Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953
certo Gaeta, dovette aver bisogno del le– gname dei boschi di monte Maio, quando si trovò isolata da Napoli e dagli altri domini bizantini per la conquista longobar– da di tutta la piana del Volturno 7 ; e quando con la lotta iconoclastica si trovò a esser l'avamposto bizantino contro Ro– ma, alle dirette dipendenze del Patrizio di Sicilia; e quando nell'VIII e IX secolo la città compare spesso con le sue navi in aiuto dell'impero (mentre Napoli resta fer– ma per i suoi accordi con i Saraceni) in una posizione che è ormai vicina a quella di alleato indipendente. Più tardi infatti, imitando il sistema bizantino dei « colle– ghi di governo », gli lpati di Gaeta si assoderanno al governo i figli, affidando loro la contea di Traetto. Poco dopo l'isti– tuzione di questa, cominciarono a verifi– carsi rapporti con gli abati di Montecassino di cui interessa ricordare la donazione del 1058. La formula della donazione mostra la preoccupazione di non rompere forme de– finite, usi ormai stabilizzati, ciò che rivela come Traetto e indirettamente Gaeta, ri– manessero ancora interessate al territorio che cedevano. Tanto che questi ritorna– rono presto sotto la giurisdizione dei do– natori. Risulta ancora dal documento che una comunità doveva esistere in quel tempo ad Ausonia, come esiste oggi. E anche nella colonia di Coreno, fondata di recente in mezzo al quercieto rigoglioso, .sussisteva allora un embrione di possibile comunita. E' importante esaminare le cause emerse in seguito ad arrestare quello sviluppo. Le cause del mancato sviluppo del paese Il taglio degli alberi per le navi e per altri lavori dev' esser stato praticato per parecchio tempo, anche se probabilmente nel 1500 il degradamento a ceduo do– vesse essere avanzato. Fu certo questo con– tinuo deperimento del bosco, con il degra– darsi delle fustaie a ceduo mal governato, che, impedendo il miglioramento delle con– dizioni di vita a boscaioli e pastori, osta– colò ogni sviluppo di comunità nell'em– brione del primitivo agglomerato di Co– .reno. Non si riuscì cioè nè a consolidare una comunità di boscaioli, sul tipo di quelle 7 A. LECCESE, Le origini del ducato di Gaeta e le sue rie/azioni coi ducati di Napoli e di Roma, Gubbio, 1941, p. 10. 8 Nel 1058 il conte Marino di Traetto, non si sa se per pietà o per quale altra ragione, fece donazione al monastero cass'Ìnese, di un quarto del contado e un quarto delle Fratte, la metà di Spigno e le case d1 sua proprietà in Traetto. L'at– to di donazione comprende queste condizioni: << nullum servitium exigant tui rectores ab abi– tantibus in dieta ci.vitate, et Castellis, nisi qualiter antiquitus soliti semt f acere. nobis, ita tamen ut qui cum caballo servire consueti sunt, ita pro tuo iure, et Sanctissimi iam supra nominati C0te11obii deserviant et qui cum boves similiter f aci.ant » (F. A. Riccardelli, op. ci.t., p. 243); e infatti nel 1061 arrivò la promessa dell'abate di non fomentare liti, di non imporre agli abitanti giu– -dici stranieri, di non attentare all'onore delle BibliotecaGino Bianco montane o slave, giungendo a lavorazioni in loco (segherie, laboratori, ecc.); nè a dar vita a una piena comunità contadina con omogenee forme di vita, non esistendo per questo passaggio alcuna accumulazione primitiva nè di capitali per le necessarie sistemazioni fondiarie, nè di adeguata cul– tura. Sicchè, se di pari passo con la distru– zione del bosco si estese quantitativamente l'area coltivata, si conservarono atteggia– menti, mentalità, tradizioni, tecniche e usi di un diverso passato. Come tutti sanno, il ceduo garantisce un reddito minore ma immediato ed è la s0luzione logica di un impoverimento sen– za restituzioni: legna e carbone, ognuno li può fare per la sua famiglia e, come per tutta la produzione destinata al consumo, vale il proverbio « ognun per sè e Dio per tutti ». Povertà crescente e chiusura in se stessi, determinate da una più dura lotta per il pane, dalla scomparsa delle risorse, accelerano a loro volta l'eliminazione di queste ultime e la spirale secolare del deca– dimento. Così non meraviglia la struttura frazionata del paese che non ha trovato un suo centro sviluppato, non meraviglia l'enorme frammentazione, dispersione, pol– verizzazione della proprietà, con redditi unitari decrescenti. Nè stupisce se anche l'allevamento del bestiame risente della antica tradizione pastorale, abituata all'alle– vamento brado nel bosco, e ancora non conosce la tecnica di selezione con i servizi in comune, e se l'allevamento dei suini ca– sertani, che pure è diffuso, non abbia sol– lecitato un minimo di organizzazione di mercato. Altri elementi storici si sono aggiunti a determinare la paralisi dell'embrione co– munitario. Per secoli questa è stata una zona di confine tra il mondo bizantino e longo– bardo, tra lo stato della Chiesa e il regno di Napoli. Alla insicurezza che tale situa– zione determinava durante le guerre va ag– giunta la mancanza di una tradizione giu– ridìcà determinata 9. La natura di zona di confine ha fatto sì cbe le immigrazioni successive fossero spes• so, anche in tempi recenti, di gruppi pro– venienti da diversissime esperienze e diffi– cilmente amalgamabili: è il caso di Coreno dove in varie epoche le immigrazioni poli– tiche sono state notevoli, come attesta don Giuseppe La Valle. figlie, e di non intromettersi in alcun modo nei matrimoni. 9 Così nel 1014 si tenne a Castro Argento, di– pendenza di Traetto, un placito di tutti i poten– tati campani per risolvere una controversia. tra Dauferio conte di Traetto e Adenolfo abate di Montecassino per il solito argomento delle selve poste nella zona di Fratte. Gli argomenti addotti dalle due parti si rifanno alle tradizioni più di– verse: i monaci si rifanno a una donazione di Carlo Magno, i conti a una donazione fatta dal Papa a Gaeta dopo la vittoria sui Saraceni, e, data la situazione, è probabile che avessero ragione tutti e due: il giudice Pietro che decide la questione, dà ragione ai monaci ricordando le leggi longobarde di Liutprando e citando le No– velle di Giustiniano (F. A. Riccardelli, op. cù., p. 113). Diritto longobardo e bizantino sono dun– que citati insieme per risolvere una questione, Per avere un altro elemento di compren– sione, bisogna rifarsi al decadere della fun– zione sociale del feudalesimo nell'Italia me– ridionale e al suo passaggio a forme stati– che di riscossione di rendite. La decadenza del baronaggio meridionale, che si inquadra nelle lunghe lotte col potere monarchico e nei favori concessi dal potere regio ai co– muni 10, era ormai completa nel secolo XVII: i baroni avevano ormai perduto ogni funzione sociale, civile e politica. E non a caso il secolo XVII vede un vastissimo mo– vimento delle università rurali per ricom– prare se stesse, per riscattarsi dal vincolo feudale 11. Anche nel ducato di Traetto le cose du– rante il sec. XVII si mossero: ma l'evento scatenante fu una peste che nel 1656 ri– dusse la popolazione di Coreno da 1085 anime a 314. Nel 1669 la popolazione era di 680 anime (indice del forte tasso di na– talità che distingue anche oggi il paese) ma nel 1690 erano vuote ancora 5 3 case che furono occupate da immigrati. In se– guito alla mutata consistenza della popola– zione, si provvide a una nuova riparti– zione dei pesi fiscali tra Corebo e le Frat– te 12. In questa occasione, precisamente nel 1682, Coreno si stacca dall'università delle Fratte e comincia a vivere come università autonoma. L' ·' università agraria ,, nasce sulla . . miseria Con questa separazione, anche se Coreno contava nel 1690 un certo numero di « dot– ti» (1 dottore professo, 1 medico, 2 notai, 2 giudici, 10 preti), tutta la vecchia tradi– zione gerarchica e dirigenziale rimase ad Ausonia. La nuova unità si fonda quasi esclusivamente su vincoli e scopi di difesa amministrativa: l'università è retta da due « sindaci » scelti dal conte e dai sei « eletti > dall'università, da lui confermati. E' una forma di reggimento comune a molte zone meridionali e ai domini pontifici: l'univer- . ' . sita contratta una certa autonomia, pur re- stando sotto la giurisdizione signorile o feudale. La ragione di questa separazione è tanto più evidente se si considera che è una di– visione nata da un disastro, da una diminu– zione di risorse e non da un aumento di ricchezza. E una divisione di tal genere, se essi non sovrappongono nel tempo le loro azioni ma coesistono nello stesso momento. lO Specialmente dalle prammatiche di Fer– rante I d'Aragona, ma che anche tutti i governi precedenti e seguenti più o meno concessero. (B. CRocE, Storia del Regno di Napoli, Bari, 1924, p. 86). 11 Era il tempo in cui Lagonegro si riscattò e « volle cangiare il suo antico nome in quello di Lagolibero e s'intitolò « Baronessa di sè »... « era l'appagamento di una lunga sete secolare il giorno in cui il dominio baronale cessava». (B. CROCE, op. cit., p. 138). 12 Mentre prima della peste le Fratte paga– vano per 184 fuochi e Coreno per 136, dopo la peste i gravami rispetti vi sono per 13 2 e 1O 5 fuochi, con valori rispettivi da pagare agli ap– paltatori di 381 e 302 ducati annui. IJ
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