Terza Generazione - anno II - n. 5 - febbraio 1954

Oggi esiste una lunga e diffusa esperienza sul e come si guarda la società•: tutti i tipi di in– chiesta però finiscono di seguire un metodo co– mune con un atteggiamento ormai tradizionale. Si comincia cioè a guardare una data comunità dal di fuori, la si cinge d'assedio, si controlla– no via via le condizioni naturali dell'insedia– mento, poi quelle « artificiali 1>, e con cerchi con– centrici sempre più stretti si giunge alla cultu– ra, alle attività sociali, ai rapporti sociali, ai problemi di organizzazione, di produzione, di consumo, ecc. La « realtà umana 1> che si v!iene così analizzando è quella che viene detel'IDlinata. dalla vita associata. Poi si constata che in quella comunità certe cose non vanno bene. Vi è ad es. un sottocon– sumo materiale, traducibile in calorie, o di sot– toimpiego, traducibile in disordini sociali o po– litici, secondo le interpretazioni correnti: si cer– ca allora di intervenire modificando anzitutto le strutture. Ma, nel riconoscere queste cose « che non vanno bene > si ammette che in qualche modo esistono dei bisogni umani insopprimibili a cui la società deve rispondere, e che in conse– guenza a fianco dell'aspetto per cui gli uomini corrispondono a una data vita sociale, esiste anche l'aspetto per cui la società deve coNlispon– dere ai bisogni degli uominL E' qui che vogliamo insistere, su questo secon– do aspetto. Crediamo che si possa andare oltre ai bisogni di consumo materiale o di impiego ma– teriale: a noi pare che si riesca a consolidare questo secondo punto di vista soltanto pensan– do alla• complessità dei bisogni umani, ai biso– gni della persona. In conseguenza quando affron– tiamo una comunità umana determinata, e ci poniamo il problema di quel secondo aspetto della vita sociale, ci troviamo anzitutto di fron– te delle persone umane che vivono in quella comunità oggi, ai cui bisogni umani quella vita. sociale può rispondere adeguatamente oppure no: essere un vestito giusto oppure troppo stretto o soffocante. E' giusta questa impostazione? Non lo sappia– mo ancora, perchè mancano le premesse teori– che per affermarlo. A noi però sembra anzitutto una !impostazione di « senso comune~. già pro– ponibile, in quanto tale, assai prima di essere dimostrata; e che a ciascuno venga naturale di accettarla (se non ha pregiudizi culturali) per– chè sente che è cosi, e che lui stesso vi ricono– sce i suoi bisogni più profondi. Per sottolineare questo, abbia.mo pensato di andare in una qualsiasi comunità sociale, e di fotografare qualcuna delle persone che vi abi– tano, per potere attraverso le fotografie (che non vogliono essere « ritratti fisico-psicologici> ma fotografie di persone umane), e attraverso le fantasie e i sentimenti che esse suscitano, illu– strare il nostro punto di vista. Le fotografi.e so– no accompagnate da alcune osservazioni, osser– vazioni che sono in certo modo casuali, tra le tante che possono sorgere quando si pensa che tanti uomini vivono entro vestiti assurdamente stretti che non sono stati confezionati per loro e .che impediscono loro di vivere alla misura umana, come sarebbe necessario non soltanto a loro, ma anche a tutti gli altn. B"bliotecaGino Bianco

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