Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

Lo sradicamento L'aver radici, è forse la necessità più im– portante e più ignorata dell'anima umana. E' tra le più difficili a definirsi. Un essere umano ha radici non appena partecipi in modo reale, attivo e naturale, alla esistenza di una collettività che serbi ancor vivi certi tesori del passato e certi presentimenti d'avvenire. Partecipazione naturale, cioè determinata automaticamente dalla nascita, dal luogo, dalla professione, dall'ambito delle relazioni. Ogni essere umano ha bi– sogno di avere molteplici radici. Ha biso– gno di ricevere la quasi totalità della sua vita morale, intellettuale, spirituale, attra– verso la mediazione degli ambienti di cui per natura fa parte ... Esiste una condizione sociale interamente e perpetuamente sospesa al denaro, quella del salariato, specie da quando il salario a cottimo costringe l'operaio ad avere l' at– tenzione costantemente fissa al calcolo dei soldi. E' in questa condizione sociale che la malattia dello sradicamento è più acuta. Bernanos ha scritto che, per lo meno, i nostri operai non sono degli immigrati co– me quelli di Ford; la principale difficoltà sociale della nostra epoca deriva invece dal fatto che i nostri operai, in un certo senso, lo sono davvero. Benchè fisicamente siano rimasti nello stesso luogo, moral– mente essi sono stati sradicati, esiliati e di nuovo ammessi, quasi con tolleranza, a mero titolo di carne da lavoro. La disoc– cupazione è, s'intende, uno sradicamento alla seconda potenza. Essi non sono a loro agio nelle fabbriche, nè lo sono nei loro alloggi, nei partiti, nei sindacati che, pure, si dicono fatti per loro, e neppure nei luo– ghi di svago, o nella cultura intellettuale, ove tentino di assimilarla. Poichè l'istruzione, quale è oggi conce– pita, è il secondo fattore di sradicamento. Il Rinascimento ha ovunque provocato uno stacco tra la massa e quelli che sanno; ma, separando la cultura dalla tradizione na– zionale, almeno l'immerse nella tradizione greca. In seguito, non sono stati riallacciati i legami con le tradizioni nazionali, ma si è dimenticata la Grecia. Nè è risultata una cultura che si è sviluppata in un am– biente ristrettissimo, separata dal mondo, in un'atmosfera rarefatta; una cultura no– tevolmente orientata verso la tecnica e che ne subisce l'influsso, una cultura tutta im– bevuta di pragmatismo, resa frammentaria dalla specializzazione, del tutto priva e di contatto con questo mondo e di apertura verso l'altro. Ai nostri giorni, una persona può ap– partenere al ceto cosiddetto colto, da un lato senza aver alcuna concezione del de– stino umano, e d'altro lato senza sapere, per esémpio, che non tutte le costellazioni sono visibili in ogni stagione. Si crede in genere che un contadinello d'oggi, alunno B"bliotecaGino Bianco della scuola elementare, ne sappia più di Pitagora, perchè docilmente ripete che la terra gira intorno al sole. Ma è un fatto che egli non guarda più le stelle. Quel sole di cui gli si parla in classe non ha per lui alcun rapporto con l'altro, quello che egli vede. Lo strappano all'universo che lo cir– conda, così come strappano i piccoli poli– nesiani al loro passato, costringendoli a ripetere: « I nostri antenati, i Galli, ave– vano i capelli biondi ». Quello che oggi si chiama istruire le masse, significa prendere questa cultura moderna, elaborata in un ambiente così chiuso, così tarato, così indifferente alla ve– rità, toglierne quanto ancora eventualmen– te contiene di oro puro, operazione che vien detta di divulgazione, e quel che resta infornarlo così com'è nella memoria di quegli infelici che desiderano d'imparare, come si dà l'imbeccata agli uccelli. D'altronde il desiderio d'imparare per sapere, il desiderio di verità è divenuto molto raro. Il prestigio della cultura è or– mai quasi esclusivamente sociale, sia nel contadino che sogna di avere un figlio maestro elementare, sia nel maestro elemen– tare che sogna di avere il figlio all'univer– sità, sia nelle persone di società che adulano gli scienziati e gli scrittori di fama. Gli esami esercitano sui giovani scolari quello stesso potere d'ossessione che eserci- • tano i soldi sugli operai che lavorano a cottimo. Un sistema sociale è profonda– mente malato quando un contadino lavora la terra pensando che deve fare il contadino perchè non era abbastanza intelligente per diventare maestro. Quella mescolanza di idee confuse e più o meno false, nota sotto il nome di marxi– smo, mescolanza alla quale, dopo Marx, soltanto mediocri intellettuali borghesi han– no aderito, rappresenta anche per gli ope– rai un apporto completamente estraneo, inassimilabile, e d'altronde in sè privo di valore nutritivo, perchè si è avuto modo di svuotarlo di quasi tutta la verità conte– nuta negli scritti di Marx. Vi si aggiunge a volte un processo di divulgazione scien– tifica di qualità ancora più scadente. Tutto questo non può che portare lo sradica– mento dei lavoratori alle sue ultime con– seguenze. Lo sradicamento è di gran lunga la ma– lattia più pericolosa per le società umane, perchè ha in sè il potere di moltiplicarsi. Gli esseri veramente sradicati non possono condursi che in due modi: o cadono in una inerzia dell'anima che quasi equivale alla morte, come accadde alla maggior parte degli schiavi al tempo dell'impero roma– no, oppure si gettano in un'attività che tende sempre a sradicare, spesso usando i metodi più violenti, coloro che non sono ancora sradicati o che solo in parte lo sono. I Romani erano uno sparuto gruppo di fuggiaschi che si agglomerarono artificial– mente in una città; essi hanno privato le popolazioni mediterranee della loro vita propria, della loro patria, della loro tra– dizione, del loro passato, a tal punto che la posterità, facendo credito alle loro pa– role, li ha considerati creatori di civiltà su quei territori. Gli ebrei erano schiavi evasi, e hanno sterminato o ridotto a servitù tutte le popolazioni della Pale– stina. I tedeschi, nel momento in cui Hitler s'è impadronito di loro, erano dav– vero, come egli ripeteva sempre, una na– zione di proletari, cioè di sradicati; l'umi– liazione del 1918, l'inflazione, l'industria- ' lizzazione a oltranza e soprattutto l' estre– ma gravità della crisi di disoccupazione, avevano portato la malattia morale allo stadio acuto che comporta l'irresponsabi– lità. Gli spagnoli e gli inglesi che, a cominciare dal secolo XVI, hann& massa– crato o asservito le popolazioni di colore, erano avventurieri quasi senza alcun con– tatto con la vita profonda del loro paese. Lo stesso vale per una parte dell'impero francese, che d'altronde venne costituito in un periodo in cui la tradizione francese aveva una vitalità affievolita. Chi non ha radici, sradica. Chi ha radici, non sradica. Anche sotto il nome di rivoluzione, e spesse volte dietro parole d'ordine e temi di propaganda identici, sono dissimulate due concezioni assolutamente opposte. L'una consiste nel trasformare la società in modo che gli operai possano avervi ra– dici; l'altra consiste nell'allargare a tutta la società la malattia dello sradicamento quale è stata infitta agli operai. Non biso– gna dire o pensare che la seconda opera– zione potrebbe essere preludio alla prima: è falso. Son due direzioni opposte, che non si ricongiungono. La seconda delle due concezioni è oggi molto più frequente della prima, sia tra i militanti che nella massa dei lavoratori. Va da sè che essa tende ad affermarsi sem– pre più a mano a mano che lo sradica– mento si prolunga e accresce le sue deva– stazioni. E' facile capire che da un giorno all'altro, il male può diventare irrepa– rabile. Dalla parte dei conservatori, c'è un equi- voco analogo: un piccolo numero tra essi desidera veramente che gli operai ritro– vino le loro radici; e semplicemente il loro desiderio s'accompagna a immagini, la maggior parte delle quali, invece di essere riferite all'avvenire, sono attinte a un passato d'altronde in parte fittizio. Gli altri desiderano, puramente e semplice– mente, mantenere o aggravare la condi– zione di materia umana cui è ridotto il proletariato. (eia L' enracinernent, Galltmard, Pans 1949 ).

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