La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 17/18 - lug.-ago. 1996

rità e quasi alla solitudine. Lo dice anche il proverbio che chi fa da sé fa per tre. In nome del paese snello ed efficiente si è giunti alla conclusione che meno si è meglio si sta. Un paese già piccolo e rimpicciolito ulteriormente dall'emigrazione del primo e del secondo dopoguerra, cento e dieci ettari fino a ieri coltivati a granoturco e ora comprati da un gruppo di industriali a un prezzo al di sopra di tutti i listini per farne un campo da golf Dalle pannocchie alle buche, dalla polenta al green: e così ci si è accorti di essere diventati improvvisamente ricchi. Questa è la metamorfosi macroscopica, quella che avrebbe un maggior impatto televisivo. Ma i golfisti, checché ne pensino quelli che immaginano tutti i veneti alla guida dell'ultimo modello di Mercedes, sono un ristretta minoranza. Le trasformazioni che più incidono sulla vita della gente sono ben altre, e tutte quasi invisibili. In certe zone del Nordest la modernizzazione è arrivata più tardi che altrove, al punto che non è improprio dire che la rivoluzione industriale insieme a quella del terziario qui ha fatto la sua comparsa solo nel secondo dopoguerra. Allora la quasi totalità della popolazione campava lavorando la terra o prendeva la via del bastimento in cerca di fortuna al di là dell'oceano. Le statistiche dicono che oggi nel Nordest, nonostante il progresso economico, la scolarizzazione è bassissima, la lettura dei giornali a livelli da terzo mondo, quella di libri desolante. Ma il punto non è solo la mancanza di cultura, quanto lo scarso grado di autocoscienza, l'incapacità di verbalizzare ciò che è accaduto o sta tuttora accadendo in profondità, a livello antropologico. Una civiltà, quella contadina, è scomparsa nel giro di dieci-vent'anni, e con essa delle pratiche di vita che si perpetuavano da tempo immemorabile. Famiglie senza più figli, le chiese deserte, il paesaggio sconvolto, i punti di riferimento di un tempo inghiottiti non dal lento evolvere della storia, ma da una cronaca spicciola e miserabile. I due numi tutelari che avevano reso appena accettabili gli stravolgimenti di questa rivoluzione improvvisa sono l'uno morto, l'altro moribondo: il padre-partito, la democrazia cristiana, e la madre chiesa, un tempo la casa di tutti e ora invece trincea di una minoranza che resiste agli assalti. Tutto è stato accettato passivamente, senza alcuna voglia di autocritica, senza diagnosi retrospettive in grado di spiegare il presente e preoccupante stato di salute. Ci si sente magari un po' vittime della storia, imbrogliati dalle situ azioni, contenti di respirare una nuova libertà, eppure ansiosi di trovare un nuovo giogo - la lega, le diffusissime sette, i soldi di per se stessi - sotto il quale procedere sicuri. Mancano una presa di coscienza laica, il ragionamento collettivo sul passato e sul futuro, la ricerca consapevole di nuove strade: Ma qui forse il Nordest non fa altro che condividere, seppure in ritardo e con peculiarità tutte sue, una condizione che è ben più generale. ♦

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