Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953
che richiedono la manipolazione dei ma– teriali radioattivi prodotti con lo sfrutta– mento dell'energia atomica ... L'introduzione delle nuove macchine e il tempo in cui esse potranno essere appli– cate su larga scala, sono subordinati natu– ralmente a problemi di natura economica per i quali non sono in grado di pronun– ciarmi. Salvo il caso di violente trasforma– zioni politiche o di un altro conflitto mon– diale, un calcolo approssimativo fa ritene– re che saranno necessari dai dieci ai venti anni prima che esse possano essere diffu– samente impiegate. Ma una guerra scon– volgerebbe queste previsioni in una not– tata. In queste condizioni, il periodo di cir– ca due anni che fu necessario affinchè il radar potesse ·essere sfruttato ai fini bellici con un alto grado di efficienza, difficilmen– te potrebbe essere maggiore del periodo di tempo necessario per gli sviluppi della fab– brica automatica ... Una nuova guerra, insomma, vedrebbe inevitabilmente, in meno di cinque anni, il pieno sviluppo dell'èra della macchina automatica. Ho detto che questa nuova possibilità è reale e imminente. Quali potranno essere le sue conseguenze economiche e sociali? Anzitutto dobbiamo aspettarci una fine im– provvisa e definitiva della domanda di quel tipo di lavoro industriale che consiste nel– l'esecuzione di compiti meramente mecca– nici. A lungo andare, la sostituzione del mortificante lavoro di natura meccanica po– trà essere apprezzata e diventare fonte di quel diletto che è indispensabile per lo sviluppo culturale dell'uomo e di tutte le sue capacità. Ma essa potrà anche avere ri– sultati che da un punto di vista culturale sarebbero altrettanto scadenti e nocivi di quelli finora elargiti dalla radio e dal ci– nema. In ogni caso il passaggio alla nuova organizzazione industriale, specialmente se esso avverrà nel modo fulmineo che deve prevedersi in conseguenza di una guerra, condurrà· a un periodo di transizione ca– ratterizzato da una confusione disastrosa. Abbiamo abbastanza esperienza per avere un'idea chiara di come gli industriali con– siderano un nuovo potenziale produttivo. Tutta la loro propaganda tende a dimo– strare che esso non deve essere materia di regolamentazione da parte del governo, e a farlo apparire come un campo di atti– vità che deve essere lasciato a disposizione di qualsiasi imprenditore desideri investirvi B1blioteca Gino Bianco denaro. Non ignoriamo neppure che ben pochi sono gli scrupoli che impediscono loro di trarre da un'industria il massimo profitto e di lasciare alla massa dei citta– dini soltanto le briciole del banchetto. Que– sta è stata la storia delle industrie estrat– tive e di quelle del legno, ed è un aspetto di quella che abbiamo definito come la tra– dizionale filosofia americana del progresso. Date queste condizioni, è evidente che l'industria sarà invasa dalle nuove mac-chi– ne nella misura in cui esse lasceranno spe– rare profitti immediati, senza tener conto \ alcuno dei danni che esse potranno pro- durre in un lungo corso di tempo. Assi– steremo a un processo simile a quello con il quale si è lasciato che lo sfruttamento dell'energia atomica per fini bellici com– promettesse le importantissime possibilità di sostituire, con lo sfruttamento a lungo termine dell'energia atomica, le nostre ri– sorse di petrolio e di carbone, che fra qualche secolo, se non fra qualche decen– nio, saranno completamente esaurite. Occorre ricordare che la macchina auto– matica, indipendentemente dal fatto di ere-, dere o meno alle sue capacità di sentire, rappresenta il preciso equivalente econo– mico del lavoro schiavistico. Qualsiasi la– voro che voglia porsi sullo stesso piano del lavoro schiavistico, deve accettare le condizioni economiche che esso comporta. E' perfettamente chiaro, quindi, che avre– mo una situazione di disoccupazione al cui ·confronto la depressione attuale e perfino la crisi del 1930 appariranno come un ro– seo ricordo. Sarà una crisi che rovinerà molte industrie' e forse perfino quelle che in un primo tempo avranno saputo sfrut– tare con maggiore profitto. i nuovi poten– ziali. Ma nell'industria non c'è alcuna tra– dizione che impedisca a un imprenditore di trarre un rapido e sicuro profitto, e poi ritirarsi prima che il crollo lo travolga. La nuova rivoluzione industriale è dun– que una spada a doppio taglio. Essa può. essere usata per il benessere dell'umanità, ammesso che l'umanità sopravviva abba– stanza a lungo da entrare in un periodo in cui questo benessere sia ancora raggiungi– bile. Ma se noi continueremo a muoverci sui binari liberi e ovvii del nostro com– portamento tradizionale, e a seguire il no– stro tradizionale culto del progresso e del– la quiqta libertà - la libertà di sfruttare, - è certo che dovremo aspettarci un de– cennio e forse più di rovina e di dispera– zione ... Il 28 dicembre 1948 il noto giornale pa– rigino Le Monde ha pubblicato un'acuta recensione del mio libro sulla cibernetica dovuta al domenicano padre Dubarle. Ri– ferirò alcune sue osservazioni: « Una delle prospettive più affascinanti che sono state così aperte, è quella dell'or– ganizzazione razionale delle attività uma– ne, e in specie di quelle che interessano le comunità nazionali e sembrano presentare una ~erta regolarità statistica, come ad esempio le attività connesse con il fenome– no dell'evoluzione dell'opinione pubblica. Non si potrebbe immaginare una macchi– na che raccolga questo o quel tipo di in– formazione, per esempio dati sulla produ– zione e sul mercato; e che poi determini, in base alla psicologia media degli uomini e alle quantità che è possibile misurare in • un caso specifico, quale possa essere il pro– babile sviluppo della situazione? Non si potrebbe immaginare perfino un apparato statale che abbracci tutti i sistemi di deci– sioni politiche, sia in un regime di diversi Stati distribuiti sulla terra, sia in quello in: apparenza assai più semplice, di un gover– no unificato del nostro pianeta? Allo stato attuale delle cose nulla c'impedisce di pen– sare ciò. Possiamo immaginare il giorno in cui la «machine à gouverner> interverrà per compensare - sia del bene che del male - le attuali, palesi insufficienze del nostro cervello allorchè quest1ultimo deve occuparsi della tradizionale macchina del– lo Stato. In ogni caso le realtà umane sono tali da non consentire una determinazione esatta e rigorosa come quella dei .risultati numerici del calcolo. Esse ammettono sol– tanto la determinazione dei loro valori probabili. Una macchina che tratti · tali processi, e i problemi che da essi derivano, deve attenersi perciò al metodo probabili– stico anzichè ai rigidi schemi del determi– nismo, come è il caso, per esempio, delle mode~ne calcolatrici. Ciò renderebbe la macchina più complessa, ma non di impos– sibile realizzazione ... La «machine à gouverner» farà dello Sta– to il giocatore meglio informato in ogni particolare sede: e lo Stato sarà l'unico, supremo coordinatore di tutte le decisioni parziali. Si tratta quindi di enormi privi– legi che, se saranno acquisiti scientificamen– te, permetteranno allo Stato di battere, in ogni giuoco umano, qualsiasi avversario ponendolo di fronte a questa alternativa: o subire una immediata rovina, o accettare una cooperazione pianificata. Queste saran– no le conseguenze del giuoco, senza alcuna
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