Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953
La parola dei critici. Nino Ghelli: Federico Fellini... nella de– scrizione di un mondo provin– ciale ricco di notazioni umane e di spunti satirici mordenti, ha confermato, sia pure su un piano di molto più accorto me– stiere, di più agile fantasia e di maggiore equilibrio, la stes– sa deficenza di impegno etico di Sceicco bianco che risolveva sul piano del puro gioco umo– ristico, con flebili notazioni pa– tetiche, situazioni esistenziali di vasta risonanza e di significati– vo interesse, che avrebbero ri– chiesto nell'autore atteggiamen– to ben più autentico... Si av– verte di continuo il conflitto fra la simpatia istintiva che l'au– tore prova per i propri perso– naggi, simpatia in senso psico– logico e umano e non in senso creativo, e la necessità raziona– le che egli avverte di condan– narli: e da ciò gli squilibri di atteggiamento dell'autore, che si risolvono in una mancanza di coerenza stilistica in senso espressivo. Analogo discorso potrebbe farsi per ... i personaggi del mon– do dei vitelloni, il cui dramma . . ' . ' 1nt1mo e comunque p1u enun- ciato che espresso, come del resto queHo del protagonista, e non sufficientemente giustificato da elementi di ordine ambien– tale. Il gusto del bozzetto e del– la boutade, vivissimo in Fel– lini, e che gli permette nota– zioni rapide immediate e feli– cissime, lo porta altre volte ad una sorta di edonismo lettera– rio che si esaurisce nel diverti– mento della battuta fine a se stessa o della trovata umoristi– ca marginale che non si inse– riscono nella viva umanità dei personaggi e della vicenda. La scioltezza narrativa di gran parte dell'opera; l'uso stringato e sicuro dei mezzi espressivi dell'inquadratura, an– che attraverso qualche slitta– mento di gusto... e qualche re– minìsce_nza stilistica abbastanza estranea ...; il ritmo secco del montaggio, nonostante il grave decadere della parte finale; un uso sorvegliato degli ele– menti sonori ed in particolare del dialogo, nonostante talune indulgenze letterarie; l'abilità nella direzione degli interpreti e soprattutto nello sfruttare le loro qualità fisiche, come la re– pulsiva volgarità del fisico del Fabrizi, più che le sue medio– cri qualità interpretative, sono comunque elementi che indu– cono a credere in Fellini e che riscattano la sua prima pro– va fallita; soprattutto se le sue opere successive, con la rinun– cia a preoccupazioni cronachi– stiche e al gusto delle notazio– ni marginali e del bozzetto, lo vedranno maggiormente i:mpe– gnato e con più viva coeren– za etica nello sforzo creativo, in una sincerità cioè che non potrà non riso! versi anche in una maggiore omogeneità di stile. (Bianco e Nero, n. 10, ottobre 1953). Gian Luigi Rondi: Dalla fine della guerra la borghesia italiana aspettava il suo interprete. Oggi, con I vi– telloni di Federico Fellini si può affermare con certezza che l'ha trovato. Un inter– prete malinconico e nostalgi– co, come malinconica e no– talgica, appunto, è la nostra borghesia, ma anche un in– terprete cui l'ironia e la beffa non dispiacciono, chè anzi puntualmente se ne vale ogni qualvolta malinconia e nostal– gia sembrano portarlo troppo in là, verso le soglie vietate del sentimentalismo e della reto- . r1ca. I suoi personaggi riflettono il suo s~sso animo, il suo identico, ragionato oscillare fra i due opposti sentimenti di al– legria e di tristezza: si chiama– no « i vitelloni », quei giovani, cioè, di buona famiglia che, in provincia, passano le loro gior– nate nell'ozio più completo, di– videndosi accuratamente le ore fra il caffè, il biliardo, la pas– seggiata e la piccola festa mon– dana; la vita monotona di pro– vincia ha steso su di loro una ~iblioteca Gino ·sianc.o coltre opaca di noia, li ha ve– lati di un'inconscia tristezza da cui solo emergono per qualche beffa senza conseguenze, per qualche gioco più gaio. I personaggi hanno tutti fi– sionomie definite e - pur sot– to l'eguale angolo visivo dei « vitelloni » - nettruQente di– stinte le une dalle altre; un calore umano profondo ema– na dai loro casi, una poesia sottilissima e dolce si libra sulle loro vite, viste sempre con una partecipazione commo.ssa che attraverso l'ironia, se non addirittura la satira, sa mutar– si in critica di costume (una cri– tica fraterna, però, che non ri– prova, ma solamente propone). Non ci sono scompensi in questo racconto e nel ritmo che limpidam·ente ne dosa l' am- , · pio respiro: nè scompensi rivela la regìa di Federico Fellini che, con un calore umano e una sapienza tecnica fino ad oggi nelle sue opere solamente intui– bili, ha trascritto la esattezza del testo nelle più esatte e liri– che immagini che il cinema ita– liano ci abbia offerto da Due soldi di speranza ad oggi. Non c'è un solo elemento narrativo - anche il più difficile, anche il più scabroso, anche il più comune - che non sia espres– so con estrema delicatezza e con un così vivo pudore che ogni qual volta la misura di una scena o quella di un per– sonaggio sembrano smarrirsi per eccesso, c'è sempre una brusca sterzata in senso contrario a ricostruire l'equilibrio che sta– va per infrangersi. (Il Tempo, 28 agosto 1953). Luigi Bonelli e Ugo Casiraghi: Chi sono i vitelloni? So– no, in provincia, quelli che in città si chiamano « gagà > o «pappagalli». Noi, in Toscana, diciamo anche « zuzzurulloni >: Fellini li ha chiamati « vitello– ni » e « vitelloni » siano: nel film si narra specialmente la storia d'uno di loro che, grande e grosso com'è, non ha voglia di far nulla. Ha rovinato un'o– chetta molto bellina e suo pa– dre, eh' è un onesto operaio di vecchio stampo, l'obbliga a spo– sarla e, poi, quando si accorge che la rende infelice anche do– po che è nato un amor di pu– petto lo carica di botte: sante scudisciate che dànno al film il valore di una lezione impor– tantissima, questa: « è tempo che . i simpatici padri di certi antipatici figlioli, tanto privi di buon senso quanto di senso morale, li rimettano sulla retta strada con la spietata energia di quel bravo operaio, in modo che si svegli in fondo all'ani– mo loro il po' di buono che vi sonnecchia e gli "zuzzurulloni" si trasformino, finalmente in uo– mini seri degni di fare il loro ingresso tra la gente per bene ». Fellini dà ottima prova di sè come regista dirigendo in modo magistrale anche le scene d'in– sieme d'un veglione di pro– vincia ... (Secolo d'Italia, 3 settembre 1953). ... I vitelloni, piuttosto che i figli di papà, sono i figli di mamma. Essi stanno in provin– cia e sono dei mantenuti. Arri– vati sulla soglia dei trent'anni, la loro mentalità è rimasta quella dei bambini, o al mas– simo degli ·studenti di ginnasio. Quando si trovano in com– pagnia tra di loro, si diver– tono un mondo e combinano scherzi di tutti i generi; ma quando si trovano soli o in famiglia sono capaci di pian- gere. Hanno bisogno di qual– cuno che li mantenga ·perchè, tra l'altro, non avendo niente da fare, sono pieni di vizi: il ballo, il bigliardo, il varietà, il cinema, le donne. I vitelloni hanno i loro so– gni segreti, le loro ambizioni: fuggire con una attrice del ci- nema abbandonando tutti, an– dare in una grande città e di– ventare importanti con un col– po di fortuna. Non sono ta– gliati per i mediocri impieghi, nè per la morale dei loro ge– nitori. Senza dubbio dunque il film contiene una precisa anche se troppo compiaciuta condanna morale di questo mondo dei vitelloni. E' essa sufficiente a giustificare tutto il film? Que– sto ci sembra il problema cri– tico principale da affrontare a proposito della nuova fatica di Federico Fellini ... (Unità, 28 agosto 1953).
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