La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 17/18 - lug.-ago. 1996

NORD E SUD Nonostante Bossi: notizie dal Nordest Federica Bellicanta Resto del mondo contro Nordest e Nordest contro resto del mondo. Alzi la mano chi, fuori dall'ormai vecchio e troppo noto Triveneto, non abbia preso in antipatia i narcisisti abitanti di questo angolo d'Italia che stanno sempre a lamentarsi, a parlare di se stessi e dei propri problemi. Imprenditori del Nordest, sindaci del Nordest, modello del Nordest, miracolo del Nordest, rivolta del Nordest, ultimatum del Nordest ... I giornali si scatenano attorno a delle regioni che fino a ieri erano rappresentate nei film, nella pubblicità o nelle barzellette come il regno dei tonti o al massimo dei finti tonti, degli alpini, dei gondolieri, delle servette e delle balie dei ricchi rampolli di quasi tutt'ltalia. E ora questi parvenu del benessere - come li ha definiti Romiti - questi ignoranti della peggior specie - come li ha apostrofati Sgarbi - osano mettere se stessi, la loro ricchezza e il loro pragmatismo grossolano sì, ma efficace, sotto le luci di una ribalta ambigua e insidiosa, che un momento li santifica come eroi e subito dopo li smaschera nella loro goffaggine. Molti sono saliti in cattedra per dire una parola risolutiva sullo strano fenomeno che ha investito questa zona: qualcuno ha evocato spiriti revanscisti che coverebbero fin da Caporetto, altri si appellano ad un'etica calvin;sta insospettabile nella terra cattolica per eccellenza. Convince di più, ma non soddisfa, un libro come quello scritto da Gian Antonio Stella (Schei, Baldini e Castoldi) che, più che dare interpretazioni, stila un brillante inventario delle merci prodotte in Nordest. Una quantità esorbitante di oggetti che Stella rende in tutta la loro pesante fisicità tramite cifre e percentuali da primato. Sono proprio gli oggetti - comuni come gli occhiali e le biciclette o insoliti come le giostre da luna park - a ritagliarsi la parte da protagonisti. Appena comprimari sono gli imprenditori, mentre su uno sfondo opaco, a una sola dimensione, rimangono coloro che li fabbricano veramente, gli operai insomma. Le donne poi non rientrano neppure nel copione scritto da Stella (e vien da chiedersi quale sia il loro posto nel sistema produttivo più celebrato del mondo). L'impressione è che chi ci sta dentro a questa terra dei miracoli non riesca a conquistare un punto di vista sufficientemente equilibrato ed obiettivo e che al contrario chi sta fuori soffra di miopia a causa di un'eccessiva distanza. Per questo quelli che seguono sono solo piccoli aneddoti seguiti da un commento quasi scolastico, storie minime, chiacchiere rubate dalla strada che tuttavia potrebbero portare un pezzettino in più al puzzle del Nordest. Sempre che l'insofferenza e l'antipatia non abbiano già fatto piazza pulita della voglia di comprensione. In una città del Veneto, durante una recente riunione tra cittadini e parlamentari, un' onorevole eletto di fresco nelle liste leghiste stava illustrando la sua idea di federalismo, argomento ormai più popolare dei discorsi sul calcio o di quelli sulle donne. Il suo ragionamento evocava il principio delle scatole cinesi: « Decentramento - sosteneva l'onorevole - non significa solo autogoverno delle Regioni, perché anche le Province e i Comuni hanno diritto a un certo grado di autonomia, in grazia delle specificità del loro territorio». A quel punto un signore tra il pubblico ha alzato la mano e ha chiesto: «Cosa intende fare, onorevole, per l'autogoverno del mio quartiere? E per la specificit~ della mia via? E per l'autonomia del mio giardino?» Che l'uomo sia ciò che mangia, che l'essere sia molto spesso una derivazione del fare non è propriamente un'idea moderna. Uno degli ultimi ad averlo sostenuto con fermezza e sistematicità è un tale Karl Marx che concel?iva la sovrastruttura (ideolog1coculturale) come una semplice epigenesi della struttura (economica). Ebbene questa idea semplice semplice trova forse conferma anche nella situazione del Nordest. Nel libroinchiesta Schei l'inviato del Corriere della sera Gian Antonio Stella scrive che in questo paradiso della J?iccola impresa non si fabbricano semplicemente prodotti, cose. oggetti ma tipologie di articoli specializzate a tal punto da suscitare, nel lettore ignaro, un moto di incredulità. Nessuno produce più scarpe sportive o da ginnastica, ma scarpe da trekking, diverse da quelle da alta quota, diverse ancora da quelle da roccia o da caccia o da rally africano. Se a Montebelluna, la capitale del settore, entri in una fabbrica per chiedere un paio di scarpe da calcio ti ridono dietro, perché non si fanno più scarpe da calcio ma da portiere, terzino o centrocamJ?ista. Ebbene questa razionalizzazione produttiva spinta al massimo delle sue possibilità insieme ai correlati miti del1' efficienza e della specializzazione, della velocità e dell' ordine, sono stati tradotti in politica, che è per definizione il regno del disordine e dell'approssimazione. Chi fa scarpe differenti per terzini e centrocampisti non ammette di essere amministrato secondo gli stessi parametri utilizzati per la Sicilia o per l'Umbria. Se sono speciali le scarpe, figurarsi gli uomini. Ed è qui che gli abitanti del Nordest si spaccano. C'è chi, alla Cacc1ari, riconosce la diversità tra terzini e centrocampisti, ma non ne fa una questione di valore e non stabilisce nessuna gerarchia tra i due ruoli. E chi, invece, ritiene che l'uno sia più utile o dignitoso o comunque migliore dell'altro: è quell'ampia fascia che va dai leghisti moderati a quelli ultra secessionisti fino a un incredibile (ma vero) partito austriacante. C'è in giro un'ansia di ridurre, omogeneizzare, rendere uniforme in nome di uno strano diritto alla singolaVOCI

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