Terza Generazione - n. 0 - agosto 1953

nerazione » ha significato in positivo per la presa di coscienza dei giovani dopo il 18 aprile. È stato un primo sforzo di vita autonomo, di autoqualificazione, di ricerca di atteggiamento sulla via dei veri problemi. Intorno a questa formula in– fatti si è ottenuto quel tanto di unità della gi,oventù, che ha consentito di par– lare di una dimensione politica giovanile ben diversa nelle sue posizioni dallo schieramento delle forze « legali » dei partiti nel paese. Tuttavia non bisogna nascondere il ro– vescio della 'medaglia: quante . reticenze sono state obbligate, con quanto ecclet– tisn10 ed improvvisazione si è cercata una piattaforma giustificativa, quanti ta– bù si sono dovuti venerare. La « terza generazione » è stata, tutto sommato, una cosa difficile, un fatto ristretto ai gio– vani che avevano studiato, un fatto che non è riuscito ad uscire dal gioco di ver– tice e di parte: la « solidarietà giovani– le » giunta nelle fabbriche e in campa– gna è stata soltanto un fatto associazioni– stico clericale o rivendicativo social-co– rnunista. Nelle federazioni giovanili dei partiti del centro-democratico, come di quello neo-fascista, il fatto « terza generazione » si è risolto in una lotta all'interno dei partiti, ristretta nell'ambito di questi,· nel movimento giovanile democratico-cristia– no questa tentazione è stata superata ed è stato visto un orizzonte più vasto (il partito come mezzo e non come fine), ma si è poi falliti di fronte all'elaborazione di una linea politica e organizzativa con– seguente, presi tra l'incudine della po– litica del partito di governo e il martello dei fermenti sinceri, ma culturalniente e socialmente poco chiari, del mondo gio– vanile cattolico. Ovunque, all'insufficien– za di atmosfera morale e di prospettiva politica, e alla diseducazione del tattici– smo dei partiti, non si è trovata altra risposta che il « giovanilismo ». Se quest'azione dei movÌ7nenti giovanili ha avuto la sua validità tra il 18 aprile '48 e il 7 giugno '53 per conservare attivamen– te delle energie, per mettere alla prova l'ideologia dei partiti con la problemati– ca dei giovani e del futuro, e per rom– pere la vecchia tradizione che pensava i movimenti gi,ovanili co1ne semplice stru– mento di propaganda delle soluzioni pro– grammatiche e tattiche dei partiti tra i giovani - bisogna però vedere, nel 7 giugno e nell'incertezza che lo ha seguito, la scopertura dei limiti illusori di que– sta esperienza e la necessità di un deciso superamento. Il limite dell'esperienza della « terza ge– nerazione » sta certo nel fatto di esser na– ta all'ombra e dentro i termini ideologici e organizzativi dei partiti storici, i quali ormai si pongono sempre più come am– biti totali, con la pretesa cioè di esauri– re in se stessi tutte le istanze della vita sociale. E z limiti di quelli hanno ine– .r_pra)JilftyJ ~n!liczzorl lf os ~(!jtà del tentativo giovanile entro i più o me• no ferrei, ma alla fin fine invalicabili, confini delle leggi storiche dell'ideologia e della struttura organizzativa di ciascu– no. E qualsiasi rifiuto a trarre le conse– guenze da questa constatazione è desti– nato a rilevarsi definitiva illusione. Vano e sterile è, ad esempio, pensare di poter superare l'interclassismo della Democrazia cristiana: esso è una posizio– ne ideologica che corrisponde a un com– pito storico in una detern1inata si tuazio– ne e il giorno in cui l'interclassis111.o fosse superato vorrebbe dire che la Demo– crazia cristiana ha esaurito il suo compito e che una parte del 1nondo cattolico ita– liano ha fatto altre scelte politiche. Così conie vano è pensare di inserire un'ani– n1a liberale nel n1ovi1nento politico prole– tario: il giorno in cui il postulato della dittatura del partito per il proletariato e del modello sovietico venisse meno, il Partito comunista avrebbe cessato pro– priamente di esistere. O pensare a una· funzione della social-democrazia oggi, in un paese come l'Italia, fuori che sul pia– no tattico parlamentare e di governo, in un paese dove sono esistiti dei margini per esperinienti socialdemocratici solo ne– gli ultimi anni di Giolitti, ben da tem– po passati. Vano è tentare di stabilire un'unità della gioventù su un piano politico, con accordi ai vertici di partito: le varie al– leanze e i vari fronti sono sempre falliti; così come i tentativi della Gioventù de– mocratico-cristiana di stabilire, sul piano di un pur minimo impegno politico; una intesa con la Gioventù di azione catto– lica. Anche la Federazione giovanile co– munista che è pure lo stru1nento poli fico giovanile più largo, organizzato e quan– titativamente rappresentativo, non ha tro– vato successo sul piano delle lotte politi– che effettive, ma 1nobilitando i giovani o su esigenze umane profonde, come quelle della pace e della condizione pro– letaria, o sull'esasperazione dei molti pro– blemi irrisolti della vita nazionale. Il 7 giugno ha rivelato tutto questo attraverso il voto della gioventù affaccia– tasi alla vita civile dopo il 18 aprile (ave– vano 14 anni il 2 giugno), voto che si è concentrato sull' estreme. Ma sono in gran parte voti di denuncia, piovuti per assenza; e sostanzialmente vano sen1bra l'affannarsi nella ricerca di un qualcosa da fare per i giovani da parte di chi ha da correre ai ripari o ha da cercare di giustificare un successo superiore ad ogi1i aspettativa. Se quello che abbiamo fin qui detto. aggiunto a quello che tu Ciccardini hai detto, ha qualche verità, la strada non può essere che un'altra: la via di un'au– tonoma iniziativa giovanile che parta gra– dualmente, prin1a con un'azione di co– scienza, di opinione e di sollecitazione problematica di nuove dirigenze, poi con un'azione di iniziative autono1ne ed auto– educatrici, in cui la gioventù si leghi alle questioni insolute e più gravi del paese. E i giovani si udenti si qualifichino non come consumatori di rendite ma come inventori di nuove occasioni in tutti i campi della produzione e del lavoro. Solo così potrà aprirsi la prospettipa, finalmen– te, di un vero incontro con i giova– ni operai per un comune obiettivo di svi– lujJpo delle campagne, a cominciare dalle zone jJiù arretrate. Nella preparazione, nello studio e nel– la realizzazione di una simile linea di svi– luppo nazionale, è possibile che la gio– ventù solleciti il contributo di tutti gli interessi, le forze, le autorità del paese~ dalla cultura alla tecnica, e porti una nuova atmosfera nella vita oggi asfittica della politica. Per questa prospettiva di sviluppo na– zionale, sollecitata del l' esenipio della gio– ventù, io credo che i giovani più pre pa– rati e più sofjeren ti oggi capiranno qua– l' è il valore umano e politico dell'atto eh' essi sono chia111ati a compiere: lascia– re i partiti ai loro problemi, uscire dalla tutela delle etichette ideologiche e dalla copertura di responsabilità gerarchiche e assumere responsabilità in proprio, usci– re all'aperto per cercare le proprie stra– de, tutti insieme. Perchè su tali strade, di impegno umano e civile, è possibile raggiungere l'unità della gioventù, è pos– sibile raggiungerla su un terreno proprio, il terreno della formazione degli uomini e dei cittadini, per imniettere nella storia realtà umane dina,niche che la politica trovi co1ne date e utilizzi sul piano del– le forze e del governo. L'alternativa « qualunquismo » o partiti è un falso dilemma: la via per i giovani è quella dell'inizintiva di sviluppo ed è solo su questa strada oggi che la nuova generazione può fare qualcosa per garan– tire e lo Stato e la società nazionale, ga- rantendo il suo domani. Questo per me è il passo avanti che t deve essere compiuto dopo il 7 giugno: questo significa muoversi per venire in- contro alle esigenze espres~e o inespresse dei giovani e realizzare effettivamente una coscienza nuova e coniune della nuova generazione. Una coscienza che, in man– canza di meglio, si può forse utilmente qualificare di « realmente post-fascista». 2 E per capire questo bisogna sintetica– mente cercar di scoprire il senso della sto– ria recente del nostro Paese. Questo significa, in concreto, porre il problema del significato storico del fasci-– smo, che è certo il fenomeno più impor– tante e specifico della nostra storia nazio– nale in questa epoca di crisi. Accettare ' tutta la storia per ridiscutere tutto, con1- porta il cercare di penetrarne appunta- il senso dell'andamento; e se non pene– treremo il senso intimo del fenomeno sto– rico fascista resteremo pur sempre in una posizione di rifiuto obiettivo, che ci pre– cluderà inevitabilmente la comprensione piena della realtà delle strutture morali, culturali sociali, prodnttive e politiche

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