La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 17/18 - lug.-ago. 1996

mio, stanno facendo dei temi! Me ne accorgo con la consueta disperazione. Allora Marta mi chiama e mi chiede se "foca" va scritto con l'acca. Leggo. Marta è ancora in SudAfrica. È andata a vedere non so quale promontorio in cui c'erano delle foche e vuole dire che la pelle delle foche faceva una gran "pussa". Tutti noi siamo lì a fare un tema e Marta è in vacanza in SudAfrica, sente la spuma del mare che in barca le spruzza la faccia, sente ancora la puzza delle foche. Marta va a duecento all'ora, è partita e non ha meta. Noi cerchiamo di andare dal punto A al punto B nel minor tempo possibile, con il minor spreco di energia, seguendo una linea retta, sperando che suoni in fretta la terza campana. Qualcuno beve coca-cola, qualcuno sbocconcella una brioche. Forse non dovrei permetterlo. Scrivono lenti e pigri. So che leggerò le loro frasi disperatamente banali, quello che credono che si debba dire, scrivere in un tema. Lo fanno per mc, in fondo, lo fanno per farmi contento. Marta lo fa per sé, per essere felice. E questa è una differenza grande come il Sud-Africa, come tutta l'Africa e tutto il mondo, una distanza che non so davvero come colmare. Marta non imparerà davvero il latino, né la matematica, né l'inglese, lo sappiamo tutti e soprattutto lo sa lei. Ma forse si innamorerà equesto lo farà esattamente come tutti gli altri suoi compagni di classe, e soffrirà e gioirà di questo, come loro. Su questo non si può mentire. E preferisco, anche se non conto nulla, che lo faccia qui, dove lo fanno altri adolescenti che hanno una mente più rapida e più chiusa della sua, che hanno un'identità più definita e feroce e molto più fragile e aggressiva, che per sentirsi bene giocano ancora il gioco del sano e del malato, il gioco della guarigione infinita che Marta ha smesso di giocare da un pezzo. Marta non imparerà mai davvero il latino, ma uno degli ultimi giorni di scuola ha detto "luporum" e ha detto: "dei lu_pi .- compemento di specicas1one". Ci siamo messi tutti a ridere, poi lei ha aggiunto: "gehitivo, plurale". ♦ SCUOLA Diario di un insegnante di campagna. Sul fare film a scuola Nicola De Cilia Nicola De Cilia insegna in una scuola media del trevigiano. ♦ Le mie battaglie Sono un insegnante di campa~na, sì, ma mi considero un 111segnante di prima linea, perennemente al fronte: Nervesa della Battaglia, Sernaglia della Battaglia, Moriago della Batta$1ia, queste le tappe verso la vittoria. Ultimamente, grazie al mio ardimento e sprezzo del pericolo, ho sfondato le linee e ho gettato il cuore oltre l'ostacolo, oltrepassando d'un balzo le linee nemiche: sono l'avamposto, l'avanguardia alle spalle del fronte: sono infatti in quel di Gaiarine, ultimo comune del Trevigiano, confinante con il Friuli. Ma il brivido eroico del1'avanguardismo comporta tutta una serie di controindicazioni non da poco: cinquanta c~ilo_metri da percorrere ogm giorno non sono pochi, ad esempio. E poi, l'avanguardia può significare anche isolamento: il mio incubo più ricorrente mi vede con l'uniforme giapponese difendere un isolotto nel pacifico_cinquant'anni dopo l'atomica. Ad ogni modo non è detto che io resti a lungo dove sono: come ogni Dop (Dotazione Organico Provinciale) sono a disposizione dei miei superiori per andare a colmare le buche da altri prodotte. Dovunque c'è un torto da raddrizzare, un debole da difendere ... ah no, quella è un'altra storia. Fare film a scuola: c'è prassi e prassi Bene, nonostante i miei vagabondaggi da una scuola media ad un'altra, qualcosa sono riuscito a combinare: anzi l'essere costretto ogni anno da quando insegno (dal 1992) a cambiare sede, mi ha permesso di verificare la bontà delle attività da me preposte in situazioni differenti, con diversi gradi di collaborazione dei miei colleghi e con diverse strutturazioni dei tempi scolastici: tempi normali (si fa per dire), sperimentali (che ormai sono normali), prolungati. Io insegno lettere, ma, corroborato dalle varie circolari ministeriali, ho arricchito le mie già numerose discipline di una sorta di nuova materia, che per ora chiameremo "educazione all'immagine". Si divide in una parte pratica e una parte pratica: no, non è un refuso; è proprio così; semplicemente sono due tipi di prassi diverse. Una parte prevede la fruizione di un film mediamente ogni quindici giorni e una seconda la produzione di un cortometraggio in video. Ma procediamo per ordine. Fare film a scuola: cosa non fare Fare film a scuola non è certo una novità: la debolezza di questa pratica sta però in due punti, principalmente: 1) il film è considerato un sussidio audiovisivo per l'apprendimento, subordinato al testo e quindi privo di una sua autonomia tematica, linguistica e stilistica. 2) Ne consegue che la sua visione è considerata un "evento", nel senso di "eventuale" e assume i tratti della "vacanza": ciò che è "vacante" è appunto l'autonomia del film, e 111 ultima analisi, è il film stesso ad essere vacante. Quindi il film viene fatto vedere nei "buchi", a pezzi, nelle ore di supplenza, a fine anno ecc. ecc. Ora, anche se non esiste una carta dei diritti del film a

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