sensibilizzati dalla questione, colle&amenti con analoghi comitati sorti in altre zone della città, incontri coi sindacati, con assessori, con l'allora sindaco Lo Vasco, occupazione dell'assessorato alla casa. Niente. Crollo di un edificio di fronte la chiesa di S. Saverio. Due morti. A questo punto, occupazione di una serie di magazzini, appena ristrutturati, di proprietà del comune, adibiti impropriamente ~d abitazioni, quanto meno sicure. Si faceva intanto sempre più consistente l'esigenza di creare un luogo di incontro per le donne. Lo "Spazio donne" era solo all'apparenza un gualsiasi corso di taglio. e cucito attorno al quale, in quanto tale, si raccoglieva tre volte la settimana un nutrito gruppo di donne del quartiere (ma non solo), ma era diventato, via via, luogo di accesi dibattiti, di apprendimento. Là incontri sulla prevenzione dei tumori femminili. O incontri con donne popolane, familiari di vittime anche mafiose, che avevano rotto però il muro del silenzio. O sul diritto di voto. O sui rapporti con gli uomini e con i figli... In seguito a questa esperienza è stato realizzato un corso di tecniche varie di pittura e stampa su stoffa, finanziato dalla Comunità Economica Europea, con l'intento di professionalizzare e organizzare un gruppo di artigiane. Alcune di queste hanno aperto un negozio, altre insegnano le tecniche apprese in alcune scuole, altre cuciono e dipingono paramenti sacri e tunichette (un giro d'affari che promette bene). Ormai da anni è in funzione una trattoria, "Il vicoletto", gestita da una cooperativa di giovani del quartiere, su impulso di padre Cosimo Scordato, sottinteso ideatore, assieme ad altri collaboratori, di quasi tutte le attività del centro sociale. Da circa due anni esiste anche "Albergheria viaggi" che, oltre a funzionare come una normale agenzia di viaggio, ha soprattutto l'intento di guidare grufpi di visitatori all'interno de quartiere, alla scoperta di lati immeritatamente sconosciuti della città, ma in special modo del lato antropologico del quartiere, dei suoi artigiani nascosti, della sua vita sommersa. Centinaia le visite di scolaresche e di gruppi di turisti, italiani e stranieri. Altre iniziative, pure varate, hanno avuto vita breve ma l'idea di riattivarle non è stata abbandonata del tutto. Fra queste la riapertura del cinema Edison e la cooperativa per pulire chiese (chi l'ha detto che deve essere un lavoro fatto gratuitamente dalle sole pie donne?). In collaborazione con il Ciss (Cooperazione Internazionale Sud-Sud) è stato finanziato un progetto a favore del "movimento dos meninos-as de rua" in Brasile, e uno scambio internazionale fra operatori "di strada" provenienti da varie parti del mondo. In collaborazione con la facoltà di magistero è stato realizzato un corso biennale per "educatori di strada". Iniziate e poi fermatesi nel tempo (per la difficoltà del lavoro, per la poca disponibilità numerica delle forze in campo, per la notevole energia richiesta, per la difficoltà "caratteriale" dei soggetti in questione) le attività con gli zingari, con gli ex-detenuti, coi detenuti in semilibertà, coi ragazzini già protagonisti di vicende di carattere penale e affidati al centro in sostituzione della carcerazione (attività, queste, come anche la lotta per la casa e lo spazio donne) realizzate grazie alla stretta collaborazione con il distretto socio-sanitario. Che bilancio tracciare a dieci anni di distanza? E con quali criteri? Centinaia di persone si sono avvicendate in questi anni, in qualità di responsabili, operatori, educandi, di protagonisti o di semplici fruitori, e certamente pensiamo che l'avere vissuto assieme queste esperienze abbia in qualche modo lasciato un segno anche in quelli che non sono più con noi, che hanno percorso poi tragitti simili autonomamente, o anche tragitti diversi. I nostri tentativi sono stati volti a creare una mentalità non attendistica, propositiva, capace anche di tradursi in attività di carattere economico. A parte i casi riusciti citati prima, in questo campo, ovviamente; le occasioni di lavoro da noi proposte, incommensurabilmente impari, dal punto di vista remunerativo, rispetto a quelle illegali (contrabbando, toto nero, ricettazione, pizzo, spaccio) sono risultate di certo poco allettanti. Di fronte a sperimentate fonti di guadagno di genere mafioso e paramafioso ci siamo spesso sentiti imJ?otenti a cambiare le sorti d1 vita di singoli ragazzini, ormai già "formati" a questa "scuola", e le alternative da noi proposte ci sono apparse troppo deboli e improponibili, ma non abbiamo trovato altra strada che riproporle, rispondendo forse solo a un'esigenza etica nostra più che a una reale esigenza di mutamento da parte dei soggetti in questione. Spesso (per errori nostri? Perché non era possibile fare altrimenti?) "noi" e "loro" siamo rimasti scompartimenti separati, o quanto meno troJ?- po differenti. Non c'è dubb10 che l'obiettivo di una partecipazione dal basso della sente secondo la formula che c1eravamo proposta "un quartiere a servizio del quartiere") non è stato raggiunto, e la gente ha mantenuto essenzialmente un atteg~iamento di fruizione di servizi piuttosto che diventare protagonista del suo riscatto. Il nostro tentativo di creare un atteggiamento di rivendicazione collettiva dei propri diritti ha rischiato di essere travolto all'improvviso quando, per fare un esempio, il comitato di lotta per la casa è stato fatto oggetto d'attenzione da parte di alcuni politici che intendevano riproporre l'atteggiamento classico di "padrinismo" e di "figlioccismo". Il lavoro coi bambini, dopo il taglio delle convenzioni pubbliche, è stato affidato esclusivamente a operatori volontari. La mancata retribuzione da un lato seleziona gli operatori, facendo sì che quelli rimasti siano ben motivati, ma dall'altro ha causato l'esodo di operatori validi che hanno dovuto trovare un lavoro in altri ambiti. Abbiamo così dovuto fare i conti con la discontinuità dei laboratori di animazione affidati a un volontariato fluttuante, a cui non si poteva chiedere un impegno continuativo e più consistente. Il lavoro intrapreso con i ragazzi a rischio ha evidenziato quanto sia difficile, talvolta quasi impossibile, il recupero di ragazzi inseriti più o meno organicamente nell'economia illegale. L'esperienza di più di tre anni in questo settore educativo ci ha insegnato che a un certo livello di
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