pure generica e futile, del pubblico italia– no « che leggeva ». Per molta gente l'in– contro con Caldwell, Steinbeck, Saroyan, e perfino col vecchio Lewis, aperse il primo spiraglio cli libertà, il primo sospetto che non tutto nella cultura del mondo finisse coi fasci. Va da sè che, per chi seppe, la vera le- BibliotecaGino Bianco 13

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