Terza Generazione - anno II - n. 5 - febbraio 1954
per l'espansione del cr1st1aoesimo e del la– voro italiano in Africa. Mai odiò i nemici che di volta io volta la propaganda fasci– sta gli presentò come tali. Ma quando Mussolini, coerentemente con i suoi princìpi, si alleò con Hitler nel tentativo della guerra, sicuro di trovare nella nazione un « blocco granitico», quel- 1' anima cristiana e universale del popolo italiano lo abbandonò. Rimasero gli indi– vidui a combattere disperatamente e spes– so con eroismo, ma la fede era perduta. Nel 1943 Mussolini dovette attendere la liberazione da un tedesco. E qui è sintomatico il giudizio comune di cui parla Ciccardini: « se si fosse ferma– to al 1936... ». In verità questo giudizio è errato se si riferisce al fascismo, come ideologia e a Mussolini come portatore di questa ideologia. In effetti Mussolini e il fascismo non potevano non seguire la stra– da che hanno seguito: il nazionalismo, l'im– perialismo, il totalitarismo, conducevano il fascismo verso la guerra in alleanza con il nazismo razzista che era la forma più esatta, più radicale e più moderna del fa– scismo come reazione alla crisi spirituale del mondo. Quel giudizio è invece a suo modo va– lido se si riferisce alla società italiana che, nell'ambito del regime fascista, era riusci– ta a esprimere per mezzo di certi suoi atti e di certi suoi entusiasmi, una tensione verso una soluzione della crisi che supe– rava il fascismo e tuttora supera l'antifa– scismo, cioè verso la vera soluzione nella intuizione dello Stato come espressione del- · la vocazione nazionale di unità e di espan– sione universale, e dell'Italia con un suo insostituibile posto nel mondo. Nell'ultimo congresso del M.S.I., Giu– seppe Rauti, rappresentante dei giovani della destra, ha affermato: « Noi siamo gli eredi di una dottrina che ha portato i ga– gliardetti da Suez agli Urali>. Questa fra– se e tutta l'impostazione del suo discorso rivelano in Rauti il piano, più intuito che pensato, di spoliticizzare il partito fasci– sta, di distoglierlo dalla manovra parla– mentare per condurlo sul piano dell'inter– pretazione della esigenza nazionale al fine di riproporre una funzione di espansione. Per questi giovani i contenuti politici del fascismo, il corporativismo, la socializ– zazione, l'autarchia, lo stesso nazionalismo, non sono più il contenuto essenziale del fascismo, perchè ne hanno capito la contin– génza e la transitorietà. Ma ciò non vuol dire che i giovani del– la destra fascista, i « figli del sole » che si rifanno a De· Maistre, all' « Action fran– çaise >, a Guenon, a Evola, ai razzisti, ai « cattolici ma non cristiani >, ecc., capisca– no di più e siano sulla buona strada. Se si parla di fini dello Stato con i fascisti di sinistra essi rispondono, poveramente ma comprensibilmente, che sono il corporati– vismo e la socializzazione; se si pone la stessa domanda a quelli della destra essi Biblioteca Gino Bfanco affermano: l'autorità e la gerarchia, parole che evidentemente non significano nulla riferite ai fini dello Stato. Cioè i « destri », per tener fede alla so– luzione negativa della crisi, perdono anche le prospettive politiche del fascismo italia– no, e si rifanno piuttosto al razzismo (che d'altro canto ha per essi perduto l'interes– se immediato e politico che aveva per Hitler) e che è divenuto un « mito », una idea forza. Perciò essi non riescono a vivere quei valori di costume virile, di dignità e di vocazione nazionale, che in loro diventa– no un sottofondo sentimentale nostalgico, perchè non riescono a inquadrarli in una soluzione giuridica e politica che superi di un tratto i presupposti ideologici del fa– scismo e tenga conto di quei bisogni rive– latisi nella società italiana durante il pe– riodo fascista, e dei bisogni che ora sono espressioni della realtà proletaria. L'Italia non era il fascismo La coalizione antifascista non seppe ele– vare il popolo all'altezza dei valori morali del periodo migliore della Resistenza, che erano valori di fraternità nel comune do– lore e nella comune lotta contro il raz– zismo. Quei valori sono poi stati scossi dall'eccidio e dall'epurazione, dalla violen– za sistematica. Al momento della formazione dello Stato le tre forze base dell'antifascismo, i comunisti, i liberali e i cristiani non sep– pero trarre frutto dalle relazioni umane, strette nel periodo della Resistenza, non solo tra loro ma anche tra loro e i fascisti, e non seppero elevarsi al di sopra della constatazione della sconfitta politica del fascismo, in una visione storica che com– prendendo le cause della crisi segnalate dall'avvento del fascismo, segnasse i termi– ni stessi dell'antifascismo nel ripensamen– to dei fini della nazione. Riassumendo: qual'è il senso del periodo fascista? Premetto che ponendo così il problema già si cade in un errore .. 11 pe– riodo dal 1922 al 1943 non si può chia– mare semplicemente « periodo fascista ». Nessuna nazione - ma in special modo l'Italia per le varie forze che imprimono una spinta alla sua società nazionale - può essere definita completamente dalla ideologia dominante in un periodo della sua vita. Dunque in Italia in quel periodo vi fu– rono due forze di fronte: la nazione e il fascismo. E' certo che il fascismo si impose per la sua violenza, per i suoi legami di classe, ecc. (qui cioè rientra il giudizio po– litico dell'antifascismo) ma è anche certo che in alcuni momenti la nazione fu vici– nissima al fascismo, e ciò perchè essa si illuse che il fascismo avesse fatto ritrova– re il senso della sua vocazione che l' aves– se potenziata a un fine, mobilitandone le . . ' . energie piu vive. La nazione mise in moto le sue forze mi– gliori, il suo spirito di espansione pacifica, il suo entusiasmo unitario, la sua energia giovanile ed eroica. Ma tutto ciò non era il fascismo., era l'Italia. Infatti quando Mus– solini compì l'atto più fascista del suo go– verno, cioè la guerra, l'Italia non lo seguì e sorse la Resistenza, che è un altro fatto « centrale » della nostra storia. Questo è il nostro « mistero di famiglia» e la sua soluzione ci giova per compren– dere quale deve essere il senso della nostra attività futura. La società italiana deve ritrovare la sua unità se vuole vivere come tale, e deve vivere la sua vocazione di unificatrice di culture, se vuole ritrovarsi. E lo Stato, che . . ., . ' . ' . ' oggi quasi piu non esiste, ne 10 se, c1oe nella sua propria essenza giuridica, nè nelle coscienze dei cittadini, deve esprimere nelle sue strutture giuridiche la vocazione nazionale. CRISTOFORO MAsuccr Gli orfani di tutte le tradizioni La preparazione dei giovani era stata particolarmente curata dal fascismo. Tutta la su~ cu1·a nel ricercarsi antenati famosi, tutta la sua attenzione nel formare un cU– ma ardente di eroismo e di storia, era per i giovani, per le nuove leve. Le classi del fascismo (per intenderci quelle dei batta– glioni universitari) erano state temprate durante tutto un ventennio, trovando di– nanzi a sè, allo sboccio dell'adolescenza, un aureo regime decisamente indirizzato in una politica per i giovani. I valori di que– sta tradizione inJ.periale e romana erano schietti per i giovani: troppo poco italia– na era per loro (per i pochi che la pote– vano conoscere) l'Italia prefascista: troppo poco significativa quella democrazi{I, parla– mentare che dimenticava i fasti del pas– sato. Questa generazione era fascista: ogni più piccolo valore, ogni più t·istretto cam– po delle umane azioni era fascista. Questo fascismo aveva dato ai giovani una « tradi– zione»: aveva creato, per loro, miti, slo– gans, parole d'ordine. Falsando in un cli– nJ.adi pura propaganda tt,tti i valori uma– ni, aveva creato per sè e per gli italiani
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