Terza Generazione - anno II - n. 8 - maggio 1954
Hans W. Sìnger che l'unica teoria dello sviluppo econo-– n1ico oggi esistente è quella dello Schumpeter e che questa -;i din1ostra del tutto inadatta per i paesi sotto sviluppati. « In prin10 luogu » infatti « i protagonisti dello sviluppo economico sono per Schumpeter gli imprenditori privati, innovatori e pionieri, mentre nei paesi sottosviluppati il protagonista è rappresentato nella maggior parte dei casi dallo Stato ... In secondo luogo, per la teoria di Schumpeter ciò che pro1nuove lo sviluppo sono le tecniche di avanguardia le quali, applicate sia per produrre nuovi beni che per rin– novare le produzioni tradizionali, modificano le funzioni di produzione. Invece nei paesi di cui stiamo trattando lo sYiluppo economico procede non mediante l'applicazione di nuove tecnologie bensì attraverso l'introduzione e l'adat– tan1ento di quelle già da tempo affermate per produrre beni tradizionali correnti nei paesi industrialmente più progrediti. In terzo luogo, l'impulso generatore dello svi– luppo nel pensiero di Schumpeter, è _da ricercarsi nel cam– po dell'offerta: nell'offerta di prodotti nuovi, o in una maggior offerta di prodotti tradizionali o nell'abbassa– mento del prezzo di offerta rispetto al prezzo di mercato con la conseguente possibilità di maggiori profitti per gli imprenditori di avanguardia. Negli attuali paesi sottosvi– luppati, inYece, l'impulso generatore è piuttosto da ricer– carsi nel campo della domanda, ossia nel desiderio di un maggior consumo ... » (2). 2. - Le esatte affermazioni del prof. Singer non sem– brano - tuttavia - (nè egli si proponeva - nello scri– verle - tale scopo) suffi.cienti a dimostrare che il problema dello sviluppo - pur ponendosi in _termini storicamente diversi - non sia comune a _tutti i Paesi. Giacchè non pare adeguata la distinzione oggi corrente anche jn coloro i quali più sono attenti a certe questioni (3), fra paesi a diversi livelli di sviluppo sulla base del reddito medio pro– capite. Anche non tenendo conto, infatti, della scarsa at– tendibilità o comparabilità dei calcoli sul reddito nazionale, e nemmeno dell'impossibilità - allo stadio attuale della scienza - di misurare il benessere in termini contabili (fatto, quest'ultimo, che pure ha un rilevantissimo peso), resta il fatto che esistono dei soggetti a beneficio dei quali deve operare il processo di sviluppo. Sono le potenzialità positive di questi che occorre cercare di mettere in valore e non è sempre detto che vi sia esatta corrispondenza fra La ricchezza materiale e l'estrinsecazione dei « talenti » di cui ciascuno è dotato. Le cosiddette zone « a civiltà antica », quelle che da noi ancora sussistono in larga parte del mondo delle campagne, sono un'evidente riprova del « ca– pitale umano» che il tipo prevalente di organizzazione so– ciale non riesce a mettere a frutto. Non vuole ciò, quindi, significare che in ogni Paese sussista il problema di svi– luppare queste energie, di indirizzarle là dove possono meglio rendere? Che, d'altro canto, tale esigenza sia giusta e non de– rivi da un'estranea volontà ideologica sovrapponentesi alla realtà delle cose, è dimostrato dal fatto che questa è la medesima conclusi0ne cui sono giunte, per altra via, le stesse punte più avanzate della cultura economica ufficiale. « E' chiaro a chiunque abbia esperienza delle comunità economicamente meno avanzate - dice il Frankel - nelle quali i fattori sociali fondamentali spesso si rivelano ibliotecaGino Bianco più direttamente e con maggior vivezza che nelle società piu con1p1<;sse,che sempre 10 sterzo d1 un individuo per ottenere Clò cne noi cn1amiamo ' reddito " è uno siorzo diretto a raggiungere un nne sociale e non è un attività isolata... Cio cne è " reddito " e come vada valutato, è determinato dalla società stessa nella quale l inaiv1ctuo si trova >> (4). Se questo, come a noi sembra, è vero resta dimostrata l'impon:anza di un superamento dei termini meramente «e– conomici» ael proolema. L'esperienza recente, d altra par– te, ha con vallctaco essa pure l 1nsutt1c1enza d1 questi tern1ini. Si è visto in molti _l:Jaesi, che non basta, una volta iden– tificata nello squll1orio lra i ct1versi ±attori produttivi dl.– sponiolli la caratter1st1ca di una società « ctepressa », Ie– perue i capitali necessari a hnanziare una certa massa ct.1nvestiment1, quasi che il processo dj. r1equllibramento potesse - come cta taluni si crede - mettersi meccanica– mente j.n inoto. Kestano, invece, da idenuhcare le « stroz– zature » che si trappongono alla ripresa, ed i punti ìocaij attraverso i quali que~ta deve necessariamente passare. La vera questione, dunque, rimane quella delle scelte relative all impiego dei ±attori che si immettono nel ciclo produttivo. Perche una spesa che non sia capace di mettere in mo– vimento 1apparato produttivo è del tutto inutile. Nè il criterio di propulsivuà può essere :trovato in base a con– siderazioni di ordme esclusivamente economico: sono jn giuoco uomini, per muovere i quali occorre disporre di un sistema di valori omogeneo alle loro esigenze ed il cui livello storico è un ele1nento condizionante ogni loro ef– fettiva operazione. Porre dei valori che non siano omogenei alla comunità che deve svilupparsi può condurre ad una dis– gregazione della stessa, il cui costo - in termini di benes– sere non edonisticamente ~nteso - può risultare insoppor– tabile. Introdurre _tecniche non al livello storico di coloro che dovrebbero usarle implica cos:ti eccessivi anche dal punto di vista economico (la storia dei trattori il cui rendimento era inferiore al dovuto per l'ignoranza :tecnica dei condu– centi che tutti abbiamo visto sugli schermi nel « Ritorno di Vassilly Bortnikof » può esserne un palese eseinpio). Così posta la questione, sembra abbastanza evidente che il problema dello sviluppo non può essere ri5olto nell'aro .. bito della scienza economica, ma che occorrono integra– ~ioni da parte delle altre discipline, quali la filosofia, la sociologia, la storia, la politica. Nè può dirsi che quest'insieme di scienze siano di per sè sufficienti, se non s'innestano in un più ampio quadro di « disposizione umana ». La storia della tecnica ci insegna che molte volte « invenzioni» o « scoperte » non hanno trovato un'applicazione concreta perchè manca vano, da parte degli uomini, quell'attenzione e quell'esplicita volontà capaci di usufruire di tutto l'esistente per il raggiungimento di un fine. Il fallimento del « tecnicismo », questa vana illu– sione di governare gli uomini in base a delle norme loro estranee, non ne è una prova? E' per questo che occorre cercare di chiarire alcuni aspetti fondamentali dai quali non può prescindere un'im– postazione dei problemi dello sviluppo che voglia superare le secche e la dik·mn1aticità di quelle oggi sul mercato. 3. - Da quanto si è accennato più sopra risulta abba– stanza evidente che non può darsi sviluppo se non in senso
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