Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953
la politica tradizionale «prebellica», va– lori rh e tengono sconfitti dalla crisi, più elle dal fascismo. ..lla soprattutto tutti questi giudizi parlano di un fascismo esclusiz,ame11te come forza e fatto poli– tico, la.(!cfando fuori la sua aderenza alle dinzensioni umane della crisi, denuncian– done la debolc.z.ze , ma rirnanendo defini– tii:amente esclusi, epperciò sronfitti, dalla, sua forza reale. ·}ton a caso rlzi ha formulato questi giudizi lla potuto coalizzarsi in un fronte 80lo sostanzialmente politico: l'antifasci- 8mo, (diagno8i delle insufficienze poT;ir ticlze del fascisrno) in cui ciascuno ha partecipato secondo la << sua e diversa» opposizione al fa.cwismo. Si è formato così un giudizio « di coalizione>> di parti poli– tiche e perciò somnia di giudizi parziali, il che è ragione sufficiente a spiegare come il fasrismo sia sconfitto in una guerra internazionale e come la coalizio– ne si dissoll·a con la fine del fascismo, conie cioè l'antifascismo sia sterile sul piano di un po.(!itivo e totale superamen,– to del fascisrno. A.lla superiorità del fascismo nella sua intuizione della crisi va ricollegato il percl1è il frutto della <<vittoria>> s1'1l fa– scismo sia anrlato in un primo momento a_qli autori della « restaurazione prefa– sciltta » e non alle forze dell'antifasci– smo (e la dissoluzione del Partito d'azio– ne, che non resiste al potere, ne è il se– gno pUt chiaro, come il fatto che alcuni dei suoi uomini rnigliori, Parri e La ltlal– fa, fini.'Jcano per poter fare politica in 'una tipica forza prefascista come il Par– tito repubblicano) e come la Costituzione repubblicana a base antifa.~ci~ta trovi tanto difficile applicazione. Jf a sopratf1ttto va ricollegato il perchè del fatto, e oggi lo constatiamo in modo .~empre più chiaro, che lo stato italiano rappresenti una << continuità di restaura– zione >> più che u,na << tradizione dinami– ca>>. sicclzè, sull'attuale strada delle cose lasciate a se stesse, dalle contraddizioni della .società italiana finirà per emergere vittorio.~a. riel 8econdo tempo, l'unica forza antifaBri.sta che abbia alle 8 1 ue Bpalle una cultura della cri.si : la forza comunista. Una cultu,ra della oris°i insuf– ficiente a risolvere le contràddizioni della .rwcietà italiana (e quindi a corcquistare << egemonicamente » il potere) ma suffi– ciente a rivelare le contraddizioni e a pennC'ttere, in assenza di altri concor– rrnti, di 8fruttarle a provrio vantaggio. f'i .rtiamo ro.<siresi conto di rome la no- a· liotecaGino Bianco stra generazione sia vitaltnente legata Stato. (In q1,esta luce acquista tutto il alla costruzione di una linea post-fasci- suo senso il tentativo giolittiano diretto sta, sul piano politico e si1,l piano delle ad assorbire nello Stato le nuove energie condizioni <<storiche>> che la permettono, al di là della politica di «restaurazione» e di quella del partito cornunista. E' ternpo ormai, proprio per la nostra generazione, di non accontentarsi dei giu– dizi formulati in riferimento ad una si– tuazione esclusivamente politica e, per di più, ad un equilibrio politico morto ormai da quaranta anni (1914), e di sollecitare il giudizio storico, intero di tutte le sue cornponenti, in riferimento alla crisi e alle energie umane da essa scatenate, giudizio non di « coalizione», ma di su– peramento. I valori comuni della generazione della guerra e il loro prezzo A. questo pnnto può esserci di grande aiuto la seconda ipotesi acqidsita dalla nostra generazione, dopo quella della • crisi totale di 'un'epoca di civiltà. Cosa suggerisce « un atteggianiento umano, volto a riscoprire i valori comuni, a co– minciare da quelli comuni alla genera– zione », rispetto al problema del fasci– scismo? Se q1testo atteggiamento non si esprime in gi-udizi storici, è valida l'accusa che ri è stata rivolta di vago umanesimo. Bisogna quindi affrontare il problema del fascismo, senza separarlo dalla sto– ria, dal suo tempo, dagli uomini che lo hanno costruito e da quelli che lo hanno combattuto, scoprendo i rapporti tra gli un i e .<Jli altri, e il collegamento fra il 8uccesso e i valori «comuni» che w han110 reso possibile. Perchè tali valori C'Sildono e sarebbe fatto grave continua- 1·e a rnisco.noscerli e quindi a perderli . Vale a dire, in altri tennini, che, con l'atteggiarnento della nostra generaZiio– ne, noi teindiamo a porre in luce l'iden– t ità dei problemi umani di tutti coloro che facevano parte della « generazione della g1.terra » e l'esistenza di un piano comune rli valori, diversamente realiz– zati per le differenze di cultura, di ca– pacità, di fedeltà. Quale è l'identità dei problemi umani e il piano comune dei valori della ge– nerazione della guerra, Essi non si com– prendono, se non si prende coscienza del– la debolezza strutturale della vita unita– ria italiana fino al fascismo, limite de– rivato dal fatto che l'1.1,nica dirigenza ef– fc>tti Pa rlella società è rappresentata dallo che man mano si manifestano nella so– cietà nazionale). Tittte le forze politiche sono ancora le– gate in Italia a questo limite, in quanto concepiscono la conquista dello Stato co– rne l'unico mezzo, e l'azione dello Statu come l'unico fine possibile, per guidare lo svil1,ppo della società. },fa la guerra rappresenta veramente il fatto, dopo il quale non v'è speranza di dirigere la « generazione della guerra >> per chi confida nelle uniche possibilità dello Stato (e di quello liberale in ispe– cie). In q1.1,esto la guerra è veramente la fine del Ri8orgimento: l'ingresso dei cat-: tolici, l'as8alto conservatore al tentativo giolittiario, il ritorno dei contadini dalle trincee corne membri non più passivi del– la società, gli intellettuali che si sono for– mati non più all'1.eniversità ma in trin– cea, ecc., sono fatti che non possono es– sere co1nposti, tu,tti insieme e tutti in un rolpo solo, dalla dirigenza statale « ancien. regirne ». La catena del sistema si spezza negli anelli più deboli: in Russia dove l'antico equilibrio internazionale esercitava la ,naggior funzione di puntello conservati– i;o a una struttura vuota e deforme; rna s1tòito dopo in Italia dove la stessa situa– zione internazionale vede una « rottura della catena » perchè in q11,elsistema in– ternazionale l'Italia liberale si teneva in piedi. Per noi quindi il fenomeno fasc-ista è 1'1nico: tipica1nente italiano, non ricond1.'1- cibile ad altre esperienze. E' una « rottu– ra della catena>> e dovremo approfondire se pPr caso il fascismo non faccia parte, alle s1.'1eorigini e coi suoi metodi, della storia del socialismo, e q1.1alesia il prezzo che il fa.<Jcismo moto antistatale, moto senza cultura della « generazione della guerra>>, pagherà per fondare uno Stato, per mutuare la c1.1ltura tradizionale do– po l'avvento al potere. Da rlove 1,ierie, in questa Italia che ha il suo posto così ben limitato nell'equili– brio europeo, in qitesta Italia ~ dalle ma– n i nette», da dove erompe q 1 uesto richia– rno all'impero romano, e addirittura al– l'egemonia mediterranea e mondiale." Pro– viene proprio dall'intuizione della crisi,. dalla fine del sistema dorninato dall'In– ghilterra e dalla reazione al nuovo ruolo dell'.1m<>rica e della Russia. E' la dinarni– <·a di una forza che ha « rotto la catena>>
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