re cinematografico? È l'inventore di un'iconografia. Però questa iconografia è affidata alla pellicola, che è poco più robusta di un'ala di farfalla. Poi è affidata a un circuito, a un modo di essere visto, che è altrettanto fragile, o per lo meno labile. Quindi tutto il cinema è fragile. ( ... ) Guardando un film si ha sempre questa impressione di labilità, di fugacità che è sempre dolorosa". L'altra prassi: il videofilm Ma non voglio andare fuori discorso: mi ero ripromesso di cvi tare discorsi generali: come tutti i docenti della scuola italiana, sono stanco di discorsi, mi escono dalle orecchie, non ne posso più. Voglio solo concludere ricordando il secondo aspetto della prassi scolastica che si avvale del "cinema" (possibilità di prassi, parola magica! Dalla teoria alla prassi! L'insegnante ha sempre interpretato il mondo, ora può passare alla prassi): quella della produzione di un cortometraggio in video. Questa parte è probabilmente meno praticabile dell'altra perché prevede una serie di nozioni tecniche, però vi assicuro che è divertente e per i ragazzi addirittura esaltante. E comunque non è poi così difficile: è più semplice di quello che comunemente si pensa. Primi passi Ad ogni modo: fin dal primo anno di insei;;namento ho girato piccoli film video. I primi orribili (dal mio punto di vista, non per i ragazzi). Ma nonostante la loro rozzezza, i ragazzi si erano divertiti un mondo a inventarli, girarli, vederli e rivederli. Andando avanti sono migliorato anch'io nella gestione e coordinazione del tutto, fermo restando che l'obiettivo in fondo non è quello di fare un film, ma quello di imparare come si fa un film e cosa significhi, e come funziona il montaggio. Per i J?rimi filmetti usavo la tecnica dei film muti: cioè senza audio, ma solo con colonna sonora, e i dialoghi, ristretti all'osso, in forma di siparietti. Solo in un secondo momento, quando mi sono sentito di padroneggiare meglio gli strumenti a disposizione, ho cominciato ad usare il sonoro (in presa dirct_ta) e a far recitare i ragazzi. Per un video di una quindicina di minuti circa sono necessarie circa 15-20 ore, compreso il montaggio che io eseguo con videocamera e videoregistratore sènza nessun mixer (a casa mia, perché per ora pochissime scuole sono attrezzate): come si vede, un tempo limitato che mi ha permesso di realizzare questi lavori anche non avendo il tempo prolungato. Una delle cose più interessanti è la scelta del soggetto: normalmente i ragazzi cominciano col proporre cose ovviamente irrealizzabili, dallo sbarco dei marziani a scuola al film in costume medievale. Una volta resisi conto dei limiti, imparano a fare i conti con le possibilità, a riconoscere il fascino della semplicità e la necessità del "guardarsi attorno", per ricercare nel "quotidiano", che non significa per forza di cose "banale", le storie da raccontare. E imparano lo scarto tra l'idea e la realizzazione. Qui ovviamente sta la parte più difficile per l'insegnante: elaborare dalle idee e dai racconti dei ragazzi una sceneggiatura, rudimentale magari, ma che è indispensabile per pianificare il lavoro. E poi via, si parte. E credo che la capacità dell'insegnante in questo caso stia nel coordinare il tutto, lasciando spazio agli alunni, che comunque sono all'interno di coordinate ben precise che vanno fatte rispettare. Ancora una lista della spesa Non voglio stare a rifare qui l'elenco della spesa dei vantaggi e svantag~i: certo è che le ricadute positive sono notevoli, e c'è ampio spazio per una creatività pratica, fatta di cose concrete, come tenere in mano senza far tremare una videocamera, o, come è successo ai miei allievi, filmare senza esitazioni in piedi sul sedile della Dyanc scappottata mentre il protagonista corre in bicicletta: e poi interpretare un personaggio, dargli il proprio voto e le proprie emozioni, arricchirlo. Rivedersi e vergognarsi, ma sostanzialmente essere contenti del lavoro svolto, e imparare ad amare il lavoro svolto con cura e capacità. E tornare a vedere i film proposti dal professore con un occhio diverso, in grado di cogliere gli aspetti sia tecnici che tematici del film. Concludiamo So bene che di esperienze simili ne esistono diverse, più o meno invisibili. So bene che fare cinema a scuola non è la panacea ai mali della scuola. So benissimo di non aver scoperto la pietra filosofale o quella angolare su cui ricostruire la scuola (al massimo quella su cui inciampare). Ciò non toglie che io sia ben contento di poter partecipare alla discussione sulla scuola con queste mie esperienze, in modo da poter magari essere sì di conforto ad altri, ma specialmente poter intessere un dialogo e sentirmi così meno "triste solitario y final..." Una proposta: la sindrome della rana In un intervento sul primo numero di questa rivista, Guido Armellini scriveva: "Alcuni decenni fa ci siamo abituati a deridere chi parlava dell'insegnamento come di una missione. Certo l'espressione è fastidiosamente retorica, ma bisognerebbe inventarne un'altra equivalente per dare un nome alla testardaggine di chi, senza farsi troppo scoraggiare da una situazione organizzativa, salariale e di legittimazione sociale sempre più deprimente, continua a coltivare nella scuola zone di difesa della qualità della vita e spazi di resistenza contro l'invadenza dell'apparato burocratico. "Beh, 10 avrei una proposta: Chiamerei questa ostinazione "sindrome della rana" (o dello scorpione, non so, fate voi): lo sapete, no?, quell'apologo dello scorpione, il quale le fa notare che se in mezzo al fiume la pungesse, ciò sarebbe illogico perché affogherebbe anche lui; poi, quando sono in mezzo al fiume, inaspettatamente la punge; alla disperata richiesta di una spiegazione da parte della rana, lo scorpione, affogando, risponde: "come era nella tua natura fidarti, così era nella mia natura pungerti". Beh, ecco, c'è gente çhe anche nelle situazioni più deteriorate continua a fare la rana (scorpione, non so). ♦
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