Terza Generazione - anno II - n. 4 - gennaio 1954
Lavorando, per esempio, in ambiente precapitalistico è probabile che le iniziati– , e siano accettate subito dai contadini che « stanno un po' meglio », quelli che sono un po' più ~ evoluti » degli altri, quelli che ogni tanto ,anno al mercato. Sono essi che si offrono per primi, e offrono la terra per farne cam9i perimentali, ed è proba– bile che, così facendo, abbiano dinanzi agli occhi la prospettiva di un profitto perso– nale e alla lunga capitalistico. Limitandosi a s,iluppare meccanicamente l'iniziativa, questa ha facilmente il pericolo di risol– versi in una dh isione tra ricchi e poveri e questo fatto contribuisce non già a svi– luppare la comunità ma a disgregarla. E' dunque qui che deve avvenire uno dei passaggi più delicati: quando la situazione pone questo e< ricatto » l'iniziativa minac– cia di fallire. Pe.r questo è necessario Jc1 s,,iluppo del patrimonio mentale della gen– te e non il semplice adeguamento di esse ai nuovi metodi di produzione e di scam– bio. Tecnica e s, iluppo delle idee de, or:o darsi continuamente la mano: ogni la, oro de,·e orodurre nuove idee e le nuove idee nuo,o lavoro. A nostro favore, 9er facilitare il nostro compito, stanno alcune caratteristiche di fondo che si riscontrano nel mondo con– tadino italiano, con cui cooperano alcune condizioni congiunturali. Innanzitutto la naturale imprenditoria– lità implicata nel lavoro contadino (quan- do questo non sia ridotto alla !,')ura posi– zione di la, oro esecutivo salariato, esso comporta sempre un rischio e un calcolo di iniziativa), anche se i limiti di cultura e di disponibilità tecnica og14i rraucono tanto questa naturale imprenditorialità da farla passare per inesistente. In secondo luogo la persistenza di forme sociali fon– date su spirito collettivo che in vario mo– do e con varie intensità le comunità pae– sane conservano nelle zone « a civiltà con– tadina », spirito collettivo che ha di certo influito a ridurre nelle campagne italiane le possibilità di sviluppo imprenditoriale nelle forme capitalistico-borghesi perchè fondate sull'individualismo. In terzo luogo il persistere di un rapporto diretto tra il lavoro strumentale, la moralità e il patri– monio di idee ( « i contadini non separa– no la vita in una parte spirituale e in una materiale, e meno degna », così nel lavoro si manifestano con tutto quanto sanno e sono) consente di pensare - una volta rimosse altre cause - a iniziative di miglioramento tecnico-economico aper– te e caraci di sviluppare idee e rapporti. A qu"ste vanno a~giunti i segu~nti fat– ti, rilevabili nella presente congiuntura storica: innanzitutto che un <t rischio atti– vo » di sviluppo non può nella maggior parte dei casi che essere sopportato collct– th amen te. In secondo luogo il fatto eh~ lt! situazione pone ai giovani delle campa– gne un'alternativa senza facili vie di usci– ta: o raggiungere, utilizzando i mezzi stru- mentali conosciuti ma inventando possibi– lità nuove, una condizione di vita econo– mica paragonabile a quella operaia, o la– sciare la campasna. E ciò rende i giovani contadini abbastanza pronti ad agire da « campo sperimentale » in caso di offerte di sviluppo ragionevoli e umanamente da loro accettabili. Comunque sia, certo il problema della liberazione delle capacità imprenditive in funzione dello sviluppo della con1un1ta paesana è problema assai delicato, circa il quale per ora non possiamo, per garantir– ci di affrontarlo nelle condizioni migliori, fare altro che scegliere con oculatezza le situazioni do, e sviluppare le prime inizia– tive, selezionare con rigore i « propulsori » e stabilire tra loro e noi rapporti di col– legamento, attraverso la rivista, la corri– spondenza, il colloquio. La scelta e la funzione dei "pro– pulsori,, La funzione dei « propulsori » è deci– siva per la riuscita dell'iniziativa. E~i non sono già i rappresentanti di T. G. in loco quanto invece tipi particolari di imprendi– tori che si assumono in proprio la respon– sabilità dell'iniziativa, utilizzando allo sco– po le possibilità di cultura e di servizio che noi mettiamo a loro disposizione. Sono loro che _!)rendono in mano le re– dini del lavoro una volta impadronitisi del problema, che riuniscono i giovani, che trovano le parole per metterli realmente problemi della conservazione delle acque e del miglioramento dei pascoli n1eriterebbero di tro– vare qualche giovane disposto a studiarli e a tentare qualche ini– ziativa. Torniamo per ora alla nostra zona: il discreto livello cultu– rale ed economico potrà µer– mettere esperimenti altroYe ne– gati. anche se necessariamente bisognerà non cedere alle sedu– zioni del fare in fretta, di por– tare cioe interi paesi a fare su– bito qualcosa: basta ed è neces– sario cominciare da un gruppo dì giovani. Certamente da voi il problema della vite e del mi– glioramento della sua coltura è importante, ma davanti alla si– tuazione generale del mercato del vino ci pare che il proble– ma di nuove colture e il miglio– ramento delle altre esistenti sia– no i primi da affrontare: nuove colture e nuove possibilità pro– duttive che ci saranno permesse dopo un esame della natura dei terreni, dalla possibilità di estendere l'irrigazione, ecc. E a questo punto anche il tuo pro– blema tecnico-scientifico sul se– me di mais acquista una note– vole importanza, perchè siamo convinti che non potremo far niente senza mettere gli agricol– tori e i contadini nelle migliori condizioni di partenza per mi– gliorare la loro terra. Forse organizzare la prima 1n1- ziativa (o almeno cogliere l'oc– casione per riunirsi e discute– re di iniziativa) sul problema del seme del mais è il miglior modo di cominciare. Si tratta di riunire un gruppo di contadini con qualche studente tecnico e fare delle prove spE>rimentali, ria l'inchiesta per cercare le ori– gini della situazione presente: l'inchiesta non individuerà solo i problemi per l'iniziativa, ma rileverà il grado di sviluppo del– la mentalità rurale. Sarebbe in– fatti inutile porsi come meta a lungo o medio termine l'irriga– zione a pioggia, e facciamo il caso, l'introduzione di colture ortive se i contadini non han– no acquisito una mentalità mer– cantile; allo stesso modo è vano pensare a organizzare le coope– rative in paesi di piccoli proprie– tari dove la comunità contadina non è mai esistita o si è disgre– gata. una comunicazione di risultati e osseryazioni anche parziali oltre che tra voi, tra voi e noi e tra chi sviluppa l'inchiesta e chi co– mincia l'iniziativa. In modo che ci sia, per inten– derci, un collegamento tra i pr-o– blemi del granturco e quelli del– la storia della civiltà. E' probabile che la funzione di Brescia come città tra la val– le e la pianura, lo sviluppo me– dioevale dei comuni rurali, l'au– tonomia amministrativa e la po– litica forestale di Venezia, l'in– dustria semiartigianale del ferro e di altri minerali prima del– l'unità, e nella storia più recen– te le emigrazioni interne e verso l'estero, lo sviluppo industriale della media valle e lo squilibrio tra i prezzi dei prodotti zootec– nici e dei cereali dell'ultimo de– cennio fascista, sianù i punti chiave per spiegare molte cose. Ma ne troveremo ben altri du– rante il lavoro. dimostrare che avete ragione, che per il seme solo i chicchi della parte mediana della pannocchia sono buoni, selezionarli e usar– li non solo per voi (potrete nel futuro avere un piccolo mercato collegandovi con le iniziative che andiamo sviluppando in altre parti d'Italia: diventare insom– ma i loro fornitori di seme di mais). Perchè tutti i problemi acqui– stino contorni precisi è necessa- ~jblioteca Gino s·ia co L'inchiesta è dunque la pre– messa per le iniziative. Un'inda– gine àel genere sulla società pre– sente e passata e sul modo di vivere e di pensare degli uomi– ni in essa, affonda le ,radici nel– la storia; i giovani che la svol– geranno scopriranno il vero vol– to dei loro paesi e insieme sa– ranno nelle condizioni di porsi il problema del modo di farli pro– gredi,re. L'essenziale per riuscire è stabilire una collaborazione e Ti mandiamo queste idee provvisorie sull'iniziativa e sul– l'inchiesta su cui ti prego di di– scutere con i tuoi amici. E. D.
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