Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954

La seconda gene– di fronte • • 1--a.z1one all' America Le illustrazioni di queste pagine di antologia degli scritti della seconda generazione, sono 5tate prese dai testi, esse stesse. Noi abbiamo fatto una scelta nella scelta: abbiamo cercato, col nostro occhio smaliziato, fra le foto di ''cec– chi e di Vittorini, l'ammirazione per l'orrido di Soldati ( che di Checchi eredita l'atteggia– mento centrale), l'aspirazione rivoluzionaria di Pintor, l'America pensosa e barbarica, dissoluta e innocente di Pavese, l'epica di Vittorini. ibliotecaGino Bianco L'America è un fatto con cui dobbiamo fare continuamente i conti·, talmente il suo tentativo di direzione mondiale ci colpisce e coinvolge. E prendere coscienza nei giusti termini di cosa si– gnifichi, co1'nepossibilità di vita o di rriorte, l'America d'oggi, vuole per noi dire fare un passo avanti nel compito di preparazione della generazione. Perchè cercare e trovare, in un compito con– creto, la propria coniune vocazione è possibile, a patto tra l'altro che si sappia esattaniente tra chi, tra quali altre realtà, tra quali altre vocazioni, la nostra si esplica. Ora di fronte all'Anierica, diremmo in un rnodo meno di co– stume e giornalistico che altrove in Europa, l'Italia della " se– conda " generazione uua presa di posizione di valore storico-cul- 11ale l'ha avuta. Per la prima volta, a rigore, in Italia: che tale signifìcato non avevano le posizioni che dall'inizio del secolo (e da prinia) si possono giustamente riassumere con "passaporto rosso ". ~ mentre la classe dirigente italiana puntava polemicamente su ., passaporto rosso " per una rivendicazione nazionale, con Mario Soldati l'Italia si difendeva dalla « grande» e « meravigliosa » e « corronip1:trice » America, con la gioia della vita italiana, della vita di' paese e di città, con la sua tradizione di civiltà e di tutto un co– stume, un modo d'essere di saggezza che ne può conseguire. E' una espressione che s'è voluto dire lirica, quella di Soldati. Ma dietro di essa, se c'è l'insegnanzento di Cecchi, che fu tra i primi e più tenaci: in questa scoperta culturale dell'America, c'è tutto un atteggiamento culturale europeo e italiano: di scoperta dell'America come una dimensione nuova e travolgente dell'urnanità, una dimensione cui non si può rinunciare, ma da cui massimamente ci si deve dif en– dere: un nmto « in negativo», in ultima analisi, un mito con un fondo di scetticismo. Con Vittorini (il Vittorini come si può sco– prire nella sua « Storia della letteratura americana », in « Ameri– cana », in « Politecnico »), con Pavese, con Pintor la presa di posi– zione si capovolse: l'America conie mito "in positivo". L'America è il luogo - ed è una posizione dell'antifascismo - dove c'è la vita, dove si vive e si soffre tutto il problema dell'umanità, dove ci si educa, il punto in cui è possibile sperare a chiedere le soluzioni per tutti. E se a Pavese o Vittorini o Pintor, il tramite di questa coscienza è sopra– tutto letterario (anche per le costrizioni politiche), dietro questo c',} pure la coscienza dell'Anierica roosveltiana, dell'America del New– Deal, dell'America di Harward University: l'America come forza pro– gressiva egenionica (ottenuta attraverso il capitalismo), come capace d'un progresso qualitativo, per tutti: l'America come già si poteva cogliere, con le sue cariche di epicità, di ininterrotta avventura, nei films sulla conquista del lVest, o nella storia della parola da M elville a H eniingieiay. Questo modo della seconda generazione permise, a tutti gli italiani, cli " prendere" ciò che di " buono " era l'America. Ma il mito è subito caduto nel dopoguerra, con il con– tatto diretto con l'A n1Jerica. Ed ora appare chiaro che questa posizione, come quella di Cecchi-Soldati, non rappresenta più una possibilità per noi. Perchè, in definitiva, è mitica: è, in altri termin,i, ingenua e adolescenziale, (si veda in '' Politecnico "). Per noi l'America è un punto -interrogativo della generazione, un punto da cui - come si dice nell'articolo di Baget - può ve– nire vita o morte per tutti. E se è vero che l'America potrà trovare la strada di un nuovo progresso qualitativo anche collegandosi con quanto rappresentano le altre nazioni, la posizione p1'ù pericolosa, per noi, è quella di aspettarci le soluz1:oni dall'America: e questo significherebbe la nostra rinuncia, il nostro ann,ientamento, come si– gnificherebbe il fallin1ento dell'A nierica.

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