Terza Generazione - anno II - n. 5 - febbraio 1954

reazione su un piano margi– nale. D'altronde anche la rea– zione veni va in gran parte de– terminata da motivi umani: la olidarietà clandestina che andava oltre i personali rap– porti, il comune punto di in– contro nel ricordo di quanti avevano immolato i loro ven– t'anni in assoluta purezza di ideale, anche quando la spe– ranza nel valore del sacrificio s'era fatta più lontana. I tentativi clandestini furo– no troppo presto ridotti dal– l'opinione corrente a fatti sin– golarmente localizzabili, men– tre la democrazia nascente eb– be il torto di non capire che sotto vi era un esteso feno– meno di renitenza al politici– smo, alla provvisorietà delle soluzioni, inadeguate, o volu– tamente sproporzionate alle dimensioni della cr1s1, alla troppo facile psicosi del suc– cesso senza discrezione che i maestri dell'antifascismo non riuscivano a celare. E il bisogno di « rimettersi al passo » con le nuove esigen– ze era un problema non solo dei maestri, bensi anche dei maturi discepoli; in questa congiuntura il qualunquismo costitul il ripiegamento di quanti, nell'assillo di qualifi– carsi, si trovarono a un cer– to punto oltre le proprie pos– sibilità di adattamento. Per noi, più giovani, il pe– riodo aureo del ventennio non aveva più alcun mordente sul– la fantasia se non per riferi– mento allo sforzo unitario che, sia pure in un periodo di tran– sizione e malgrado la carenza d'una « cultura della crisi» (come giustamente afferma Ciccardini nella lettera cita– ta), aveva «radicato» la na– zione. La vera rivoluzione fa– scista si considerava incomin– ciata dopo la catastrofe del '43, quando le sofferenze na– zionali e individuali avevano purgato la nostra umanità e ne avevano scoperto la più profonda dimensione. La lettera di Romanello ha un particolare valore • perchè dà parole all'esperienza uma– na dei giovani «fascisti», og– gi nella sua verità e a un tem– po nel suo errore. Essa ha il gran merito di «mostrare>> la genesi storica della posizione fascista nella coscienza uma– na e quindi di cogliere il rap– porto tra una scelta. storica e politica determinata e i moti- Se molti oggi hanno finito per politicizzare il loro atteg– giamento, subendo in definiti– va il ricatto che non avrebbe potuto colpirli, gli altri si tro– vano in una posizione ormai isolata, eppure di massima di– sponibilità. Ed è chiaro che fra i giovani, attori di questo dramma post-bellico, e quanti tra i più anziani, insoddisfat– ti anche dal qualunquismo, entrarono in fase « nostalgi– ca >>, pas a una netta linea di distinzione ben più discrimi– nante dell'artificiosa barrica– ta, assurda enucleazione della guerra civile. Non basta oggi affermare che il fascismo costituì uno dei periodi più significativi della storia italiana ; il fasci– smo è ancora oggi la risultan– te di un complesso di fenome– ni la cui radice risiede in un atteggiamento umano dei gio– vani, anche se la sua ricchez– za, bruciata sulla piazza, vie– ne sistematicamente sottratta alla nazione. Bisogna insom– ma superare, e nello spirito della generazione può essere fatto, il concetto meramente storiografico del fenomeno. E' giunto il momento di comprendere quello che vicen– devolmente dobbiamo farci perdonare ; quello che di pro– prio appartiene alla genera– zione passata non ci appartie– ne e se sapremo sinceramente rinunciarvi, ci ritroveremo più liberi nella realtà esisten– te per rinnovarla. Forse oggi i giovani fasci– sti si attendono un primo pas– so: che al di là della barrica– ta venga ammainata la bandie– ra della resa incondizionata, cosicchè la barricata diventi inutile. E' una possibilità che pare ormai non remota, ma oc– corre uno sforzo sincero per– chè gli elementi di apertura non escano dall'umanità della generazione. GrANFRANco RoMANELLO vi universali dell'agire uma– no : ne segue una efjettiva possibilità per tutti, per gli stessi «fascisti» come per g'l!i « anti-fascisti » o per i « non fascisti>>, una possibilità di a11,tentica comprensione per un'esperienza ,umana che ha ancora una risonanza storica nella gioventù italiana. Alla base dell'azione ài quei giovani ehe si sono riconosoiit- BibliotecaGino Bianco ti, ieri come oggi, nelle paro– le e nell'azione di lJf ussolini, sta un desiderio, alimentato e vivificato dalla contraddizione che la realtà gli contrappone. Il desiderio è quello di una vi– vente comunità italiana, do– minata da un ardente spirito di pietà patria, che valga a superare gli antagonismi tra individui e individui, tra gruppi e gruppi: di una unità morale e civile degli italiani che sia la realizzazione con– seg,nent e dell'unità della tra– dizione e della vocazione na– zionale. Un tale desiderio ha un'm– trinseca giustizia e purezza e un significato 'Universale : co– me è potuto accadere che esso si sia così profondamente cor– rotto e adulterato nell'opera– re, che i giovani che ne erano i portatori, si siano visti assi– milati alla schiera dei profit• tcitori e dei cinici e moralmen– te espulsi (e, cosa più grave ancora, giustamente esp1.tlsi) dal proprio popolo? La risposta non può essere che una : perchè alla base del « f asoismo » sta un errore : e un errore tanto più grave, in q1.1,antodotato di una terribile capacità di corruzione, capa– ce di trasforma re la carità di patria in odio per i concitta– dini. E l'errore consiste nel credere che le << divisioni» e i contrasti, l'ungi dal nascere dalla molteplicità vitale delle. culhire, delle esperienze e del– le tradizioni che costituiscono la realtà stessa della nazione, nascono da malvolere inàivi– du<1,le: che i vari elementi e le varie posizioni che si intrec– ciano e si combinano nella vi– ta storica del paese siano non componenti preziose dell'uni– co volto della nazione, tutti egualmente indispensabiU alla pienezza della sua vocazione umana universale, ma fossero elernenti discordanti a cui im– porre silenzio per creare nel paese della polifonia 11,nregi– me oscuro e rigidaniente mo– notono. L'azione ohe segue a una tale impost.azione non può che essere dominata dallo spirito di violenza: uno spirito che si è scatenato sia paese con la prima guerra mondiale e lo ha devastato e lo ha corrotto sino a prostrarlo nella coscien– za della propria autonomia nazionale, sino a deprimerlo come stato organizzato e co– me nazione indipendente. Oggi il fascismo com.e feno– rneno politico e sociale è fini– to: ma l'istanza di una gi1.tsta oomitn-ità nazionale, p10- de- pre.'18a e smarrita, ancora sus– siste. I giovani che si manife– stano oggi alla vita civile ap– paiono presi sino alla sofjeren– za dal desiderio di un mondo in cui l'uomo non sia lupo per l'uomo, in cui gli uomini sap– piano credere, sopra ogni al– tra cosa credere (poichè solo chi crede può veramente ama– re), l'uno nell'altro; e tale de– siderio, che è pur desiderio di una giusta patria, nasce come desiderio universalmente uma– no, di una giusta umanità. Esso è dunque oggi privo ài quell'ambig1.tità, di quella in– certezza tra il culto della pu– rezza e della dedizione e quel– lo della potenza e dell'effica– cia a ogni costo che ha tra– vagliato la generazione che si è educata tra la prima e la seconda guerra mondiale, fi– glia della generazione positi– vista~· tanta esperienza e tan– ta 8ofjerenza non è passata invano sulle genti del nostro paese. Speriamo da questa genera– zione, la capacità di ritrovare un'azione autenticamente con– forme al suo àesiderio; un' a– zione che sappia mani! estarsi nella storia non con delle pa– role vuote che si accompagna– no sempre ad atti infausti, ma con degli atti umanamente nuovi, che sappiano rompere con la potenza del fare bar– riere e fratture che sono di secoli, di culture separate nel corpo vivo della nazione; con delle azioni che creino rappor– ti di 1.tnità spirituale, morale e civile là dove esiste soltan– to un contatto superficiale ed esterno, ohe non può in so– stanza non essere ingiusto e vessatorio. In tali azioni tutti noi, che la crisi del fascismo come la crisi dell' antif asoismo ha po– sto dinanzi al problema di co– stritire una strada nuova per la nostra vita, possiamo rin– contrarci, uniti non dal nostro passato, ma dal nostro pre– sente e soprattutto dal nostro essere profondo. E in questo senso, sulla via di un simile impegno, che è condizione di non ripercorrere velleitaria– mente solo delle vecchie stra– de di fallim,ento, non abbiamo da a1nmainare nessuna ban- . diera perchè nessitna ne ab– biamo rnqi inna·lzata ohe non fosse quella della comune ri– cerca, del comune rischio e della conn,ne speranza. Chiunque può vivere con q,uesto poco e con questo mol– to, ha fin da oggi cittadinan– za tra di noi. G. B.

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