TEATRO Ubu in Bolivia. Teatri lontani sempre vicini Fabrizio Orlandi FelicechiunqHeabbia i propri luoghi della dHrata! Egli, anche se venisseportato lontano senza prospettive di ritorno nel suo mondo, non saràpiù esule. E anche i luoghi della durata non rifulgono di splendore, spessonon sononemmeno riportati sulle carte oppuresono senza nome. (dal Canto alla durata di Peter Handke) ♦ Dire che il teatro è strettamente legato al viaggio è una banalità, dire invece che a volte i viaggi diventano parte integrante della creazione artistica, cuore e motore della formazione politica e culturale dell'attore significa comprendere una parte importante della poetica e dell'esperienza del teatro de Los Andes diretto da Cesar Brie. Si tratta allora di esseri nomadi, sensibili e permeabili viaggiatori, attraversare culture e costumi, confrontarsi, scambiarsi i doni della reciproca conoscenza, ritornare nei luoghi per coglierne i piccoli mutamenti, per lasciare a propria v?lta piccoli segni di passaggio. Il nomadismo di questo tipo può nascere soltanto dalle griglie dei mercati, ai margini della competizione per brandelli di territorio, richiede immensi territori che suppliscano con la loro ricchezza naturale~ u1~1ana_allapovertà economica 111 cui spesso versano. Il teatro dc Los Andes nasce in Bolivia nel 1991, sulla spinta di Cesar Brie. Frutto dell'esilio temporaneo e volontario di questo attore e regista, argentino di nascita, danese prima e italiano d'adozione dopo, e del suo progetto di ripensare il ruolo dell'attore e dell'artista in relazione alla società e all'uomo. A qualche anno di distanza il Teatro de Los Andes, che all'inizio pareva una scommessa ardua e ardita, non solo ha trovato una propria dimensione nella terra boliviana, ma ritorna ciclicamente in Italia e in Europa, quasi a testimoniare l' esistenza e la resistenza di quello che ci piacerebbe chiamare senza retorica un altro teatro. Dalle Ande agli Appennini il viaggio è lungo e costoso, soprattutto per chi non dispone di alcun finanziamento pubblico, ma Brie e compagni lo affrontano volentieri nel duplice intento di guadagnare denaro, valuta estera, che consenta il proseguire dell'esperienza e il suo maggiore radicamento, e di confrontarsi con un pubblico molto diverso, per numero e tipologia, da quello di fronte al quale nascono gli spettacoli. In quello che loro, senza metafore, chiamano il primo mondo si muovono secondo una geografia meditata di luoghi, di persone, nata per lo più negli anni in cui Bric faceva parte dell'Odin Teatret di Eugenio Barba e del Gruppo Internazionale Farfa consolidata poi dalla qualità e dal rigore del suo teatro. Il nomadismo di allora è certamente la scaturigine dell'attuale, anche se la scelta di oggi è più radicale, totale e programmatica. La mappa non è quella dell'ufficialità, quanto piuttosto quella di case del teatro, nelle quali abitare lo spazio e le relazioni ha pari dignità rispetto al fare e all'essere. Il teatro de Los Andes, che attualmente è composto da Lucas Achirico (indio aymara), Gonzalo Callejas (indio quecua), Maria Teresa De Per (italiana), Diego Mattos (boliviano di La Paz), Filippo Plancher (italiano), Isabel Villagomez (boliviana di Cochabam ba), Giampaolo Nalli (italiano), ama giungere nei luoghi, nelle sale, nei teatri e riempirli di una presenza attiva, di una permanenza fatta di gesti preparatori, quotidiani che lentamente, uno dopo l'altro creano il clima nel quale lo spettacolo prenderà vita. Tra loro regna una palpabile armonia lavorativa che avevamo quasi dimenticato, o semplicemente sostituito con le regole e i ruoli del professionismo. Oggetto dopo oggetto si delinea quello che sarà lo spazio scenico, ma anche lo spazio vitale del gruppo per l'intera permanenza. Le prove, gli incontri, i preparativi, le esercitazioni quotidiane, avvengono nei medesimi ambienti che poi saranno dello spettacolo e che lentamente si impregnano delle musiche, delle abilità e degli errori, delle armonie e degli scontri, quasi che i muri fossero sabbia che si carica delle tracce di un campo. Il gruppo è un incrocio di esperienze e di culture differenti, specchio della permeabilità alle influenze, alla conoscenza, agli apprendimenti, pronto a confrontarsi con la contraddittoria e talvolta drammatica realtà di una Bolivia della quale ci giungono soltanto sparute notizie. Nel cuore di questo paese che per Cesar Bric sintetizza molto dello spirito latino americano, come nella migliore farsa, feroci dittatori si alternano a presidenti democratici nel rispetto totale dell'immobilità e del sistema latifondista feudale. Bolivia che ha fatto una rivoluzione nel 1952 e nessuno lo ricorda più, nella quale un partito denominato Izquierda Revolucionaria ha raggiunto il potere e ha distrutto invece di costruire, rubato invece di distribuire. Bolivia che nel crogiuolo degli equilibri mondiali è stata depredata per trecento anni di stagno e argento, contribuendo in maniera determinante alla ricchezza europea. "Bolivia era un luogo dove non si conosceva assolutamente niente, nemmeno di Eugenio Barba e dcll'Odin Teatrct, perciò non si trattava di presentare e far valere un curriculum, così per me era più facile cominciai-e v~ramente come uno sconosciuto in un posto dove nessuno mi aveva mai visto o sentito parlare di me." (Cesar Brie) Il progetto era quello di avere un gruppo misto, che potesse parlare molte lingue, ma soprattutto che potesse ARTE E PARTE
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