Terza Generazione - anno II - n. 5 - febbraio 1954
• J 1 diale Ji, inciviUmento del continente afri– cano. Sarà degno di un popolo forte se a que– sta opera di civiltà internazionale faremo corrispondere una grande ri/orma a bene– ficio delle nostre classi lavoratrici. All'Italia che prende arditamente il suo posto nel mondo, che inizia una terza ci– viltà in nome della giustizia sociale; alla gloriosa dinastia di Savoia, simbolo e pre– sidio dell'unità e dell'indipendenza della Patria; il nostro amato Sovrano che dà agli Italiani mirabile esempio di civili virtù e di modernità di pensiero, vadano i no– stri voti, i nostri auguri, i sentimenti della più illimitata devozione. GIOVANNI GIOLITTI da « L'impresa libica e i problemi della vita nazionale» (discorso del 7 ot– tobre 1911). BibliotecaGino Bianco La liberazione dall'Occidente Liberiamoci dall'Occidente che non ci ama e non ci vuole. Volgiamo le spalle all'Occidente che ogni giorno più si ste– rilisce e s'infetta e si disonora in ostinate ingiustizie e in ostinate servitù. Separiamo– ci dall'Occidente degenere, che dimentico d'aver contenuto nel suo nome e lo splen– dore dello spirito senza tramonto >, è di– venuto una immensa banca giudea in ser– v1z10 della spietata plutocrazia transa– tlantica. GABRIELE D'ANNUNZIO da « Liberiamoci dall'Occidente» (1919). La missione nazionale popo– lare dell'Italia Nel presente Italiano l'elemento « uo– mo » o è l' « uomo-capitale> o è l' « uomo– lavoro ». L'espansione italiana può essere solo dell'uomo-lavoro, e l'intellettuale che rappresenta l'uomo-lavoro non è quello tra– dizionale, gonfio di retorica e di ricordi cartacei del passato. Il cosmopolitismo ita– liano tradizionale dovrebbe diventare un cosmopolitismo di tipo moderno, cioè tale da assicurare le condizioni migliori di svi– luppo all'uomo-lavoro italiano, in qual– siasi parte del mondo egli si trovi. Non il cittadino del mondo in quanto civis roma– nus o in quanto cattolico, ma in quanto produttore di civiltà. Perciò si può soste– nere che la tradizione italiana si continua dialetticamente nel popolo lavoratore e nei suoi intellettuali, non nel cittadino tra– dizionale e nell'intellettuale tradizionale. Il popolo italiano è quel popolo che « na– zionalmente» è più interessato a una mo– derna forma di cosmopolitismo. Non solo l'operaio, ma il contadino e specialmente il contadino meridionale, Collaborare a ri– costruire il mondo economicamente in modo unitario è nella tradizione del po– polo italiano e nella storia italiana, non per dominarlo egemonicamente e appro– priarsi il frutto del lavoro altrui, ma per esistere e svilupparsi appunto come popolo italiano: si può dimostrare che Cesare è r· I ' I • • all'origine di questa tradizione. Il nazio– nalismo di marca francese è una escre– scenza anacronistica nella storia italiana, proprio di gente che ha la testa volta all'indietro come i dannati danteschi. La « missione » del popolo italiano è nella ripresa del cosmopolitismo romano e me– dioevale, ma nella sua forma più mo– derna e avanzata. Sia pure nazione prole– taria, come voleva il Pascoli; proletaria come nazione perchè è stato l'esercito di riserva dei capitalisti stranieri,· perchè ha dato maestranze a tutto il mondo insieme al popoli slavi. Appunto perciò deve inse– rirsi nel fronte moderno di lotta per rior– ganizzare il mondo anche non italiano, che ha contribuito a creare col suo lavoro. ANTONIO GRAMSCI da « Il Risorgimento ». II
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