Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953
sone giuste, cadevamo travolti da un tale impetuoso tumulto che quasi non ci re~ stava più la forza di pensare: ci trova– vamo a vivere come al centro d'un paese incendiato: alberi, case e oggetti divam– pavano intorno a noi. E poi di colpo si spegneva il fuoco, non restava che un po' ai brace tiepida: alle nostre spalle i paesi incendiati sono tanti che non possiamo più nemmeno contarli. Adesso niente bru– cia intorno a noi. Per settimane e mesi, passiamo i giorni con la persona giusta, senza sapere: solo a volte, quando rimasti soli ripensiamo a questa persona, la curva delle sue labbra, certi suoi gesti e in– fl _ssioni di voce, nel ripensarli, ci dànno un piccolo sussulto al cuore: ma non te– niamo conto d'un così piccolo, sordo sus– sulto. La cosa strana, con questa persona, è che ci sentiamo sempre così bene e in pace, con un largo respiro, con la fronte che era stata così aggrottata e torva per tanti anni, d'un tratto distesa; e non sia– mo mai stanchi di parlare e ascoltare. Ci rendiamo conto che mai abbiamo avuto un rapporto simile a questo con nessnn essere umano; tutti gli esseri umani ci apparivano dopo un poco così inoffensivi, così semplici e piccoli; questa persona, mentre cammina accanto a noi col suo passo diverso dal nostro, col suo severo profilo, possiede un'infinita facoltà di farci tutto il bene e tutto il male. Eppure noi siamo infinitamente tranquilli. E lasciamo la nostra casa, e andia1no . . a vivere con questa persona per sempre: non perchè ci siamo convinti che è la per– sona giusta: anzi non ne siamo affatto convinti, e abbiamo sempre il sospetto che la· vera persona giusta per noi si na– sconda chissà dove nella città. Ma non ab– biamo voglia di sapere dove si nasconde: sentiamo che ormai avremmo ben poco s·ibliotecaGino Bianco da dirle, perchè diciamo tutto a questa persona forse non giusta con cui adesso viviamo; e ii bene e il male della nostra vita noi vogliamo riceverlo da questa per– sona e con lei. Scoppiano fra noi e que– sta persona, ogni tanto, violenti contrasti: eppure non riescono a rompere quella pace infinita che è in noi. Dopo molti anni, solo dopo molti anni, dopo che fra . . ' . noi e questa persona s1 e intessuta una fitta rete di abitudini, di ricordi e di violenti contrasti, sapremo infine che era davvero la persona giusta per noi, che un'altra non l'avremmo sopportata, che solo a lei possiamo chiedere tutto quello che è necessario al nostro cuore. Adesso, nella nuova casa dove siamo ve– nuti a vivere e che è nostra, non voglia– mo più essere poveri, anzi abbiamo un po' di paura della povertà: sentiamo uno strano affetto per gli oggetti che ci sono intorno, per un tavolo o per un tappeto, noi che rovesciavamo sen1pre l'inchiostro sui tappeti dei nostri genitori; questo no– stro nuovo affetto per un tappeto ci pre– occupa un poco, ne abbiamo un po' di vergogna; andiamo ancora qualche volta a passeggio per le strade di periferia, ma ritornando ~ casa ci puliamo con cura sullo stuoino le scarpe infangate: e sentia– mo un piacere nuovo a sederci a casa, sotto la lan1pada, con le imposte serrate sulla città buia. Non abbiamo più molta voglia d'amici, perchè tutti i nostri pen– sieri li raccontiamo alla persona che vive con noi, mentre mangiamo insieme la minestra alla tavola illuminata: agli al– tri, ci sembra che non valga la pena di . ' . raccontare piu niente. Ci nascono dei figli, e cresce in noi la paura della povertà: anzi crescono in noi paure infinite, d'ogni possibile pericolo o sofferenza che possa colpire i nostri figli nella loro carne mortale. La nostra stessa carne, il nostro corpo, non l'avevamo mai sentito in passato fragile e mortale: era– vamo pronti a scagliarci nelle più impre– viste avventure, pronti sempre a partire per i luoghi più lontani, fra i lebbrosi e i cannibali: ogni prospettiva di guerre, di epidemie o di catastrofi cosmiche ci lasciava del tutto indifferenti. Non sape– vamo che ci fosse nel nostro corpo tanta paura, tar{ta fragilità: mai avevamo so- .spettato di poterci sentire così legati alla vita da un vincolo di paura, di tenerezza straziant~. Com'era forte e libero il no– stro passo, quando si camminava soli, al– l'infinito, per la città! Guardavamo con grande commiserazione le famiglie, i pa– dri e le madri a passeggio pian piano con le carrozzelle dei bambini la domenica sui viali: ci parevano una cosa noiosa e triste. Adesso siamo noi una di queste famiglie, can1miniamo pian piano per i viali, spingendo la carrozzella: e non sia– mo tristi, siamo anzi forse felici, ma di una felicità che ci è difficile riconoscere, nel panico in cui siamo di poterla per– dere da un momento all'altro per sem– pre: il bambino nella carrozzella che spingiamo è così piccolo, così debole, l'amore che ci lega a lui è così doloroso, così spaventato! Abbiamo paura di un soffio di vento, d'una nuvola in cielo: non verrà la pioggia? Noi che avevamo preso tanta pioggi-a, a testa nuda, eoi piedi nelle pozzanghere! Adesso abbiamo un ombrello. E ci piacerebbe avere anche un portaombrelli, a casa, nell'anticamera; ci colgono i desideri più strani, che mai avremmo supposto di poter avere quan– do andavan10 soli e liberi per la città: vorremmo un portaombrelli e degli attac– capanni, delle lenzuola, degli asciugama– ni, un forno da campagna, una ghiac– ciaia. Non cerchiamo più la periferia; an– diamo per i viali, tra ville e giardini; stiamo attenti che ai nostri bambini non s'accosti la gente troppo sudicia e pove– ra, per paura di pidocchi e di malattie; sfuggiamo i mendicanti. Amiamo i nostri figli in un modo così doloroso, così spaventato, che ci sembra di non avere mai avuto altro prossimo, di non poterne avere mai altro. Siamo an– cora poco abituati alla presenza dei no~tri figli sulla terra: siamo ancora stupefatti e sconvolti per la loro comparsa nella no– stra vita. Non abbiamo più amici: o me– glio a quei pochi amici che abbiamo pen– siamo subito con odio se il nostro bam– bino sta male, ci pare quasi che sia colpa loro, per il fatto che in loro compagnia ci siamo distratti da quell'unica, strazian– te tenerezza; non abbiamo più vocazione: . . avevamo una vocazione, un caro mestie- re, e adesso se appena vi prestiamo orec– chio subito ci sentiamo colpevoli, tornia– mo a .precipizio su quell'unica tenerezza straziante; una giornata di sole, un pae– saggio verde, significa per noi soltanto che il nostro bambino potrà abbronzarsi al sole o giocare nel verde; noi, p~r con– to nostro, abbiamo perso ogni facoltà di go~imento o di contemplazione. Gettia– mo sulle cose uno sguardo sospettoso e convulso: guardiamo se non ci sono chio– di arrugginiti, s.carafaggi, pericoli per il nostro barobino. Vorremmo abitare paesi puliti e freschi, con animali puliti e abi- 27
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=