Terza Generazione - anno II - n. 5 - febbraio 1954

La nostra attività è volta al– .a promozione tU iniziative ohe salvino e portino a un' afferma- ione appropriata a livello sto– rico le attitudini umane esclu– ise o depresse dai rapporti so– ciali normalmente garantiti. Per far oiò dobbiamo trova– re quelle obiettive possibilità di investimento che il costume e la formazione mentale delle generazioni precedenti non ci permettono di vedere e non ci incoraggio.no a valorizzare. Non ci basterebbe il 'Vano at– to di ribellione di chi non si riconosce nella vita che tutta- 1,~ianon può fare a meno di condurre o il vano disdegno di chi -non vuol condividere la responsabiUtà della vita so– ciale, economica, politica, sol perchè non vi riconosce l'uma– nità in cui crede. Questi at– teggiamenti sono fattori della crisi: corrispondono ad alcuni di quegli interessi, di (Juelle 1 speranze, di quei valori, di qu.ei costumi non più solidali con gli altri. Scoprire i punti in cui è obiettivamente possibile inve- resa dei conti non più diff eri– bile. Dobbiamo studiare le idee correnti come f a.ttori non· tra– scurabili della crisi ed elabo– rare giudizi capaci di aprire a tutti prospettive, in cui possa– no vedere sistematicamente qi1,elle cose, ormai imposte fuo– ri di ogni logic·a attesa, che oggi risultano comprensibili o incomprensibiU soltanto per chi ha fatto o non ha fatto de– termin'ate esperienze. Il nostro lavoro di studio non è 1t-na ricerca preliminare di principi unificatori e fon– danti. E' strettamente legato alle esperienze nostre in quan– to della nostra generazione e alle nostre iniziative in quali– tà di strumento, non di fine. Può servire a promuovere, anzi deve sollecitare, iniziati– ve di ricerca pura, cioè trova– re la possibilità per oui .abbia un valore sociale, provato dal– l'utilizzazione, il lavoro teori– co di uno studioso e può anche stimolare direttamente una ri- Favorire nella nostra gene– razione la presa di coscienza della sua possibilità nei con– fronti delle generazioni prece– denti col favorire la scoperta di nuovi compiti: invece di la– sciarci assorbire, per stanchez- za, da impegni inventati per m.otivi e interessi che non so– ·no validi nè possono più lusin– gare come hanno potuto a suo tempo : invece di tentare di im– porre follemente tt-na mitica originalità, che devierebbe le speranze e le disposizioni ef– fettive di ogni nuova genera– zione, trascurando le necessità e le possibilità di lavoro per cui speranza e disposizione non sono nè un inganno, nè un lusso, nè un pericolo pu,b– blico. Q·uesta è la nostra strada. Al suo principio e per sua garanzia c'è - e c'è in senso proprio e ci sarà anche in pre– senza di una formulazione teoretica di primi principi - la realtà del nostro atteggia– mento, la realtà delle nostre esperienze, la realtà della pre– sa di coscienza della deficien- stire le doti umane di un cerca teorica nuova. Questa za dei giudizi e delle opera- gruppo di uomini (come gli abitanti ài Ooreno); scoprire i pit-nti in cui è possibile inve– stire le capacità di ricerca, ài ri~ssione, di im,presa e di di– rezione; scoprire tali possibi– lità in luoghi dove si verificano deficienze di sviluppo della so– (·ietà: questo è il nostro compi– to teorico e pratico. Dobbiamo .tentare iniziative, sperimentare e provare ipote– si. E dobbiamo studiare la sto– ria dei fatti che incontriamo e <·he le storie scritte non con– templano: studiare metodi di indagine che ci permettano di cogliere sistematicamente quei da ti che troviamo nelle pieghe della soc'ietà, che abbiamo re– gistrato nelle nostre coscienze attraverso l'esperienza di que– sti anni importantissimi per tutte le cose nuove che hanno portato i giudizi vecchi a una ricerca che avremo favorito, però, non ha il suo fondamen– to nè il suo fine proprio più spemfi,co nella nostra attività; I nè il fine della nostra attività 8i esaurisce nel risultato ài quella eventuale ricerca teo– rica. Oi pare che il nostro amico abbia confuso il lavoro speci– fico dei teorici come tale con gli studi necessari al nostro lavoro. Oosì come altri, ad esempio, confonderà il nostro interessarci della struttura e delle istituziom della società con il lavoro dei politici. La nostra iniziativa non è tutto, e avremo biBogno che al– tre iniziative omogenee - ini– ziative, cioè, che si pongano, con la nostra, virtualmente fuori della crisi - concorrano a segnarne indirettamente i confini in corrispondenza con noi, pena il pericolo di non uscire realmente dalla crisi. BibliotecaGino Bianco zioni fin ora prodotti, la real– tà della necessità e la pos.sibi– lità di dire e di fare delle co– se che non si dicono e che non si fanno. Oon questa garanzia, non con quella di una ricerca preliminare dei principi, il no– stro lavoro si garantisce dal ricatto di un interesse o ài un 1 1.'alore particolaristico, ma, volto a sciogliere i problemi la cui obliterazione giustifica le parti, eterodosso dal punto di vista dei principi elevati dalle parti · a propria giustifi– cazione, esso è omogeneo a un lavoro, autonomo, di ricerca teorica sui principi, che sia in funzione dei problemi della verità e di tutti i problemi storici in quanto mettono in gioco la verità. La nostra iniziativa non di– pende da principi estrinseci, che la determinerebbero senza garantirla sul suo piano spe– cifico di promozione di una nuova coscienza, nè vuole in– nalzare dei principi come so– prastruttura difensiva senza poterli garantire nel loro va- . lore specifico di verità teore- fiche. Oon il concetto di « genera- zione» non vogliamo farci uno di questi miti di lotta: voglia– mo semplicemente introdurre un concetto che permetta dei discorsi nuovi per tante cose delle nostre esperienze e delle nostre speranze, che, senza strumenti - i quali non si elaborano sotto l'egemonia delle parti - non possono es– sere assunte in discorsi piena– mente validi. Non siamo quindi nel gioco delle parti per il fatto di non a.1,~er terminato la messa a pun,to di una soprastruttura teoretica (il «punto di vista»). Non abbiamo intenzione nè bi– sogno di sboccare nel gioco delle parti. Prima di tutto perchè il no– stro· rnodo ài affrontare i pro– blemi non è quello delle parti. Poi perchè essere fuori delle parti non significa essere in un luogo appartato o nella terra di nessuno. Tutte e due queste immagini sono relative all'immagine, della nostra con– dizione, do·vuta alla suggestio– ne delle parti: a un'immagine, della nostra condizione, che è proprio l'immagine della crisi, ma in cui la crisi si specchia semplicemente, con tutta la solidità e la ovvia. e naturale presenza della realtà, renden– do impossibile parlare rigoro– samente di « crisi ». Ma a questo punto, se ab– biamo sgombrato il campo dall'eq1ti1.;oco del nostro amico, possono soccorrerci tit-tti i di– scorsi fatti fin qui e quelli che faremo, i qit-ali forse cornwni– cheranno più chiara-niente il I nostro pensiero. RENZO CALIGARA 21

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