Terza Generazione - anno II - n. 5 - febbraio 1954

Colloquio con la Per molti aspetti, la sensazione che og– gi proviamo nel conside,rare la nostra condizione nazionale, è simile a quella che dovevano provare gli italiani dei se– coli della grande decadenza (dal dicias– settesimo secolo alla fine del diciottesimo) e che fece sentire il grande salto in avanti del secolo diciannovesimo come « risorgi– mento». La sensazione è quella di un'Ita– lia statica e decadente, abbandonata al fl,usso della realtà, senza capacità di diri– gere e sviluppare la propria storia e quin– di di contribuire realmente a quella to– tale dell'umanità. La sensazione è quella di un'ItaUa in cui i valori sono cose, oggetto di decla– mazione astratta, malvivi ancora nella co– scienza del popolo, incapaci di suscitare nuove azioni, di creare nuovi doveri: di un'Italia in cui la vita diventa un fatto semplicemente naturale e biologico e i caratteri umani Uella mente e dell'animo non sono valore che feconda la vita, ma solo strumento e circostanza che aiutano a « campare». L'Italia non vive, l'Italia « campa>: questa è la sensazione che oggi apertamente riaffiora. Appunto di fronte a questa condizione, per chi ritiene che le nazioni e i popoli nella loro diversità e specificità siano un valore reale e insopprimibile, non può non porsi l'urgenza di scoprire nuovamente i termini della funzione dell'Italia nel mon– do e degli italiani nella storia degli uo– mini, per riproporre alle coscienze un co– mune ideale nazionale. Può essere spenta una nazione così ric– ca di storia, una nazione vivificata e sa– nata dal cristianesimo, una nazione in cui ogni giorno, pur nel mistero dell' insuffi– cienza umana, si compie l'operazione sa– nante della presenza ecclesiale? Può que– sta nazione non avere innanzi a sè, pur che voglia coglierla in semplicità, una via di resurrezione? Però - e questo lo diciamo soprattut– to a coloro che hanno avuto il dono di una autentica pietà patria ma che lo han– no troppo spesso testimoniato con la vio– lenza e gli anatemi che tolgono agli altri la patria - non si risorge con le parole, ma con l'essere: non basta dire « Italia, Italia!>. Anche qui, come dinanzi a ogni autentico valore, it silenzio operoso è la regola: la parola una gioiosa eccezione, che bisogna sapersi meritare. La base risorgimentale dell'unità mora– le della nazione, dopo il fascismo, la guer– ra e la crisi mondiale di questi anni, si ·è irrimediabilmente spezzata e rotta è or– mai la comunità nazionale. Perciò la re– surrezione nazionale non può esser nelle mani della politica, degli attuali partiti, affidata allo stato, ma solo nelle mani di s·iblioteca Gino Bianco • • coscienza nazionale tutti gli italiani; essa è come una grande corrente di amore e di vita, che fa tra– salire le coscienze, che porta la mente e la -vita su un piano più alto, che fa reale ciò che prima pareva impossibile, aprendo così la via a un nuovo essere e a una nuo– va autocoscienza per tutta l'umanità. Il problema che la storia indica agli italiani come il problema essenziale per essi e per tutta l'umanità, la pietra di pa– r'agone del loro « valore» nazionale è se– gnato ormai nella loro stessa vita, è il loro grande problema nazionale, che ri– torna sotto tutti i punti di vista: l'Italia è povera di cose, l'ltaUa è ricca di uomini. L'Italia è « disoccupata» perchè nel mondo di oggi sono le cose a misurare gli uomini e non gli uomini a misurare le cose: occo1·re dimostrare che un paese può risorgere e rivivere in forza della sua propria volontà di vivere, della propria capacità di dominare il dato naturale con la p1·opria dedizione, con la propria in– ventività, con il proprio coraggio e non semplicemente in funzione dell'esistenza e della tutela di chi ha i mezzi. Occorre di– mostrare a tutto il mondo che non è la « cosa> ma l'uomo a creare valore e che l'uomo-valore è in verità la misura di tutte le cose. Solo chi accetta q1,esto impegno e que– sta speranza potrà leggere con cuore aper– to gli scritti che qui gli sottoponiamo e assorbirne lo spirito vitale, « provandoli > con la forza del suo impegno e distin– guendo in essi ciò che è autentica espe– rienza umana e nazionale, da ciò che è abuso dei valori, retorica, ciarpame; potrà sentire la necessità di allargare l'indagine verso il futuro con la ricet·ca inventiva e verso il passato con un riesame inequi– voco della nostra tradizione fino a Pe– trarca. a Dante, a S. Francesco. Perchè, se la missione d'Italia fosse sulla via che abbiamo indicato, finalmente in quel giorno l'umanità imparerà a inchi– narsi, in spirito di riverenza e di ringra– ziamento, dinanzi a ogni uomo che nasce, come dinanzi a un nuovo dono di Dio agli uomini che si manifesterà come svi– luppo di gioia e vita per tutti. Quel gior– no la vocazione nazionale italiana sarà chia1·a agli uomini, sarà finito per la co– scienza nazionale il tempo della profezia e della retorica, dell'appropriazione e del– l'abuso: perchè essa sarà ideale di vita e forza di unità per gli italiani. 5

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