Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953
Perchè non ojf riamo un modello concreto e dettagliato di azione Innanzi tutto va sgombrato il campo di quanto ci può essere di equivoco e di illegittimo nella terza do– manda: essa tradisce un atteggiamento di attesa e di di– sponibilità ancora passivo, un desiderio di essere chia– mati a lavorare più come esecutori che come collabora– tori su :un pia1:10di parità. E' questo un atteggiamento pro{ondamente legato al tradizionale atteggiamento gio– vanile. In molti questo può essere il massimo di ciò che a essi si può chiedere: la disposizione a eseguire cose nuove, avvertita l'insufficienza delle cose che si sono fatte finora. Ma in molti altri lo stesso atteggiamento significa non aver raggiunto coscienza di possibilità reali più alte e migliori: quelle di poter partecipare attivamente all'ela– borazione di una prospettiva e di una conseguente atti– vità che immetta nella realtà cose originali. Ora, la prima condizione per giungere a simili obbiet– tivi e quella di rispettare sostanzialmente la creatività personale di coloro che sentono la volontà di mettersi a lavorare in un luogo, per questi scopi. Così come è in– dispensabile che l'atto morale di disponibilità preceda ogni inizio concreto di lavoro: noi siamo sempre pronti a chiarire e a andare avanti, così come siamo pronti a fornire aiuti e consigli, ma se manca una libera domanda noi stessi non abbiamo alcuna garanzia di contatto con la realtà. Ancora bisogna prendere coscienza che, per l'inizia– tiva, ogni situazione di ambiente ha una sua individua– lità specifica e che se la si vuole veramente sviluppare a pieno bisogna aver presenti molti elementi di solito poco considerati, a cominciare dalla situazione umana. Ciò è • indispensabile specie oggi, partendo da una situazione di crisi: la prima cosa perciò che distingue una inizia– tiva nuova da quelle tradizionali è il riconoscimento di questa individualità specifica di ogni ambiente. Bisogna che questo riconoscimento sia presente sia nella rileva– zione dei dati, sia nella loro elaborazione, sia nell' inven– zione dell'iniziativa, sia nel corso della sua realizzàzione (perciò ogni atto dei giovani oggi non può non presup– porre una cultura e una tecnica). Per questo non può nascere un movimento organizza– to di Terza Generazione, con dei suoi dirigenti centrali e dei suoi dirigenti· e gregari periferici, gerarchicamente ordinati, ma solo delle iniziative legate da un rapporto di servizio e di reciproco collegamento. La rivista si muove necessariamente su un piano di idee e di cultura ed è l'unico strumento unitario possi– bile, che esercita tale funzione allargando di continuo le prospettive,' approfondendo il giudizio storico, garan- tendo alle iniziative un senso nazionale. , Per questi motivi è possibile dare una prospettiva uni– taria, sul piano del comprendere, non è possibile dare una indicazione concreta unica, nazionale di iniziativa Biblioteca Gino Bianco sul piano del fare; su questo esistono iniziative, ciascuna col suo valore autonomo. Nè si potranno dare degli esempi se non quando si faranno avanti forme capaci di realizzare con atto libero e volontario dei fatti in sintonia con lo spirito che noi indichiamo e via via verremo in– dicando. Perchè non diamo delle parole d'ordine Innanzitutto Terza Generazione non è un movimento politico. Poichè le parole d'ordine sono comunemente lanciate da movimenti o organizzazioni che si muovono sul piano delle forze e degli interessi politici, è chiaro l'errore di indirizzo della domanda. Sbagliano quelli che credono che non diamo delle pa– role d'ordine perchè vogliamo riservarle per il futuro, quando avremo radunato della gente, e immaginano quasi che nascondiamo la carta nella manica. Non diam~ delle parole d,ordine e non ne daremo mai perchè ciò è conseguente con l'atteggiamento che siamo venuti espo– nendo e abbiamo qui riaffermato. Qual' è lo spirito che intendiamo promuovere Su un punto peraltro si possono fare dei passi avanti rispetto a quanto è già stato detto ed è sullo spirito che deve animare coloro che vogliono stare con noi e nel quale ci riconosciamo. E' difficile dare un nome, trovare una formula; questa verrà, ma più avanti. Oggi è possibile per chiarirci usare paragoni storici, per situare noi stessi a confronto con altri che in momenti determinati e gravi di altre epoche storiche hanno saputo creare uno spirito diverso da quello tradizionale e fare degli atti conseguenti. Perchè anche allora gli iniziatori furono dei giovani. Sia naturalmente ben chiaro che in noi è assente ogni nostalgia: l'esemplificazione che verremo facendo, serve soltanto per aiutare la fantasia a creare ciò che deve es– sere nostro, valido nella situazione del mondo odierno e non per esaurirsi in riesumazioni di qualcosa che è già stato. Nei tempi antichi, presso popoli in cui lo spirito reli– gioso agiva come forza dinamica, tutti i giovani di una determinata leva venivano ogni tanti anni consacrati agli dei e a una cèrta età uscivano dalla città o dalla tribù per andare a fondare una nuova città in una terra dove ancora la storia non era giunta. Si sono comportati così gli antichi italici e i barbari germani, e questo modo di iniziativa ha contribuito validamente all'uscita dalla barbarie primitiva, perchè i capi delle nuove città e delle nuove tribù adattavano il capitale culturale degli avi alla nuova realtà ambientale, e, tenendo fede allo spirito, sa– pevano modificare e arricchire la lettera con grande li– bertà. Nell'età barbarica quando si cominciò a constatare l'insufficienza di un mondo fondato solo sulla forza e la s
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