Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953
nè si vive nel « concerto euro– peo », abituato a secolari sussul– ti egemonici e a secolari ricom– posizioni dell'equilibrio perdu– to. Ora le fucilate tra le risaie del Tonchino, i clamori fana– tizzati di turbe di vario colo– re, riecheggiano nelle nostre strade, possono domani decide– re la vita di milioni di noi. I tradizionali problemi della no– stra esistenza nazionale, sono posposti, se non annullati da una problematica mondiale, che noi forse non amiamo, che for- •se ci è estranea, ma che ora schiaccia le nostre storiche aspi– razioni al primato, o peggio le scolorisce e le ridicolizza. Dobbiamo prendere coscien– za di noi stessi. Ma questa pre– sa di -coscienza trova davanti a sè il limite ferreo del sistema di vita mondiale, che noi non sentiamo soltanto per le contin– genti difficoltà di politica inter– nazionale che oppone al nostro sviluppo, ma per l'insieme di modi di vita tecnicistici e stan– dardizzati che esso precipita nel– l'ambiente nazionale. Occorre perciò prendere atto che il fat– to nazionale di oggi è diverso da quello di ieri non solo per il progresso della storia, ma per l'assoluta npvità delle circo– stanze esterne in cui si trova . . inserito. Nuove ferme di vita premo– no su di noi. La radio, il cine– ma e domani la televisione por– tano anche fra i trulli di Al– berobello l'impronta di un mondo nuovo. Saprà il nostro popolo che parla accora i vec– chi dialetti, che legge ancora il Guerin Meschino e i Reali di Francia; saprà la nostra vita nazionale in cui coabitano su– perstizioni ancestrali ed esaspe– rati cinismi; saprà questa Ita– lia dove ancora tante Madonne piangono e ancora i pagani non si convertono, assorb·re la te– cnica conte!11p-...1aea? Saprà il nostro Mezzog:o ... t10 che per la rapida circolazione della vita moderna, si trova 01 1 alla vi– gilia di una ineluttabil~ mo– dernizzazione cui giunge senza essere passato per i momenti intermedi, salvare la sua antica civiltà contadina? Questa Italia da cui la civiltà moderna ha preso le mosse, che ad essa ha contribuito in modo decisivo, sembra ora riceverla come un dato estraneo irriducibile ai suoi antichi costumi, inadatta ad immettersi nel carattere pre– valentemente non omogeneo della nostra tradizione, quasi presenti un'eterogeneità del tut– to nuova tale da rendere incom– patibile, da escludere ogni altro contrasto, ogni altro modo di vita. Il realtà l'evidente divorzio tra vita intellettuale e vita na- E3iblioteca Gino Bianco zionale ha impedito finora di prendere piena coscienza della realtà italiana. Constatiamo la sua complessità soltanto ora che la sentiamo minacciata, ora che l'ultima reazione indigena falli– ta nel tentativo vano di propa– garsi dalle minoranze alle mas– se, si è bruciata nel calderone del conflitto mondiale, ora che non si tratta più di chiudere le cancellate e travestirsi da stra– paesani, ma di discernere i con– torni nuovj del mondo che si muove. Eppure sentiamo che occorre salvare l'anima antica del nostro paese, coi suoi pe– renni contrasti, con la sua lu– cente dolcezza meridionale ed il suo duro mistero. Perchè sentiamo che la sua vocazione, come ne fu all'origine, è ancora nel cuore della vita moderna ed è ancora essenziale ad essa, sia che si tratti di continuarne lo sviluppo come di chiuderlo e di iniziare una nuova fase della storia umana. E allora? Allora ricomincia– mo a dire le prime parole. La– sciamo da parte le immagini disutili e stereotipate, cui anche nei momenti di maggiore .raffi– natezza non abbiamo saputo abdk re. Riacquistiamo, se mai l'abbiam~ avuto, il senso della nostra geografia peninsulare. Rinunciaino a seguire una inter– pretazione mutuata o personale che ci porti a una presa di co– scienza affrettata o unilaterale: facciamo di tutto pur di vede– re limpidamente nella nostra vita. La storia recente ci presenta un repertorio di tentativi falli– ti. L'attuale vicolo cieco politi– co ne è la ultima conseguenza. La democrazia, non utilizzando le esperienze di ieri, ponendo al bando vent'anni di esperien– za nazionale e riprendendo le antiche linee prefasciste, non è riuscita ad altro che a risusci– tare il trasformismo. E abbia– mo provato di nuovo l'incapa– cità rivoluzionaria delle sinistre che solo ragioni di politica in– ternazionale tengono lontane dal riformismo o al massimo dal gradualismo; l'impotenza dell'intellettualismo laico a .ri– solvere il problema dei .rappor– ti tra lo Stato e la Chiesa sen– za irretirsi nella polemica spic– ciola o nel rimpianto d'una ri– forma che non c'è stata nè po– teva esserci; la titubanza del cattolicesimo politico di fronte all'apparato dello Stato moder– no,. la sua mancanza d'immagi– nazione e fantasia, o forse di fede in una risoluzione su basi cristiane della questione socia– le. Abbiamo visto gli intellet– tuali freddi come di consueto al bene e al male del proprio paese, alle sue passioni e alle sue occasioni, salvo la ventata neo-realista dovuta del resto a suggestioni straniere e destina– ta ora ad acquietarsi in uno sciato e ostentato populismo, Abbiamo visto sorgere accanto al problema della condizione operaia e a quello della condi– zione contadina, persino quello di una condizione borghese. Quando la nostra generazio– ne entrava nella vita civile, era da poco crollato quel mito del– la nazione proletaria, che ave– va galvanizzato le minoranze eroiche del '15 e del '22, solle– vando anche le masse, gli uo– mini-lavoro di Gramsci, nell'en– tusiasmo dell'impresa imperia– le del '3 5. La democrazia non ha innalzato nuovi ideali, la mi– tologia delle destre, pur circon– fusa dell'alone di una fedeltà che va oltre il possibile alla leggenda della Patria, ha la ruggine del residuato di guer– ra. Valgono poco ora sia le ri– vendicazioni ideali che ignora– no la questione nazionale sia i piani più o meno concreti che richiamandosi a solidarietà in– ternazionaliste la eludono o la pospongono. Peggio ancora prendere atteggiamenti di scioc– co dgorismo che non conduco– no ad altro se non all'isolamen– to dei loro sostenitori. Peggio ancora credere' riso! vibile la questione in una sintesi dialet– tica fra princìpi finora opposti,
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