La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 17/18 - lug.-ago. 1996

tate sull'intero territorio nazionale al 31/3/96, cioè 248.950 unità. L'indagine quindi - come si evince dalle cifre - assume un particolare significato in quanto riguarda più della metà degli immigrati c_heh~nno chiesto la regolanzzaz1one. In sintesi riportiamo - nella seguente tabella - il numero delle domande distri- ~uite nelle 10 province prese m esame. Come si può notare Roma e Milano sono le province nelle quali è stato presentato il numero maggiore di domande, rispettivamente, 46.049 e 38.319. Se si tiene conto dell'elevato numero di domande presentate a Firenze e a Bologna, si ha una duplice conferma: da un lato di uno spostamento progressivo degli immigrati dal Sud al Centro-nord, dall'altro di una maggiore propensione, per gli immigrati residenti nelle aree del Mezzogiorno, a permanere nello stato di irregolarità; una propensione, va aggiunto, dovuta essenzialmente alle resistenze dei datori di lavoro e al carattere prevalentemente stagionale dell'opera prestata .Se noi dividiamo le domande in tre fasce Nord (Milano, Torino, Genova, Venezia) abbiamo 55.000 domande da confrontare con le 58.000 dell'area centrale (Bologna, Firenze, Roma), mentre nella fascia Sud le domande ammontano solo a 25.000 unità. Siete riusciti a definire le caratteristiche delle domande? Certamente. Da un lato, possiamo affermare che il più alto numero di domande proviene dalle collaboratrici domestiche, numero che varia a seconda delle città dal 30 al 50%, seguite a distanza dalle altre forme di attività lavorative. Dall'altro che nell'ammontare complessivo delle domande sono comprese anche le autocertificazioni, che nelle varie città oscillano in percentuale tra il 6 e 1'8%. Si può quindi stimare che - su un totale di 139.304 domande - quelle autocertificate siano circa 10.000. Una percentuale così bassa dimostra come lo strumento dell'autocertificazione sia servito solo in minima parte agli immigrati per p_oter f~re domanda di re&olanzzaz1one nonostante l'opposizione del datore di lavoro. Evidentemente è prevalsa in molti la paura di ritrovarsi, una volta intrapresa la strada dell'autocertificazione, o denunciati per falsa dichiarazione, e quindi espµlsi, o licenziati, come è avvenuto in numerosi casi. A questa percentuale va poi aggiunta un'altra quota pari a circa il 5% del totale, relativa alle domande di ricongiungimento familiare. In sintesi. L'indagine ha messo in evidenza: le diverse tipologie di immigrati ed individuato il peso percentuale delle stesse in rapporto alla possibilità di fruire della "sanatoria", il numero stimato degli irregolari e il numero delle domande pr.esentate per ciascuna città esplorata. Ora può dirci quale raffronto è possibile fare tra queste diverse grandezze? Se prendiamo in considerazione il numero presuntivo degli immigrati irregolari e le domande di regolarizzazione presentate, la prima osservazione da fare è che i due aggregati sono affatto disomogenei. Da una parte abbiamo un intervallo fondato su stime provenienti da fonti diverse basate su conoscenze approfondite ma parziali del territorio da parte dei testimoni privilegiati; conoscenze numeriche che attraverso una riaggregazione ponderata può essere incluso tra le 200.000 e le 240.000 unità. Dall'altra parte abbiamo le 139.304 domande ufficialmente presentate nelle dieci Questure locali prese in esame. Ne consegue che assumendo i valori estremi dell'intervallo, avremmo, partendo dalla stima più bassa (e quindi nel migliore dei casi), un tasso di adesione all'invito del governo Dini inferiore al 69%; mentre se assumiamo come stima del numero di immigrati irregolari il valore massimo, risulta che meno del 55% degli immigrati era in grado di richiedere la regolarizzazione nel momento in cui è entrato in vigore il Decreto. Comunque vengano letti questi dati, emerge il fatto sconcertante che le strettissime maglie del Decreto hanno lasciato fuori legge tra il 31 e il 45% del totale degli immigrati, ovvero in termini numerici tra le 60.000 e le 100.000 unità. Queste cifre confermano a nostro parere la validità delle critiche ~ià a suo temJ?O e da più parti mosse all'i111ziativa del governo Dini e, soprattutto, alla cultura che lo ha generato. Una cultura che tende a vedere l'immigrato non c_ome persona e pertanto una risorsa ma come soggetto a rischio per la comunità. Tant'è che già in partenza il provvedimento legislativo tagliava fuori dal suo ambito di applicazione una componente notevole della popolazione immigrata (la fascia che abbiamo definito dei "senza diritti"), cioè: i lavoratori autonomi, gli stagionali, gli occupati in Y..QQ.

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