tamente fiabesco. Non c'è mito, non c'è leggenda, non c'è dizionario che sia capace di azzerare quanto lo è una favola, per questo c'è nella rappresentazione il carattere della letterarietà, l'insistenza letterale come potenza infantile, che esalta per esempio il mondo della stranezza. Dare letterarietà alla fiaba vuol dire aprire il mondo della stranezza, e questa per noi è una cosa molto importante quando vogliamo creare delle figure, una stranezza che viene recuperata nel teatro che facciamo da sempre proprio attraverso le contaminazioni di cui parlavi, in una certa discontinuità di piani che è il nostro modo di rompere le configurazioni classiche che ha il teatro (penso all'Orestea o all'Amleto). Ci sono dei modi di superare il testo che sono una necessità del nostro modo di fare teatro, e per farlo usiamo diverse procedure alcune delle quali fanno ricorso alle tecniche della retorica: cap_ire come si _può orgamzzare una emozione, una sensazione, come la si può addirittura disegnare andando al di là del significato delle parole e al di là del loro significato poetico. Un altro paradossale nemico da battere è proprio quello del contenuto poetico di un testo ... È possibile auspicare il superamento di un testo anche attraverso altri testi con un lavoro di sovrapposizione, oppure con un lavoro di consumazione, di erosione del testo come abbiamo cercato di fare nel nostro Amleto, dove non c'erano più parole, e Amleto serviva non solo come metafora ma anche come veicolo del senso, ma non vorrei dire senso perché in realtà era una perdita di senso). Come veicolo per dare questa forma al nostro teatro ci sono servite le riflessioni sull'autismo infantile attraverso il libro sul1 'autismo infantile di Bettelheim ... Il problema di Amleto, essere o non essere, è quello del bambino autistico che si pone questa domanda ed è anche quello del teatro che continuamente si pone la domanda essere o non essere, e se essere, come essere. C'era quindi una risposta neutrale non "essere" e neppure "non essere", ma la risposta che sta nella lineetta di tratteggio tra essere e non essere, e questa scelta di neutralità era un modo di superare il testo, e di superare allo stesso tempo la domanda stessa di Amleto. Mi è sembrato di vedere nei vostri ultimi f Pettacoli una particolare attenzione agli archetipi, il tentativo di cogliere i nodi essenziali di una lettura "junghiana" dei temi di fondo dell'esistenza la vita e la morte, l'inconscio collettivo, la vita animale ... Se abbiamo scelto la favola di Pelle d'asino è perché era la più contratta che ci fosse nei suoi significati profondi: il tema dell'incesto vi è centrale e dichiarato, esplicito. Esso è presente anche in altre favole, ma in forma però velata, per esempio in Cappuccetto rosso, mentre qui ci ha colpito molto la totale nudità del tema e ci ha attratti per la sua accelerazione violenta. Così abbiamo lavorato cercando di creare figure che fossero anche loro archetipiche e che comunque appartenessero completamente al bene o completamente al male. Abbiamo cercato di mettere in campo queste due forze in modo netto, in termini di puro contrasto, ed era proprio questo a interessarci dopo l'Orestea, dove tutto era più ambiguo, giocato proprio sulla impercettibilità del bene e del male, della ra$ione, del diritto; mentre qui, per reazione, abbiamo calcato nella messa in scena su figure che sono in qualche modo presenti nella coscienza di ogni persona. Tra di esse quella del padre è la figura più ambigua ma anche la più chiara, spaccata com'è nella dicoto1ma tra bene e male. N elio spettacolo diventa quindi molto importante l'uso degli ambienti, dei costumi, dei suoni. Fino ai tre quarti di esso i suoni sono caratterizzati da una musica che ricorda molto da vicino il rumore, è fatta di fruscii e di brusii, ma poi partono delle musiche che evocano la purezza e che compaiono insieme alla luce, al bianco, all'acqua, a un'idea di purificazione molto calcata nella forma, una purezza che nasce dal ventre della terra. Sì, si tratta certamente di figure junghiane anche se non abbiamo fatto una ricerca di tipo psicanalitico. C'è in voi molta attenzione al mondo animale ma anche all'incompletezza del_l'umano, come m una creazione che non è finita, e nello scambio tra umanità e animalità ancora non equilibrato. Tutto questo è reso da voi mostrando esseri umani come incompiuti, una diversità evidente e che ha il fascino dell'imperfezione, mentre la vita animale è di per sé quasi perfetta, di una bellezza che raggiunge l'astrazione. Voi usate spesso storpi, nani, down ... come siete arrivati a tutto questo? Ancora grazie alla _potenza della fiaba, dove questi mondi vengono sempre a contatto, dove tra di essi c'è confusione, nel senso che gli esseri umani perdono senso, perdono la parola, perdono l'uso del linguaggio, mentre contemporaneamente gli animali cominciano a parlare, a determinare loro i tempi e i luoghi. Di qui Alice che precipita in un ordine che non è disordine ma un altro ordine che appartiene a guesti strani esseri dove o~ni cosa: gli oggetti, i suom, le ambientazioni hanno un terribile peso. Tutte ti vogliono comunicare una cosa molto precisa ed è per questo che abbiamo voluto far deragliare il testo di Eschilo nell'Alice di Carroll con Ifigenia che diventava Alice per dare la p_ossibilità di q~es~o scarto, d1 questo scambio 111 un senso che è molto più felice e più vero rispetto alla nascita del linguaggio. Il tentativo era di trovare una aderenza al linguaggio come se il linguaggio dovesse rinascere attraverso questa sorta di iniziazione, che prevede prima la caduta del linguaggio con il quale siamo a contatto dalla nascita e poi una sorta di guerra iconoclasta al mondo che ci circonda, proprio come un bambino autistico, e infine la rifondazione di una nuova lingua che può anche essere solo a uso privato, fatta di suoni e di mutismi ma che comunque fa nascere una sorta di gioia e una totale aderenza n.ella capacità di nominare, che è nuova e... paradisiaca. Questo avviene attraverso figure anche terribili e mostruose ma comunque all'interno di un universo fiabesco. Viene di qui la scelta di convivere sulla scena con gli animali, non è un uso degli animali, ma è uno stare con loro, un modo di condividere la scena - una scena che può anche essere un luogo di nascita e di delitto, ma comunque un luogo. Qui è anche la scelta corporale degli umani nelle forme più estreme e assolutaARTE E PARTE
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