Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

La disumanità del lavoro Bisogna sapère a qual prezzo l'umanità al di qua e al di là delle frontiere del mondo capitalistico, pagherà l'impiego dei mezzi che ha accumulato e di quali fini umani, o inumani, essi saranno strumenti Nel 1897, Marcelin Berthelot pubbli– cava sotto il titolo Science et Morale una raccolta di articoli e discorsi che portavano ali' estremo limite le speranze e la fede incrollabile di molti uomini della sua gene– razfone, e non dei minori, nell'applica– zione della scienza allo sviluppo delle so– cietà umane. La scienza contiene implici– tamente una morale, la vera, che è anche la più efficace e generosa, la più suscettibile di render migliori gli uomini: non si tratta che di scoprirla e diffonderla a loro uso. Quanto alle conseguenze materiali del pro– gresso delle conoscenze scientifiche, di cui una d-elle principali è il macchinismo in– dustriale, non possono essere che benefiche. « Lo scienziato - scrive Berthelot - non Biblioteca Gino Bianco cessa di aumentare il patrimonio e il capi– tale collettivo dei popoli ». Nessuna preoc– cupazione per i riflessi di queste macchine onnipresenti sulla persona umana, nessuna ombra sul grandioso scenario dell'avve~ire di popoli sospinti verso un miglioramento continuo delle loro condizioni di vita dal continuo arricchirsi delle conoscenze teori– che e pratiche, scenario nel quale il grande chimico profetica~ente inquadra il prodi– gioso destino dell'elettricità, il superamento dell'agricoltura e dell'allevamento grazie alla preparazione sintetica delle sostanze alimentari, la rivoluzione prodotta nei rap– porti privati e internazionali dall'aviazione. Questo messaggio di Berthelot è come l'ultima eco degli inni sansimoniani, delle speranze riposte dal secolo della borghesia trionfante nell'industria come apportatrice di maggior prosperità e benessere all'uomo. Il macchinismo industriale, quale una delle più vaste trasformazioni della civiltà com– piute dalla scienza, non poteva essere so– spettato nelle sue conseguenze da una ge– nerazione sulla quale Darwin e Spencer avevano lasciato un'orma così profonda. E' significativo che nessuno dei grandi spiriti di quell'epoca, pur avvezzi ad osservazioni precise e tanto solleciti dell'applicazione delle scienze all'industria, si sia mai posto seriamente il problema dell'influenza eserci– tata dalle macchine sulla sensibilità e sullo spirito di chi ne fa continuo uso, e dei I

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