Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954
questa tocca quasi eçclusiva111ente col010 che con lei vengono direttamente a contatto e ciò accentua la differenziazione di civiltà tra i popoli fede1ati. i\1a ciò che più conta, L'assimilazione non esce dai limiti di un apprendimento. L'espa,zsione si tramuta co– çz in una causa di debolezza: i Sanniti dì pianura coi,zvolgono gli altri in- una lotta in cui essi ben presto potranno solo dif en– dersi, schiacciati alla distanza, qualldo Ro– ma esplicherà durante la lotta tutte Le pos– sibilità di un superiore livello di civiltà. Superiorità dei Romani. La crisi sannita avrà nel Nlolise effetti pro– fondi e duratu-·i: con Roma esso comince– rà ad essere periferia e la storia a svolgersi fuori della portata diretta dei suoi abitanti. La potenziale superiorità civile di Ro1na di fronte ai Sanniti può essere esaminata e dir-rz,ostrata su molteplici piani. Ala gio1,a insistere che all'inizio delle guerre sannite questa potenzialità non ha trovato manife– stazione ed espressione fuori dai Umitati compiti che Roma ha affrontato e svolto entro i confini di una parte del Lazio. E' appunto la guerra sannita che dopo aver saggiato le forze dell'organismo romano lo sollecita ad un.a rapida crescita, a nuove risposte e nello stesso tempo lo sospinge a più profonde trasformazioni. Dopo Sentino (295 a.C.) Roma è una po– tenza organizzata ben oltre i confini regio– nali. Pochi anni dopo (287) la repubblica si trasforma ufficialmente da patrizia a cen– sitoria, e si apre un'epoca in cui i prìncipii ispiratori dell'azione di Roma non si fon– dano pi.ù solo sui criteri dell'influenza poli– tica, ma questa è posta al servizio dell'in– fiuenza economica. Se dovessimo sintetizzare le dimensioni in cui la potenziale superiorità di Rotna sui Sanniti si esercita potremmo definirle poli– tica, organizzativa, militare, economica, cul– turale. Primeggia di gran lunga la capacità po– litica dei dirigenti romani. La lunga espe– rienza nei giochi di alleanze, la sicurezza nell'individuazione degli scopi da raggiun– gere, il senso e la capacità di discernimento nelle trattative, La sapiente dosatura e mes– sa a frutto degli sforzi, sono qualità deci– sive nella riuscita della Lotta con i Sanniti. Raccogliendo quasi l'eredità della potenza etrusca, i Romani avevano già stretto larghi rapporti con le colonie greche della Cani– pania, finchè n"L 327, con le favoreuoli con– dizioni fatte a Napolz, riescono a presen– tarsi come il sostegno più sicuro in cui le colonze campane possono sperare se vogliono almeno sopravvivere contro i Sanniti sia pur sacrificando una parte della loro indipen– denza. Con questo atto politico i Rornani segnano molti punti a favore: entrano nella vita ca_mpana con una fennezza che non amnzctte equzvoli ma con una apertura che fa bene sperare alle città della costa; ta ibliotecaGino Bianco gliano le vie di espansione ai Sanniti; apro– no a loro favore attraverso l'influenza di– retta sulle colonie greche una via stabile di nuove occasioni di civiltà. Se la guerra con i Sanniti deve venire Roma si è assi– curata buone condizioni di partenza (1). E la capacità politica romana rifulge somrriamente in tre occasioni nel corso delle guerre. Una prima volta quando, sconfitta nel 32 1, Roma riprende la lotta nel 3 I 6 dopo essersi assicurata l'alleanza dei popoli della Puglia: essa può aprire così un altro fronte fuori del Sannio, su un terreno più favorevole ai suoi eserciti abituati alla pia– nura, che nel corso della prima guerra era– no stati sorpresi 11isalendo le valli della Ca,npania. Una seconda volta quando, aven– do i Sanniti risposto con la stessa tattica dell'alleanza etrusca, Roma batte gli Etru– chi, li tratta con moderazione, e li stacca così dall'alleato. Una terza volta quando al– la fine della seconda guerra (304), non chie– de ai Sanniti rinunce teritoriali difficili da rnantenere, nza li costringe ad accettare una fascia di cofonie latine e romane poste nei punti strategici dei loro tradizionali sbocchi in pianura e tali da dividere in due il mondo sannita. In questa occasione Roma perfeziona l'istituto delle colonie e applica la tattica militare dell'accerchiamento a una azione di difesa stabile e di penetrazione, con una '' visione strategica" dei nuovi in– sediamenti: isola le montagne dalle pianure assicurandosi gli sbocchi delle valli (capo– volgendo in ciò il sistema usato dai Sanniti per doniinare dalla montagna le pianure). In secondo luogo la superiorità di Roma sta nella sua organizzazione interna e nel– la concezione con cui è riuscita a creare intorno a sè un sisterna stabile di alleanze, adattandolo via via fino a creare quasi un vero e proprio stato. Rispetto ai Sanniti e ai popoli Latini, Roma ha elaborato nel corso dell'ultimo secolo delle istituzioni in– terne molto evolute ed estremamente fun– zionali. La molteplicità delle cariche e la interna dinamica politica le permettono una classe dirigente che sa difendere sia la pa– tria all'esterno sia il proprio potere all'in– terno, pur senza abusarne. Le lotte tra p{T– trizi e plebei sono un capolavoro di contesa politica, che si svolge senza indulgenze ma anche nella garanzia di certe regole. Quando il patriziato indigeno salva Ro– ma dal pericolo che essa sia coinvolta nel– la crisi della potenza etrusca e la avvia a prenderne La successione, esso afferma non solo il proprio potere contro i dinasti etru– schi ma anche contro i plebei che di quelli erano stati il supporto interno. I patrizi difendono così la latinità di Roma e il primato fondiario, contro le aristocrazie mercantili o artigiane di origine etrusca e (1) Prima di quella che noi denominia– mo p~ima guerra sannitica (dopo il 327) la tradizione ricorda episodi guerreschi un tempo indicati come una prima guerra. di recente immigrazione. Tuttavia i plebei non si trovano ad avere tutte le vie sbar– rate (sicchè Roma resta la loro città) e le percorrono con rigore politico, fino al con– solato ed oltre, approfittando delle contin– genze interne ed esterne, facendo largarnen– le pesare le loro benemerenze patriottiche. Appunto il consolato è aperto ai plebei nel 366, quando Roma deve superare la crisi dell'invasione dei Galli; nel 287, corne già abbiamo accennato, con un riordinamento interno patrizi e plebei ricchi si fonderan– no pienamente su un piano di reciproca integrazione con divisione di funzioni e dz compiti; e ciò avviene proprio come riper– cussione delle guerre sannitiche. Di eguale interesse è anche il metodo politico con cui Roma diventa città egemo– ne al centro di uno stabile sistema regio– nale. Certo, la sua posizione va continua mente riaffermata in battaglia, ma è nella scelta dei mezzi e nella concezione strate– gica che Roma ha fatto un passo decisivo, riuscendo a creare prima una città tra gros– si villaggi (è questa l'arma principale con cui batte i Latini), poi differenziando le relazioni con gli ex nemici a seconda del diverso loro livello civile e militare e con– solidando la sua supremazia nei loro con– fronti sia sul piano religioso che nzilitare, economico e soprattutto politico - civile. Il rispetto della forma della legge nei compor– tamenti politici che ha inculcato negli al– leati ex nemici, è la sua forza nei mornenti gravi: dopo l'invasione dei Galli, durante la terza guerra sannitica, durante la guerra di Pirro, durante la seconda guerra punica. Gradualniente Roma supera così i modi della città-stato, i metodi delle leghe e delle federazioni conosciuti nella penisola e crea un complesso nuovo: organico, unita– riamente diretto e funzionalmente diff eren– ziato. La riprova della vitalità del sistema si ha in guerra ed in pace. E' qui che na– sce l'istituto delle colonie, non nuovo in sè, ma originalmente inserito nel quadro del sistema centralizzato (colonie Latine e colonie Romane ben diverse dalle colonie greche, cartaginesi, etrusche o sannite). In terzo luogo, Roma batte i Sanniti per la sua superiore capacità nzilitare. E' stata molto esaltata, speqie dagli autori latini, la capacità militare dei Sanniti e certo es– si hanno delle qualità di conibattenti in– dividuali e delle capacità tattiche che ben dimostreranno sia come nemici che come al– leati. Ma senza dubbio i Romani hanno una superiore esperienza e una nzrzggiore capacità strategica: sono secoli clze combat tono, misurandosi anche con gli Etruschi ed i Galli. La guerra è dura per\,·Jzè si svol– ge fuori dalle pianure, relativamente lo12- tana da Roma, in rnontagna, senza strade. 1'1a il nemico è presto sulla difensiva: co– me una lumaca si ritira in nzontagna e qui conduce una guerra di agguati e sor– prese o da qui scende in pianura per ra– pide azioni. Dopo i primi duri colpi Ronia
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