Terza Generazione - n. 0 - agosto 1953

blema delle generazioni che per natura e storia sono generazioni del domani. È guida di fatti, volente o nolente, di tutta la generazione umana di una fase storica quella parte di essa che si trova per posizione di tempo-spazio a maturare per prima la coscienza della situazione storica dell'umanità, che ha quindi al gra– do quasi di istinto il senso o per lo meno il bisogno determinato della via d'uscita per tutti e quindi affiora anche sensi– bilmente alla massima disposizione a una nuova uguaglianza e libertà. Per questa parte-guida della generazio– ne i vincoli, le determinazioni sociali, le divisioni di classe, di ceto, di cultura, di partito, di nazione o tendono a non esi– stere o esistono sempre più come pura condizione di partenza. Le determina– zioni storiche stesse tra giovani e anziani in quel punto tendono a scomparire per effetto della piena unità di sorte che fa dei giovani e degli anziani una totalità non inseribile nel sistema. Sulla necessità di nuovi tipi di dirigenze La prima cosa di cui gli uomini de– vono oggi rendersi conto è che la co– struzione o la modifica dello Stato è l'ul– ti1no problema che essi devono aver da– vanti, poichè tale ,problema, tra l'altro, continuerà a risolversi in sempre più gra– vi e talvolta disastrosi compromessi, se non si co1nincia a guardare dalla parte giusta e a muoversi nel modo giusto. Pri- 1110 problema che gli uomini devono por– si in ogni momento e in ogni ten1po, ma oggi e particolarmente in Italia con una urgenza che non lascia respiro, è quello della piena manifestazione e mes– sa in movimento delle reali possibilità umane, intellettuali, -morali e tecniche. Ci si pone qui di fronte una realtà sulla quale gravano i limiti di fondo di tutta la nostra cultura fino ad oggi e sopratutto di quelle convinzioni di fon– do, spesso implicite, ma non per questo meno gravemente operanti, che determi– nano il modo del vivere sociale. È dato oggi da tutti per « scontato » che vi siano due soli modi di guardare e di operare nella società: il punto di vista e l'attività del privato e il punto di vista e l'atti– vità del pubblico potere. Questi due fondamentali modi ven– gono ritenuti con1e sufficienti a garantire la pienezza della vita sociale o per lo 1neno non si ritiene che si possa uscire da quei termini. Di conseguenza è dato per scontato, tra le tante altre conse– guenze, che la manifestazione delle pos– sibilità propriamente umane, intellet– tuali, morali, e tecniche sia un dato co– me quelli della natura fisica, qualcosa su cui non si può influire nè positiva– mente nè negativamente i.r:i modo so– stanziale, e che, comunque, è sempre dato per garantito in maniera sufficiente per lo svilupparsi della vita civile. La– s ia.odo <4 p~r~e le i~pijc ·◊nj ):o ofi- he e lé origini s~t'ic&~ cl tatl onv1n- ' zioni, rimane il fatto che esse sono per– fettamente omogenee al tipo di vita mo– derno e contemporaneo e in diretta, ve– rificabile correlazione col dominio sem– pre più ampio dei problemi posti dalle immediate necessità dei cosidetti opera– tori privati e pubblici. Tali operatori hanno infatti davanti ai loro occhi sol– tanto dei fattori produttivi occupati o disoccupati o fanno solo calcoli a breve o lungo termine in modi sostanzialmente aziendalistici, quale che sia il contenuto o la qualità dei fattori e delle merci, dei beni o dei servizi. Ora, fin che si guarda la realtà sociale in.questo modo, è chiaro che non ci si può muovere se non sul– l'i1nplicito falsissimo fondamento che tut– te le reali possibilità umane debbono se1npre coincidere e siano sempre coin– cidenti con quelle che si manifestano in 1nodo spontaneo nel « quadro » della do– n1anda privata o politica e quindi im– n1ediatamente calcolabili. Ora sia gli uni sia gli altri, in quanto operatori, non potranno mai sostanzial– mente uscire dal « quadro » della doman– da effettivamente esistente e, se cerche– ranno di influire sulla situazione gene– rale sotto l'assillo di una crescente in– sufficienza della domanda, lo faranno sempre in termini per lo meno riducibili direttamente a quelli aziendali, ossia cer– cheranno soltanto di sollecitare la do– manda e modificarla secondo le proprie necessità più urgenti. Fin che le cose ri– n1angono in termini che possono appa– rire accidentali (anche se gravi) e tran– sitori (anche se dopo fatica e sacrificio) la convinzione generale rimane ferma al concetto statico e fisicamente determini– stico sulle possibilità umane, come si è detto sopra. Ma di fronte alle situazioni crescenti di depressione strutturale della vita produttiva, di fronte a stagnazioni che perdurano al di là di ogni limite consentito dalle leggi di mercato tipico e che tendono quindi a divenire perma– nenti, di fronte al rovesciamento di aree sempre più vaste del mercato mondiale e al loro unificarsi entro l'economia pia– nificata dei paesi comunisti, il limite di quei convincimenti sopradetti diene sem– pre più chiaro e diffusamente cosciente. Tanto è forte però il limite culturale de– terminato da quei convincimenti che con– suetan1ente appare lungimirante e suffi– ciente il tentativo sempre più ampio di rendere stabile l'intervento a carattere, diciamo così, curativo, dell'operatore pri– vato o pubblico per modificare la pro– pria domanda e attivarla artificialmente. Invece di scoprire il sofisma che sta alla base del consueto punto di vista, trascen– dendo quindi i termini reali della situa– zione con un intervento fisiologico e pro– prio, si cercano i criteri dell'intervento sempre entro le visibili necessità imme– diate della domanda. In tal modo non si potrà mai varcarne l'ambito e non si riuscirà mai ad eliminare la causa delle crisi strutturali e delle depressioni strut– turali, in quanto essa, come sopra si è visto, si trova in zone e in realtà che sfuggono al punto di vista dell'operatore privato e pubblico e di tutta la coscien– za umana che in qualsiasi modo accetti– no l'insolubile dilemma « operatore pri– vato - operatore pubblico». Matura così oscuramente, ma in modo sempre più vasto, il senso della onnipresenza del- 1' « elemento sociale » tra gli elementi del- 1' operatore privato e quelli dell'operatore pubblico; matura la necessità della uni– ficazione, della razionalizzazione, del pia– no, di fronte al bisogno sociale dell'at– tività privata e all'interesse sociale pre- i entato dall'attività privata per l'attività ; pubblica. In modo sempre crescente ormai, non solo nella società socialista, ma anche · nella società borghese e in tutte le for– me di società pre-borghesi in qualche mi- sura incluse nei due sistemi, si addossa allo Stato l'intera responsabilità della di– rezione sociale, si dà quindi al governoJ allo Stato, alle leggi, l'intera colpa del 1nancato funzionamento della società e l'intera capacità, di conseguenza, a rea– lizzare il miglioramento o addirittura la trasformazione sociale. In altri termini, poichè il dato umano J è considerato appunto un dato, un qual– cosa di fisso e irreformabile e inespan– di bile e quindi la giustapposta conviven– za dei privati come l'unica forma possi– bile e sufficiente di società umana, i mo- di e i caratteri dell'attuale crisi o della · paccatura della società sono evidenti: dove la direzione sociale diviene irrime– diabile pena di disfacimento di ogni or– dine, si realizza il socialismo, dove gli operatori privati hanno invece ancora la possibilità di sussistere con larghezza, sia · pure addossandosi notevoli carichi sociali.

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=