di un modello precostituito che stiamo cercando di abbandonare. La prima riunione del secondo quadrimestre è da urlo. Isabella presenta e spiega il p.e.p. di Marta agli esperti che cortesemente sorridono. Le declinazioni! I promessi! Le frasette in inglese! Dio, come dobbiamo sembrare carini! Lo psicologo della Usl alla fine, come nelle vecchie riunioni di partito, prende la parola per darci la linea, presumibilmente. La linea è che Marta non se ne fa un cazzo (traduco) di queste cose: dovrebbe imparare qualcosa di preciso (traduco: un gesto ripetitivo) per essere inserita nel mondo del lavoro (non c'è bisogno di traduzione). piange, urla e, come sempre, prega. Urla Marta, urla come Lucia! La prendo per il braccio, lei ride e urla, urla proprio come Lucia, anzi meglio, molto meglio: perché Lucia piange e sviene; Marta invece ride e io non mi sono mai divertito tanto, con q:1el noioso romanzo, come ogg1. Forse ho anche capito qualcosa. Quello che ci manca, qui, è il corpo. Vi sembrerà una sciocchezza, come essere senz'ombra sembrò all'inizio una sciocchezza a Peter Schlemihl, ma provate voi a vivere Ma allora non capisco perché è partito il progetto: parcheggiarla qui un anno o due? Fare bella figura col capo? Una pubblicazione para universitaria? E il suo sviluppo emotivo? Non era questo il __ _,, progetto? Pensano veramente che vogliamo insegnarle il latino? Gli illuministi opportunisti sorridono. Che possiamo sapere noi, che stiamo con Marta tutti i giorni mentre loro si massacrano di riunioni di questo tipo? Però mi alzo e me ne và'do. Lo psicologo si lamenterà e mi hanno riferito che anche l'assistente sociale mi ha trovato un po' - ma solo un po', per fortuna - maleducato. Per uscire devo passare davanti all'aula della nostra classe, la porta è aperta, la luce è accesa. C'è un banco in prima fila un po' isolato da tutti ~li altri. Maledizione, lo so, è il banco di Marta: anche quelle della "manutencoop" ormai lo lasciano così. Isabella non c'è oggi, faccio un'ora con Marta fuori classe, in biblioteca. Siamo noi due, soli; ogni tanto il professor bibliotecario fa un giretto, ci fa qualche domanda e se ne va. Dobbiamo leggere un capitolo dei promessi, la prof di sostegno ha preparato tutto. C'è un bel testo ridotto, ingrandito, con delle illustrazioni. Si rapisce Lucia, oggi. E allora mi viene in mente mio figlio, quanqo gli leggo le storie la sera, e imito le voci. Quella cavernosa e volgare di Nibbio, quella chioccia e sottile di Lucia. Lucia che più di duecento mattine all'anno senza il vostro corpo. Se duecento mattine vi sembran poche. "Gli oppressi/ sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli/ parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso/ credo di non sapere più di chi è la colpa." È sabato, siamo a fine aprile, tre ore di compito in classe di Italiano. La prova principe e la prova più ambigua, più amata e più detestata. Non ci sono confini, poche regole: qualche sicurezza grammaticale. Altrimenti restano i rifondatori del "fuori tema". Piove. Non sapete quanto piove a Bologna e per quanti mesi il colore del cielo non ha una minima variazione dalle otto del m~tti!10 alle quattro del pomengg10, quando se ne va altrove, per sua fortuna. Tra i titoli ho messo anche questa poesia di Fortini. Abbiamo parlato per una ventina di ore di poesia, nel modo più selvaggio e leggero possibile, per non farla odiare più di quanto già non lo sia. Certo, non di quella poesia, ma di poesia si, abbiamo parlato. So bene che Traducendo Brecht può essere considerato un testo difficile, ma non pretendo nulla, un commento, un commento qualsiasi. Possibile che quegli oppressi tranquilli e quegli oppressori cortesi non suggeriscano niente? Sì, çerto che è possibile. Sono stanco, mi sono portato un libro di Francesco Remotti, Contro l'identità, ho letto le prime p~ginc in autobus e ho voglia di divorarlo. Ho voglia di considerare le tre ore del tema come tre mie ore libere; tre ore libere, che scrivano. "Nulla è sicuro, ma scrivi". Anche Marta d.eve scrivere: Isabella le ha preparato il suo tema sulle vacanze (è andata una settimana in Sud-Africa, con la mamma, la nonna e il fratello; il padre, quel solido, quasi troppo solido intellettuale campagnolo emiliano di sinistra ha, per fortuna, paura di volare). Marta mi disturba: ogni cinque minuti mi chiama per controllare la grafia di una parola: è giusta o no?, e io alla fine abbandono la lettura del mio saggio contro l'identità: mi conforta il fatto che facendolo, do ragione a quel titolo affascinante. Così sto con Marta e giro tra i banchi, leggo qualche riga: nessuno ha scelto la poesia di Fortini come traccia del tema. Stanno scrivendo delle cosine carine su altri argomenti. Dio Y.QQ.
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