gia" (2, 1996) riassume a sua insaputa il problema essenziale toccato da questa riflessione sulla cultura studentesca universitaria: "Qualcuno dirà che è piuttosto assurdo cominciare un dialogo con un monologo". La contrapposizione fra dialogo e monologo, la misteriosa cappa magica che trasforma in un soliloquio la precoce vocazione comunicativa di questi studenti, deriva da quella singolare circostanza che impone ai rampolli della nostra élite di esercitarsi, in vista del loro futuro ruolo di tutori dell'opinione pubblica, mediante la simulazione di un'opinione pubblica che non c'è, ovvero che non è messa in grado di esistere. Ciò è tanto più ridicolo quando si considera l'approccio ideologico-militante, espressione di una finta "rivoluzione permanente" diretta dai rappresentanti della conservazione permanente (ricordo il caso della nostra militante-giornalista!). Così i giovani "nuovi", per lo più figli di una media e opulenta borghesia di provincia che, vincente sul piano economico, ha ora incrinato l'antica omo~eneità sociale dei cultori degli studi umanistici, sono sconfitti dalla persuasività di vecchi miti di cui non conoscono i padri;; dall'egemonia culturale di una inattaccabile aristocrazia intellettuale. Ed è quest'ultima che, arroccata nella riproposizione dei propri temi, prima ancora di imporli con tutti i mezzi che ha a disposizione (falsi concorsi e cooptazione per le professioni intellettuali), ha la meglio in quel primo laboratorio ideologico rappresentato dalle riviste universitarie. Ciò nonostante, grazie alle virtù dell'esigente medium della scrittura, l'impossibile coincidenza fra una forma letteraria che esclude i ruolo dell'interlocutore (i monologo) e una in cui consiste l'ideale umanistico della società liberale della comunicazione (il dialogo), fa collassare la retorica dominante delle riviste universitarie. Ritornando al problema iniziale: è possibile scrivere per gli studenti universitari? E, rispetto ai testi delle riviste torinesi, è possibile individuare delle costanti e trarne qualche indicazione? Nelle parole dei protagonisti di oggi "rimane il dubbio che questo benedetto punto di vista giovanile non abbia oggi qualità così significative da diventare og~etto di interesse" ("Zadig", 2, 1992). Più radicale il giudizio di Walter Benjamin sulla generazione alla quale apparteneva: " ... I contemporanei si renderanno lentamente conto del fatto che una gioventù come questa non può essere oggetto di dibattiti culturali, di misure disciplinari e di campagne-stampa denigratorie" (Metafisica· della gioventù). C'è infatti un altro dato da prendere in considerazione, lasciandoci per un omento alle spalle le contraddizioni e la miseria in cui versa lo sfondo sociale e letterario che abbiamo descritto, ed é quello di" una generazione che, presa nel suo complesso, pare destinata a non potersi rappresentare e perciò sfugge tanto alle analisi quanto alle condanne. Per quanto tempo ancora dovrà continuare o oscurarsi e a negarsi la nostra giovinezza? Che cosa potrebbe esserci fuori della normalità e opacità in cui è imprigionata questa nostra generazione? ♦ GIRO D'ITALIA UNA BIBLIOTECA A PALERMO I·Draghi Locopei "I Draghi Locopei" è un'associazione culturale di l;_iovanipalermitani. Questo è il loro documento di fondazione. ♦ La città di Palermo vive nella quasi totale assenza di spazi pubblici. Quella che è una caratteristica di tutte le metropoli moderne, e cioè appunto la sparizione progressiva dello spazio m cui l'individuo possa -pubblicamente incontrare l'altro, nella nostra città si intreccia con mille altre disfunzioni e si amplifica fino a lasciare insoddisfatte esigenze elementari e a rendere la "normalità", la possibilità di "vivere dignitosamente" mete dell'agire politico piuttosto che suoi punti di partenza. L'Università, città nella città, condivide le medesime disfunzioni, soffre le medesime mancanze. Gli spazi vitali, spazi di studio, di relax, per fare sport, per incontrare gli altri in città e nell'ateneo sono di fatto quasi inesistenti. Trasformare le parrocchie in centri sociali di quartiere, creare strade pedonali, affidare la gestione dei monumenti alle scuole, inventare luoghi per un commercio ed un consumo senza sfruttamento, promuovere iniziative ricreative culturali a basso costo, questi gesti diventano, in un contesto come il nostro, strumenti insostituibili dell'affermazione di modi di vita radicalmente diversi dagli attuali, di pratiche sociali consapevoli dell'importanza che assume per ogni individuo la possibilità di incontrare gli altri, di intessere relazioni di confronto, di scambio e di condivisione. Un amico, Claudio Gerbino, - la cui scomparsa ci lascia tuttora quasi increduli ma al tempo stesso motivati alla prosecuzione di questa ricerca profonda di nuovi modi di vita - ci ha accompagnato, negli ultimi anni, in una esperienza di apertura e costante salvaguardia di spazi all'interno dell'Università. Inventare giorno per giorno un modello di gestione e di convivenza all'interno di alcune biblioteche ed aule della Facoltà di Lettere e Filosofia ha rappresentato per noi e per Claudio (insieme a tanti altri) la risposta all'insopprimibile esigenza di uno spazio pubblico in cui vivere insieme la condizione di studenti alle prese con esami e lezioni, ma anche quella di esseri umani con le nostre ~hiacchierate, i nostri ozii, i nostri pasti comuni ... La ricchezza di sensazioni, idee, conflitti, bisogni e progetti che questa esperienza continua spontaneamente a produrre ci spinge adesso a crearne una nuova, fisicamente fuori dall'Università, ancora una volta con l'aiuto di SUOLE DI VENTO
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