La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 17/18 - lug.-ago. 1996

to persone, idee ed esperienze. Ma poi, chi opera m questo senso, in quale luogo trova radicamento e linfa? Qual'è lo spazio per un proprio respiro lungo, per la riflessione e la quiete? Si può vivere senza confini? Un altro nodo irrisolto riguarda la questione dei confini tra gli stati, dei confini tra le persone, dei confini interni a ciascuno di noi. Alex ha battagliato tutta la vita contro i confini e ha creduto in una Europa delle regioni, in cui convivessero pacificamente culture diverse negli stessi territori. Nei "Dieci punti per la convivenza interetnica" ha scritto:"Deve essere possibile una realtà aperta a più comunità, non esclusiva, nella quale si riconosceranno soprattutto i figli di immigrati, i figli di famiglie miste, le persone di formazione più pluralista e cosmopolita". E poi aggiungeva: "In simili società è molto importante che qualcuno si dedichi all'esplorazione e al superamento dei confini, attività che magari in situazioni di conflitto somiglierà al contrabbando ma è decisiva per ammorbidire le rigidità, relativizzare le frontiere, favorire l'integrazione". Guardare quello che sta in mezzo alle cose era una delle qualità più spiccate di Alex. Noi però, ora, non possiamo nasconderci quanto fosse difficile quella posizione e quanto gli sia costato lavorare sempre per mantenere i legami tra le cose. E la domanda aperta, inquietante, che ci sta di fr,onte dopo la sua morte, riguarda la possibilità umana, personale, di vivere anche internamente senza confini. Quando uno tenta di assottigliare ali' estremo il confine tra se stesso e gli altri, quando uno si rende disponibile all'apertura all'altro, come Alex ha fatto senza remore, la sua vulnerabilità diventa a~s~luta. Allora anche questa c1 s1 presenta come una eredità difficilissima da accogliere. Come lottare radicalmente contro i confini e al tempo stesso ammettere e accettare il fatto che tutti noi abbiamo bisogno di confini. Confini che continuamente mettiamo, e che forse dovremmo imparare a rendere meno rigidi, più flessibili, con la possibilità di alzarli e abbassarli, spostandoli di continuo nelle diverse situazioni. Credo che Alex, a un certo punto, non sia più riuscito a proteggere la sua sensibilità. Non sia più riuscito a mettere quel confine che forse avrebbe potuto _proteggerlo, permettendogli di continuare nella sua vita e nel suo impegno. Rivolgendosi a San Cristoforo, in un testo ormai famoso, Alex racconta del possente Cristoforo che si è trovato a dover trasportare al di là di un fiume un bambino. Quel compito apparentemente era semplice, ma quel bambino era Cristo, e dunque il compito era sovrumano. Rileggendo ora quel testo mi domando se quel bambino, così difficile da portare sulle spalle, non fosse per Alex anche se stesso bambino. La sua autobiografia essenziale comincia con la frase: "Perchè papà non va mai in chiesa?" E subito dopo racconta di lui, solo, bambino tedesco in mezzo a italiani. C'è solo un altro bambino tedesco nei viaggi in autobus fino alla città che lui racconta, e il piccolo Alex sente sulla sua pelle il peso della discriminazione. Quell'infanzia, l' esperienza di una convivenza così difficile nella sua terra, faceva sì che quando Alex parlava delle contraddizioni interetniche non era mai ideologico, non semplificava mai le posizioni. Anche rispetto alla suerra nella ex Yugoslavia, fmo all'ultimo Alex, pur condannando con asprezza i crimini di chi aggrediva gli inermi, si è rifiutato a qualsiasi schieramento. Pensava sempre solo a chi avrebbe potuto far comunicare, dopo la guerra, persone che sono arrivate ad odiarsi a livelli così estremi. Ed anche questa ci si presenta come contraddizione insoluta. La creazione come frutto di un incontro e di una intesa Infine, poiché Alex amava molto le storie, voglio concludere questo ricordo con una immagine mitica che mi ha fatto pensare a lui. Nel Popol Vuh, il libro sacro degli antichi Maya, il creatore non è uno, sono due. E creano le cose del mondo in un modo molto particolare. Stanno vicini, si guardano, e quando i due creatori pensano nello stesso istante la stessa cosa, in quel momento ciò che era stato pensato prende corpo e vita. Così nascono cielo e mare, stelle, foreste e animali. Quest'idea che è la compresenza del pensiero di due esseri a creare le cose mi ricorda molto Alex, la sue volontà di connettere, il suo spirito creativo. Mi ricorda il suo desiderio di essere ponte. Di incarnare del ponte quella linea leggera che regge il peso delle pietre in virtù della sua curva, grazie all'intuizione di una forma e di un azzardo. Mi ricorda la sua esigenza di essere li al momento della prima costruzione, sper.tndo sempre di non dovere rc~tare, so~nando s~mpre di proseguire ti viaggio. Ma l'antica storia Maya non finisce qui. I due creatori creano infine gli uomini, impastandoli con la farina di mais. E gli uomini si trovano ad essere dotati di straordinari poteri: sanno vedere oltre l'orizzonte, sanno vedere oltre il tempo. Sono uomini che possono tutto. Allora, come spesso capita, i creatori si spaventano di ciò che hanno creato e decidono di mandare della polvere sottile negli occhi degli umani per limitarne la vista, così che non possano vedere tutto, non r,ossano sapere cosa c'è oltre il tempo. E infatti da allora, come ben sappiamo, noi uomini vediamo solo fino all'orizzonte e non conosciamo nulla del futuro. Ho visto gli occhi di Alex sempre più arrossati nell'ultimo anno della sua vita, come avesse voluto sfidare il dolore di quella polvere che ci limita nello sguardo e nell'ascolto. E forse la più 1;>rofonda eredità che Alex c1 lascia è proprio questa, la più essenziale: l'invito a continuare a guardare e ad ascoltare. Continuare ad ascoltare, ascoltare .... ♦

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