Terza Generazione - anno II - n. 6-7 - marzo-aprile 1954
1 giovani che hanno vi suto di più (i nati tra il 1926 e il 1930: quelli delle vec– chie assoriazioni giovanili di Aquila) sono scontenti: « nei can1pi dove avevamo se– minato grano - dicono - sono nati pa– paveri e gramigna, il vino che avevamo erbato nelle botti perchè maturasse è sta– to spillato da altri, è diventato aceto ». E la loro scontentezza talvolta diventa tri- te e indulgente con le parole: « l'autun– no - cito ancora da « Provincia Nostra » - preme alle soglie delle nostre città di provincia ». Fuori delle concessioni lette– rarie, però sanno ritrovare se stessi e rie– scono a dare parole alla loro speranza. « A r a ogni superflua scoria di noi stessi, • • • l ' ' • ~ ' ' d' c1 siamo nconosc1ut1 uom1n1, am1c1 s1 1 Platone, ma più ancora amici della veri• tà. Di qui partiamo impegnati con ognuno dei problemi del nostro tempo, con ognu– no degli uon1ini tra cui viviamo, ma di– sponibili, aperti ad ogni voce di verità da qualunque parte essa venga, . pronti a correre tutti i rischi, i pericoli, a rinun– ciare ad ogni possibile ortodossia quando essa sia di ostacolo e remora al nostro svi– luppo ». Dopo le speranze e le delusioni, la di– sponibilità. E davanti alla disponibilità dei giovani di Aquila, una città che aspetta di ritrovare se stessa. , . Pescara non ha ancora trent anni Mi aveva scritto da Pescara Ugo Crescen– zi, un giovane che studia scienze politi– che all' « Alfieri » di Firenze. « La n1ia città - diceva nella lettera - è in piena evoluzione, coi suoi traffici fiorenti, con la vastità delle sue imprese; la vita sembra facile ed ognuno vi insegue il proprio avvenire cercando di ottenere quanto più sia possibile. In questo clima vivono anche i giovani, ma proprio per questo clima essi della giovinezza perdo– no il dono più bello e il più vitale ca– rattere. A Pescara i giovani attendono sol– tanto d'esser vecchi >). La descrizione - che io da principio credevo pessimista - corrisponde presso– chè esattamente alla realtà della situazio– ne. A Pescara i giovani non si trovano: la stessa disposizione delle case, allungate, una dopo l'altra, per chilometri, sulla li– toranea adriatica, sembra accentuare que- iblioteca Gino Bianco sta impressione di lontananza e di disper– sione. l~a città più '' moderna '' d' A– bruzzo Si nota subito che la città è in pieno sviluppo e che ancora non è riuscita a tro– vare una sua dimensione. « A distanza di dieci anni dalla guerra - mi dice un pe– scarese - il lavoro non è più di ricostru– zione, ma di crescita >). Anche se non si può parlare per la città di un vero e pro– prio processo di industrializzazione (le fabbi'idhe più g.randi della Montecatini, della S.M.E., della B.P.D., sono tutte nel– la Valle del Pescara, lontane dal centro urbano) è indubbio che data la sua favo– revole posizione geografica, Pescara sta di– ventando un nodo importante nelle comu– nicazioni tra il Nord e il Sud, ed il cen- tro commerciale delle zone adriatiche del- 1' Abruzzo e delle Marche che trovano in questa città dell'Abruzzo la possibilità di inserirsi nella grande e crescente corrente di traffico tra Milano e le Puglie. L'interessamento di autorevoli uom1n1 politici non è del tutto estraneo all'affer– marsi di Pescara come « grande mercato »: anche se le provvidenze di Acerbo durante il fascismo e l'attività di Spataro nel dopo– guerra hanno contribuito solo a favorire le condizioni naturali dello sviluppo. I no– mi di D'Annunzio e di Michetti sullo sfon– do hanno dato un appoggio culturale a delle aspirazioni mercantili. Nè deve stupire che la prima grande ma– nifestazione « nazionale » della Pescara mo– derna sia stata la corsa automobilistica di Ferragosto: non a caso essa è stata subito popolare in una città che deve jl suo svi– luppo al rapido progredire della motoriz– zazione stradale. Sono andato un lunedì mattina davanti al– la Camera di Commercio: ci sono gruppi di commercianti fin su la strada, mentre nel bar all'angolo, tra animate contratta– zioni non si parla che di olio e di vino: è l'aspetto più appariscente, più « turisti– co >) se si vuole, di quella che tutti i pe– scaresi chiamano con un certo orgoglio la « avanzata economica della città più mo– derna d'Abruzzo>). Le speranze degli uomini di Pescara so– no investite nella « città che marcia »: in– torno alle impalcature dei nuovi palazzi si parla del capoluogo di regione e del Consorzio ortofrutticolo d'Abruzzo di pros– sima realizzazione; a Milano si costituisce una società per l'autostrada Milano-Pesca– ra, mentre il traffico del porto passa dalle 950 tonnellate del gennaio 1952 alle 2046 del ~ennaio 1953 (1). Non a caso il problema che appassiona di più la cittadinanza è quello della ferro– via che taglia la città a poche centinaia di metri dal mare: arretrarla o sopraelevarla? E' guardato con simpatia un imaginifico architetto che ha fatto affiggere un mani– festo di 2 m. x 1, per scagliarsi contro la crudele cintura di ferro, che impedisce al– la città di espandersi verso i colli. Non c'è niente di strano o di ridicolo di tutto questo: forse anzi si può cogliere lo aspetto positivo degli uomini che guarda– no davanti a loro e si interessano dei pro– blemi della città. Le cose cominciano ad andare meno be– ne se si esaminano le iniziative che gli abitanti prendono per tener dietro all'espan- (1) Il porto di Pescara serve soprattutto di 1 ifugio alla numerosa flottiglia pesche– reccia; commercialmente quindi - anche per la mancanza di adeguate attrezzature - non è molto importante. Qui interessa sottolineare l'incremento relativo e non as– 'ioluto del tra/fico.
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