Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953
« E perchè poi l'hanno tirato giù? ». cc Avevano paura per l'anima >>. « Quanto denaro avrà?». « Un sacco ne ha». « Avrà ottant'anni ». « Direi che li avrà avuti >>. « Vorrei che andasse a casa. Mai che io riesca ad andare a letto prima delle tre. Che razza di ora è per andare a letto le tre? ». « Lui resta alzato perchè gli piace ». « Lui è solo. Io no. Io ho una moglie a letto che mi aspetta ». cc Una volta l'aveva anche lui». « Adesso non gli servirebbe certo averla ». « Non si può dire. Magari con una mogLe starebbe meglio ». « Gli bada sua nipote». « Lo so. M'hai detto prima che l'ha tirato giù lei ». « Non mi piacerebbe diventare così vec– chio. Un vecchio è una cosa sgradevole ». « Mica sempre. Questo per esempio è pulito. Beve senza sporcarsi. Anche adesso che è ubriaco. Guardalo un po' ». « Non ho \oglia di guardarlo. Preferi– rei che andasse a casa. Non ha nessun riguardo per chi lavora ». Il vecchio dal bicchiere alzò lo sguardo e lo girò attra \'erso la piazza, poi lo fissò . . . sui camenen. « Un altro brandy », disse, indicando il bicchiere. Il cameriere che aveva fretta si . . ' avv1c1no. « Finito », disse, parlando con quelle omissioni sintattiche di cui la gente sem– plice fa uso, quando si rivolge a un ubriaco o a uno straniero. « Stasera ba– sta. Chiuso adesso». « Un altro», disse il vecchio. « No. Finito». Il cameriere asciugò l'orlo del tavolo con un tovagliolo, e scosse il capo. Il vecchio si alzò, contò lentamente i piattini, estrasse di tasca un portamonete di cuoio e pagò, lasci1ndo me7za peseta di mancia. Il cameriere lo guardò allontanarsi, vec• chissimo e malfermo sulle gamhe ma di– gnitoso. cc Perchè. non l'hai lasciato restare a bere? » chiese il cameriere che non aveva . BjbliotecaGino Bianco fretta. Stavano applicando gli scuri. « Non sono neanche le due e mezzo ». « Ho voglia di andare a casa e a letto ». « Ma un'ora cos'è? ». « Per me è più che per lui». « Un'ora è lo stesso per tutti». « Parli come fossi un vecchio anche tu. Quello può comprarsi una bottiglia e ber– sela a casa ». « Non è la stessa cosa ». « Già, non è la stessa cosa », ammise il cameriere sposato. Non voleva essere scor– tese. Aveva soltanto fretta. « E tu? non hai paura ad andare a casa prima dell'ora solita ? ». « Adesso vuoi offendermi? ». « No, hombre, scherzare soltanto ». « No » disse il cameriere che aveva fretta, rialzandosi dopo avere abbassate le saracinesche. « Io ho fiducia. Sono pieno di fiducia ». « Hai giovinezza, fiducia e un lavoro», disse il cameriere più anziano. « Hai tutto ». « Tutto mi manca, meno il lavoro ». « Hai tutto quello che ho io». « No, non ho mai avuto fiducia 111 niente e non sono giovane». « Andiamo. Smettila di dir sciocchezze e ch:udi ». « Io sono di qt.ielli che amano restare fino a tardi al caffè », disse il cameriere più anziano. « Sono con tutti quelli che non vogliono andare a letto. Con tutti quelli che hanno bisogno di una luce per la notte ». « Io voglio andare a casa e andare a letto ». « Siamo di due razze diverse», dis~e il cameriere più anziano. Era vestito ora, pronto per andare a casa. « Non si tratta soltanto di giovinezza e fiducia, per quanto queste siano due cose molto belle. Ogni notte io sono riluttante a chiudere, per– chè può esserci sempre qualcuno che ha bisogno del caffè >>. « Ci sono anche bodegas aperte tutta notte, hombre ». « Tu non sai. Questo è un caffè pu– lito, simpatico. Illuminato bene. La luce è una bella luce e adesso c'è anche l'o1n– bra delle foglie ». « Buona notte », disse i] cameriere gio vane. << Buona notte », l'altro disse. Spegnendo la luce elettrica, egli conti– nuò la conversazione con se stesso. E' la luce s'intende ma è necessario che il po- sto sia simpatico e pulito e piacevole. E senza musica. Certo che la musica non ci vuole. E mica uno può stare con di– gnità al banco di un bar, per quanto un bar sia tutto quel che c'è a quest'ora. Di che aveva paura? Non era paura nè ter~ rore. Era un nulla che egli conosceva anche troppo bene. Era tutto un nulla e un uomo era nulla lui pure. Solo questo era e la luce era la sola cosa necessa– ria, e un po' di pulizia e ordine. Alcuni in quel nulla vivevano senza averne co– scienza mai, ma egli invece lo sapeva bene, che tutto quanto era nada y pues– nada y nada y pues nada. O nada nostro che sei nel nada sia nada il nome tuo nada il regno tuo e sia nada la tua volontà così in nada come in nada. Dacci oggi il nada quotidiano e nada a noi i nostri nada come noi li nadiamo ai nostri nada e non nadare noi in nada ma liberaci dal nada; pues nada. A ve nulla pieno di nulla, il nulla sia con te. Egli sorrise e si fermò davanti a un bar dove splendeva sotto la luce la macchina a vapore per il caffè espresso. « Desiderate? » disse il barista. cc Nada ». « Otro loco mas », disse il barista e s1 voltò dall'altra parte. « Un caffè piccolo », disse il cameriere. Il barista versò il caffè nella tazzina. « La luce e molto viva ed è piacevole ma il bar non è pulito n, disse il ca– meriere. Il barista lo guardò ma non rispose. Era troppo tardi per mettersi a far conversa- . z1one. « Un'altra copita? >> il barista disse. << Grazie no », disse il camer:ere, ed usci Bar e bodegas non· gli piacevano. Un caffè pulito, illuminato bene era una cosa diversa. Ora, senza pensarci più, se ne sarebbe andato a casa in camera sua. Si sarebbe messo a letto e infine, con la luce dell'alba, addormentato. Dopo tuttot disse tra se stesso, è probabilmente sol– tanto insonnia. Devono averla molti. ERNEST HEMINGWAY da I quarantanove raccont;, traduiionc cli Giuseppe Trevisani, Einaudi, Torino
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