La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 17/18 - lug.-ago. 1996

Bettin. È cambiato lui, o siamo noi terroni poco "al passo con i tempi"? Vuoi che non sia portato a pensare che si tratta ancora una volta di un problema "loro"? Perché dovrei essere coinvolto? Quando gli uomini si riscoprono fortemente a?partenenti a una "comunità", si accorgono anche di essere Bosniaci, o Serbi, o seFederalismo e no. Una risposta Gianfranco Bettin Vorrei, se possibile, rassicurare Giancarlo De Cataldo: il disagio dei ricchi lasciafreddino anche me, ma non è di questo che parliamo quando parliamo di federalismo. Per me, non è affatto una scoperta recente né una moda. Quando, almeno quindici anni fa, abbiamo promosso le prime liste alternative nel Veneto - alternative ai formidabili blocchi di potere gui dominanti - la scelta federalista era già, per noi, una priorità. Il logorarsi della funzione unificante e del ruolo propositivo nazionale deUo Stato centralista era già evidente, com'era evidente la deresponsabilizzazione che il ricorso allegro alla finanza pubblica e lo strapotere delle burocrazie e degli apparati di controllo centrali promuovevano all'interno delle comunità e delle autonomie locali. Prevedibilissimo, poi, ne era l'esito alla lunga: quando fossero giunti i tempi delle vacche magre, quella deresponsabilizzazione allegramente pagata si sarebbe rovesciata in ulteriore perdita di controllo sulle risorse, sulle scelte, sul senso stesso di una politica nazionale condivisa. Quei tempi sono infine venuti e oggi gli stessi che volentieri sceglievano la subalternità al governo di Roma (che contraccambiava in moneta sonante, sia pure al prezzo di un devastante deficit pubblico) soffiano sul fuoco del deY.QQ_ I farditi, palestinesi, curdi o baschi. E non erano ?aladini di una grande comunità germanica quelli che mandavano gli Ebrei nei campi di sterminio? Non era il senso dell'appartenenza la chiave di volta del loro fanatismo? Io temo questo risco?rirsi "comunità", temo l'irrazionale che può accendere qualunque scintilla, la morte della centramento, del federalismo o della secessione. Ne sono ben consapevole: tutti i giorni li ho sotto gli occhi e tutti i giorni mi ci scontro. Ma cosa c'entriamo noi con costoro? Il nostro federalismo è riappropriazione di poteri e strumenti, di oneri e doveri, di solidarietà e responsabilità da parte della comunità locale. E, a scanso di equivoci, preciso che la "comunità" alla quale pensiamo è costituita di tutti coloro che vivono, da sempre o da un giorno, su un dato territorio, qualunque sia il colore della loro pelle o l'accento della loro lingua. Il foedus, il "patto" a cui pensiamo, non è tra i discendenti dei Celti e l'attuale sovrano di Roma. Ricentrare su una tale comunità l'onere e l'onore delle scelte da compiere in base alle risorse disponibili, nel quadro di una solidarietà tra regioni che condividono il medesimo contesto nazionale, rappresenta a mio parere una straordinaria e forse ultimativa opportunità per ricostruire la forza e le ragioni della democrazia italiana e per radicarla più profondamente nel paese. La specifica "ingegneria" istituzionale necessaria a tale operazione è, com'è noto, oggetto di discussione. Per chi,'come il sottoscritto e come molti che a Nord hanno agito e pensato criticamente, duramente confliggendo con la classe politica a lungo egemone e col blocco sociale pietà, gli eccessi di sicurezza. E poi, quando sento parlare della necessità di dare risposte immediate al disagio del Nord-Est rabbrividisco: il disagio dei ricchi ha il potere di lasciarmi del tutto freddo. Fine dello sfogo, affidato a una lettera perché la mia natura di non-politico mi impedisce di articolare un discorso meno rapsodico. ♦ che la sosteneva, la scelta federalista ha comunque questi grandi contenuti e obiettivi. Non è per niente un 'attesa "messianica", la nostra: solo la ricerca dello strumento più efficace per realizzare obiettivi - tra i quali una nuova e vera solidarietà nazionale - e favorire un 'evoluzione democratica che vada nel senso di una più ampia partecipazione e responsabilizzazione dei cittadini. A mio parere, questo vale anche per il sud. Lo scriveva già all'alba del secolo Gaetano Salvemini: "Appunto perché bado alle necessità dell'Italia meridionale sono federalista ... La fine delle camorre amministrative meridionali non si·può ottenere in alcun modo dall'opera del governo centrale, ma deve essere il risultato dell'iniziativa risanatrice locale. Il governo centrale dovrebbe occuparsi della politica estera, politica monetaria, legislazione civile, criminale, commerciale, insomma dovrebbe esercitare solo quelle funzioni di indole generalissima che interessano tutte le collettività. Lasciate alle regioni e ai comuni tutti i loro denari all'infuori di quelli che sono necessari al governo centrale per compiere le sue funzioni di interesse nazionale e allora, solo allora, le spese si ripartiranno egualmente". ♦

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