Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953
di sport. Rimasti soli, ripetiamo insazia– bilmente le sillabe del suo bel nome so- . noro; e prepariamo mille discorsi da far– gli domani; pazzi di gioia, prendiamo a immaginarlo in tutto simile a noi; l'in– domani, ci prgviamo a fare con 1 ui quei discorsi che avevamo pensato, gli raccon– tiamo tutto di noi, perfino i nostri verti– ginosi sospetti che non esistano gli uomi– ni nè le cose: lui ci guarda sconcertato, ridacchia, ci canzona un po'. Allora ci rendiamo conto che abbiamo sbagliato, che di questo con lui non si può parla– re: ripieghiamo sulle parole sconce e gli sport. Intanto a scuola, la nostra situazione è cambiata di colpo: tutti si mettono a sti– marci, vedendoci altamente stimati dal più stimato fra i compagni; adesso, le strofette comiche che abbiamo scritto e che recitiamo, sono accolte con applausi e alte strida; la nostra voce prima non riusciva a farsi udire nel frastuono delle voci, adesso si tace in ascolto quando noi parliamo; adesso ci fanno delle domande, ci tengono a braccetto, ci aiutano nelle cose in cui siamo meno abili, negli sport o nei compiti che non sappiamo fare. Il mondo non ci appare più come una mostruosa macchinazione, ma come una isoletta semplice e ridente, popolata di amici: di un così fortunato mutamento nella nostra sorte, noi non ringraziamo Dio perchè adesso a Dio non pensiamo: ci sembra impossibile pensare a qualco– sa che non sia i visi dei nostri compa– gni festosi intorno a noi, il fluire facile e lieto delle n1attinate, le frasi buffe che abbiamo detto e che hanno fatto ridere; e il nostro stesso viso nello specchio non è più qualcosa di tetro e d'informe, è il viso che i nostri compagni salutano· al– legramente al mattino. Sorretti così dal- 1 'amicizia dei compagni del nostro stesso sesso, noi guardiamo l'altra razza, le per– sone di un sesso diverso dal nostro, con meno orrore: ci sembra quasi che potre– mo facilmente fare a meno di questa razza diversa, esser felici anche senza la sua approvazione: quasi desideriamo di trascorrere la nostra vita intiera in mezzo a questi nostri compagni di scuo– la, a dire frasi buffe e a farli ridere. Poi a poco a poco, in mezzo alla folla di questi con1pagni, ne scopriamo uno che è particolarmente contento di stare con noi, e al quale ci accorgiamo d'avere in– finite cose da dire. Non è il primo della classe, non è molto stimato dagli altri, non porta abiti vistosi: i suoi abiti sono però di un tessuto fine e caldo, simili a BibliotecaGino Bianco quelli che sceglie per noi nostra madre: e camminando con lui verso casa, ci ac– corgiamo che le sue scarpe sono identi– che alle nostre, robuste e semplici, non vistose e leggere come quelle degli altri compagni: glielo facciamo notare riden– do. Scopriamo a poco a poco che in casa sua ci sono le stesse abitudini che in casa nostra: e che lui fa il bagno sovente, e sua madre non gli permette di andare a vedere i film d'amore come non lo per– mette a noi nostra madre. E' uno come noi: è uno della stessa nostra condizione sociale. Siamo ormai molto stufi della compagnia del primo della classe, che con– tinua a venirci a trovare il pomeriggio: siamo ormai stufi di ripetere le solite pa– role sconce, e al primo della classe but– tiamo addosso sdegnosamente i discorsi che ci interessano, i nostri dubbi sull'e– sistenza: così sdegnosamente e sbadata– mente, e con superbia, che il primo del– la classe non ci capisce bene, ma sorride timido: vediamo sulle labbra del primo della classe un sorriso timido e vile: ha paura di perderci. Non più incantati dal suo sguardo azzurro, adesso accanto al primo della classe abbiamo voglia dei ro– tondi occhi color nocciola dell'altro com– pagno: e il primo della classe se ne ren– de conto e ne soffre, e noi siamo fieri di farlo soffrire: dunque siamo capaci an– che noi di far soffrire qualcuno. Col nostro nuovo amico dagli occhi ro– tondi, disprezziamo il primo della classe e gli altri compagni, così chiassosi e vol– gari, con tutte quelle parole sconce che ripetono sempre: noi adesso vogliamo es– sere molto distinti, col nostro nuovo ami– co valutiamo la gente e le cose dal punto di vista della distinzione e della volgarità. Scopriamo che è distinto restare ragazzi il più a lungo possibile: con grande sol– lievo di nostra madre, abbandoniamo tut– to quello che avevamo insinuato di chias– soso e vistoso nel nostro vestire: nel ve– stire come nel contegno e nelle abitudini cerchiamo un'infantile semplicità. Passia– mo pomeriggi straordinari col nuovo a– mico; non siamo mai sazi di parlare e ascoltare. Ripensiamo stupiti alla nostra breve amicizia col primo della classe, che abbiamo smesso di frequentare: stare col primo della classe era così faticoso che alla fine ci sentivamo i muscoli del viso irrigiditi dallo sforzo di ridere falso, e un bruciore alle palpebre, un pizzicore alla pelle: era faticoso dover fingere ma– lizie, inghiottire confidenze, scegliere di continuo fra le nostre parole quelle poche che potevano essere destinate al primo della classe; stare col nuovo amico è un benessere, non abbiamo niente da .finge– re nè da inghiottire e lasciamo fluire li– bere le nostre parole. Anche gli confidia– mo i nostri vertiginosi sospetti rjguardo all'esistenza: e allora ci racconta stupito che ha gli stessi sospetti anche lui: « ma tu esisti? » chiediamo, e lui giura di esi– stere; e siamo infinitamente contenti. Ci rammarichiamo col nostro amico di essere dello stesso sesso, perchè ci sarem– mo sposati se fossimo stati di sesso di- . . verso, per poter ~tare sempre 1ns1eme. Non avremmo avuto paura uno dell'al- , ' ' . tro, ne vergogna, ne orrore: cosi inve- ce resta un'ombra sulla nostra vita, che adesso potrebbe ~nche essere felice: il non sapere se un giorno una persona dell'altro sesso ci potrà amare. Le persone dell'al– tro sesso ci camminano accanto, ci sfio– rano passando per strada, hanno forse dei pensieri o dei disegni su di noi che non potremo mai sapere; hanno in mano il nostro destino, la nostra felicità. C'è fra loro forse la persona che va bene per noi, che potrebbe amarci e che noi potremmo amare: la persona giusta per noi; ma dov'è? Come riconoscerla, come farci ri– conoscere nella folla della città? In quale casa della città, jn quale punto della ter– ra, vive la persona giusta per noi, in tutto simile a noi, pronta a rispondere a tutte le nostre domande, pronta ad ascoltarci all 'infìnito senza noia, a sorridere dei no~ stri difetti, ad abitare per tutta la vita con il nostro viso? Che parole dovremo pronunciare perchè ci riconosca tra mil– le? Con1e dovremo vestirci, in quali luo– ghi dovremo andare per incontrarla? Tormentati da questi pensieri, soffria– mo d'un'immensa timidezza in preseriza delle persone di un sesso diverso dal no– stro, nella paura che una di loro sia la 25
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