Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954

dinamico di passaggio da una situazione ad un'altra nella quale vi sia un effettivo arricchimento, senza la perdita di quanto di valido sussisteva nella precedente situazione. Troppo di sovente i progressi dell'umanità sono avvenuti a prezzo della distruzione di quanto pre-esisteva: il nostro patrimonio umano si è troppo ridotto perchè si possa ulte– riormente sopportare un simile costo. Basti pensare al « capitale umano » che - come si è già notato - tuttora esiste nel mondo contadino e che non ci sarà possibile di salvare sino a quando continueremo a concepire il progresso agrario come una semplice esten– sione alle campagne dei sistemi industriali di produzione. Nasce, quindi, l'esigenza di un legame profondo con la storia della comunità in sviluppo, affidato alla coscienza ed alla capacità dei soggetti. E' solo in questa maniera, d'altro canto, che pare possibile affermare la necessità che i principi sui quali ci si muove siano interni ai suddetti soggetti e non imposti dal'esterno (non si può « educare» alla pienezza). Ciò per garantire la continuità nel tempo del processo di sviluppo, e per ciò stesso la sua dinamicità. Anche qui è l'esperienza viva del nostro Paese che in– segna; si veda alla perpetua crisi delle zone industriali che sono divenute tali per volontà esterna imposta dallo Stato. Con questo non si vuole assolutamente tornare ai vecchi criteri della teoria classica sulla capacità del mercato a garantire in maniera autonoma la piena ed ottima utiliz– zazione dei fattori produttivi. E' ormai acquisito che il po– tere pubblico ha istituzionalmente (ciò che assai spesso non avviene negli Stati democratici occidentali) il dovere d'in– tervenire a regolare il processo produttivo. Si vuole in– vece, sottolineare che lo sviluppo può · essere tale, solo quando venga a configurarsi come la realizzazione di tutti i « possibili storici ». di tutte le potenzialità effettive di un paese in un determinato momento. In questo senso può ottenersi un metro di giudizio capace di superare le secche nelle quali si è incag1iata la scienza economica contempo– ranea, la quale misura lo sviluppo in termini di reddito e pone un unico modello a paesi la cui situazione è profon– damente diversa, divenendo - così - sommamente astratta. Il legame, invece, con la storia che è propria di ogni società permette il risoetto della realtà di questa quale risulta dalla natura e da1l'opera degli uomini, e l'omoge– neità a questa dei risultati che si raggiungono. Inoltre, tale legame consente anche di evitare il peri– colo, nel auale si cade ogni aual volta ci si propone come obiettivo il raggiun!?Jmento del livello di vita di una so– cietà· che si stima, sulla base del criterio del reddito, « svi– luppata )), di sce~liere .delle mete obiettivamente superion alle vere possibilità del Paese. Va, tuttavia, ripetuto che quando si parla di « p0ssibi– lità storiche )) si includono, oltre a quelle normalmcn te concepite dall'odierna scienza economica, tutte le capacità umane. Cosi impostata la questione pare abbastanza evidente che - come si è già accennato oiù sopra - il problema più arduo resta quello relativo all'impiego dei fattori pro– duttivi disoonibili nell'accezione più ampia del termine. A tal proposito, sembra possa dirsi essere indispensabile un criterio di prooorzionalità nella loro scelta. onde possa aversi un equilibrio armonico di continuo adattantesi alle BibliotecaGino Bianco nuove disponibilità. Questo significa che la massima atten– zione deve essere volta di momento in mo1nento, ai fat– tori « limitati »· e « limitanti », al fine di sbloccare le situa– zioni e di garantire la dinamicità del sistema. Giova, inoltre, ripetere che ben diversi sono i ,risultati quando i problemi telativi all'impiego dei fattori produttivi vengono affrontati in termini dj superamento e di conquista, da quando si ac– cetta l'esistente come un dato che può essere solo limi– tatamente modificato. Occorre, infine, mettere in 1 uce che uno sforzo diretto a sviluppare una determinata società se realmente si vuole che non si crei una situazione di vassallaggio antitetica ai fini che ci si sono proposti, deve tendere a garantire l'autopropulsività del nuovo sistema di organizzazione so– ciale. Ed è per questo che i problemi dello sviluppo non pos– sono essere impostati autarchicamente ma richiedono una integrazione di comunità e fors'anche di Paesi, che sia ca– pace di fondare società autonome ed indipendenti. 4. - Si sono, sin qui, viste alcune cara_tteristiche dello sviluppo: probabilmente risulteranno del _tutto prive di no– vità e perfettamente omogonee al senso comune. Da secoli la sapienza popolare ha nel suo patrimonio la storia di quel Re che volendo avere la camicia dell'uomo felice, scoprì che questi era tanto povero da non possederla. Ma è proprio questo che la scienza economica ha dimenticato nel costruire le sue _teorie sul comportamento dell' « homo oeconomicus » e nel segnare le vie da seguire per il rag– giungimento del benessere. Si è in tal modo finito per perdere di vista gli stessi aspetti economici della questione proponendo scopi e mezzi astratti dalle concrete possibilità di operazione. Mentre è garantendo lo sviluppo nella sua interezza e nei suoi com– plessi legami con i valori, le risorse, le istituzioni e la storia della società, che è possibile riaffermare la pienezza della dimensione economica. In questo senso, il discorso che si è in qualche modo cercato di fare, acquista un valore nella misura in cui diviene, attraverso una critica ed una presa di coscienza che ne precisino i limiti e ne arricchisca– no i contenuti, patrimonio comune della nostra generazio– ne, capace di mettere questa di fronte alla realtà del proble– ma. E' solo, infatti, quando si è centrato il problema sfron– dandolo da ogni aspetto distorcente o superfluo, che la ca– pacità inventiva degli uomini di dispiega, scoprendo il nuo– vo che può armoniosamente risolvere i contrasti che - un momento prima - parevano insuperabili. FRANCO A. GRASSINI (1) « L'abc dello sviluppo, a cura delle Nazioni Unite », com– mento di W. ARTHUR LEw1s, in Supplemento ad « Informazioni Svimez » n. 8-9, pag. 265. (2) HANS W. SINGER « Ostacoli allo sviluppo economico » in « So– cial Researche » primavera 1953, riportato in Suppleniento ad « In– formazioni Svimez » n. 1 1, pag. 322 (3) Si veda, ad es., « Progresso economico, obiettivo di poli– tica economica » relazione presentata dal prof. Vito al 1° Conve– gno di Studi di Economia e Politica del lavoro. (4) S. HERBERT FRANKEL « The economie impact on under de– veloped comit'iies », Oxford 1953, pag. 30. 5

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