Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953
operai s1 organizzano tanto per difendere il proprio valore sul mercato del lavoro, quanto per ottenere le garanzie elementari dell'igiene. Si elabora e va precisandosi una legislazione sociale. Anche le risorse naturali non sono illimitate, e la preoccu– pazione . di economizzarle sarà ancora ab– bastanza acuta negli Stati Uniti all'indo– mani della pace di Versailles da motivare la famosa inchiesta Hoover sugli « sprechi nell'industria» (W aste in Industry). Nell'atto stesso in cui il grande capitali– smo si preoccupa dell'impiego delle risorse naturali e di un'utilizzazione più economica della mano d'opera, anche la sua ideologia tende a trasformarsi. Rifiutando di giusti– ficarsi unicamente in termini di guadagni, di interessi, di dividendi ( « Arricchitevi! » ), esso rivendica a voce sempre più alta una funzione sociale disinteressata, e dichiara con crescente insistenza di porsi al servi– zio della comunità: l'ideologia del ser– vice, diffusasi largamente negli Stati Uniti e di qui nelle grandi industrie in serie dell'Europa, segna una curiosa svolta nello spirito del capitalismo di quest'epoca. Si vanno così costituendo, di là dalla divisione del lavoro internazionale di cui i dottrinari del libero scambio avevano cre– duto di poter profetizzare l'irresistibile marcia, economie ripiegate sull'insieme dei loro mercati interni e coloniali, autarchiche, complesse. Le ragioni di questa evoluzione sono moltepliti e coinvolgono tutta la tra– sformazione recente del sistema capitalisti– co: spartizione economica del mondo, spo– stamento della concorrenza al livello dei gruppi monopolistici e imperial~stici, azio– ne di due guerre mondiali che consigliano a interi paesi di bastare a se stessi, com– parsa di stati fascisti consacrantisi alla pre– parazione dei conflitti armati e perciò a una politica militare d'indipendenza econo– mica. Comunque, il fatto esiste, e ha avuto le sue ripercussioni sullo s~enario di per– fezione tecnica del capitalismo. La tendenza si -afferma (o si riafferma) · soprattutto dopo il 1918: verso l'autarchia (· in Germania, Italia e Giappone, verso l'au- tosufficienza continentale negli Stati Uniti • o imperiale in Inghilterra, e, con maggior · discrezione, in Francia. Perfino piccoli stati ~ come la Polonia, l'Ungheria, la Rumania, ~ nell'intervallo fra le due guerre mondiali, si lanciano su questa via con la loro poli– _tica doganale e industriale. I riflessi sulla meccanicizzazione delle imprese sono nott-- 1, voli. Paesi un tempo più o meno esclusiva- mente agricoli si i'ndustrializzano, e poi- ~ chè il macchinismo vi trova spesso un ter- BibliotecaGino Bianco reno vergine, il lavoro in gran sene vi s1 sviluppa senza conoscere le remore, gli am– mortamenti necessari del materiale invec– chiato, gli inciampi del tradizionalismo, che nei paesi a industria più vecchia il pro– gresso tecnico incontra: è il caso dell'in– dustria pesante (e soprattutto tneccanica) nelle piar:ure del Piemonte e della Lom– bardia, di una parte dell'industria metal– lurgica francese, e dell'industria ungherese che, nel bacino danubiano, affronta con successo la concorrenza della più anziana industria cecoslovacca. Questo vasto feno– meno, o meglio l'insieme di fenomeni desi– gnati sotto il nome di razionalizzazione, contribuisce a definire il nuovo volto del capitalismo in quest'epoca: ed è a sua volta solo un aspetto del gigantesco sforzo di organizzazione che anima tutto il sistema, e col quale esso prepara, nelle sue viscere, il socialismo. Nella razionalizzazione in senso lato al– cuni comprendono tutti i tentativi di orga– nizzazione interna ed esterna dell'impresa: accordi per una più « razionale » produ– zione e distribuzione dei beni, rìattrezza– tura tecnica mediante l' « organizzazione scientifica del lavoro», reciproco adatta– mento dell'operaio e del suo compito me– diante selezione e orientamento professio– nali. La razionalizzazione in senso stretto (ed è questa l'accezione prevalsa) compren– de invece soltanto gli sforzi di organizza– zione e selezione professionale all'interno dell'impresa, ed è l'unica che interessi i problemi umani del macchinismo indu– striale. - . Come si vede, l'attività di un Friedrich Taylor e della maggior parte dei suoi discepoli o continuatori, che si sono cre– duti dei puri tecnici, s'inquadra in realtà in una vasta trasformazione economica e sociale, in cui è indispensabile collocarla perchè assuma tutto il suo valore. La ra– zionalizzazione - insistiamo su questo punto - è incomprensibile nei suoi parti– colari, nel suo spirito, nelle sue tappe suc– cessive, nei suoi successi e insuccessi, se non viene situata nell'ambiente storico com– plessivo del quale è parte integrante, e iso– lata dal quale non è che un ramo secco. Non a caso la nascita del primo grande sistema di organizzazione scientifica del la– voro è avvenuta esattamente nello stesso momento in cui, nella prima decade del secolo XIX, il capitalismo, entrando nella sua nuova fase, ha avuto bisogno di quest'essenziale ausilio del suo sforzo di ordinarsi e superare le proprie contraddi– zioni interne. Che Taylor si sia presentato per tutta la sua vita (e abbia considerato se stesso) come un ingegnere, nient'altro che ingegnere; che abbia proclamato la propria indifferenza per la politica e la propria neutralità nelle lotte del capita– lismo del suo tempo, sta soltanto a dimo– strare la sua limitata conoscenza delle cor– renti da cui il capitalismo stesso era agitato e, d'altro lato, la limitatissima influenza esercitata da questo atteggiamento sogget– tivo sull'azione economica e sociale che ha 1n realtà esercitata, sul vasto movimento di cui è stato il pioniere. Le leggi determi-
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