La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 17/18 - lug.-ago. 1996

MEMORIA Sette difficili eredità. Alex Langer, un anno dopo Franco Lorenzoni È trascorso un anno dalla morte di Alex Langer e più trascorre il tempo più risulta evidente il vuoto lasciato dalla qualità e particolarità del suo operare politico, della sua capacità di interrogarsi in profondità sul nostro tempo, operando. Molte sono le eredità che Alex ci ha lasciato, e ogni eredità è un lavoro interrotto che chi si allontana dal mondo ci invita a continuare. Per ·questo accogliere una eredità non è mai una cosa facile. Molte eredità di Alex ci si presentano come nodi irrisolti. Sono eredità difficili perchè contraddittorie, aperte, in alcuni casi laceranti. Credo che sia importante ricordare Alex in ciò che ci lascia di interrotto, perchè sento che in qualche modo è lì che è importante sostare. Sostare a lungo. Una memoria attenta ai dettagli e alle relazioni La prima cosa che voglio ricordare di Alex, che ho conosciuto moltissimi anni fa, quando lavoravamo insieme in Lotta continua, è la sua straordinaria memoria. Memoria che non era solo di paesaggi, di volti e di nomi, ma soprattutto di relazioni. Dopo decine di anni Alex si ricordava non solo delle persone, ma delle relazioni che c'erano tra le persone. E per conservare viva questa miniera di ricordi c'era sempre un particolare (talvolta comico o paradossale) che gli faceva tornare alla mente un momento, un episodio. Si ricordava di dettagli incredibilmente precisi riguardo a incontri o situazioni di venti, venticinque anni fa. Desidero ricordare questa sua memoria perchè ci manca e ci mancherà; perchè credo dovremmo stare più attenti anche noi alle possibilità che può offrire una memoria coltivata negli anni con cura e con affetto. Ed è questa la prima eredità di Alex che penso dovremmo continuare a coltivare: l'imparare a stare attenti, più attenti, e a ricordare. Particolarità delle persone e alchimie degli incontri Peter Kamerer, subito dopo la sua morte, ha parlato di Alex come di un "costruttore di costellazioni". È una immagine precisa, che rende bene un gioco che lo appassionava molto; il gioco di quando si divertiva a l?ensare come mettere in relaz10ne tra loro persone diverse, anche lontane: una sorta di alchimia a cui ha dedicato molto del suo tempo. Alex aveva un'agendina che io ho sempre pensato infinita. Edi Rabini ha poi raccontato di questo suo indirizzario personale vastissimo, cresciuto a dismisura negli anni. Questo indirizzario per Alex era una cosa molto viva, a cui teneva molto. Per esempio, quando progettò la Fiera delle Utopie Concrete a Città di Castello, pensò davvero a tutte le persone dell'Europa dell'ovest e dell'est che avrebbe voluto incontrare e che si incontrassero nello stesso luogo. Era il 1988, ma per lui il legame con l'Europa orientale era già da tempo cosa viva e presente. Mi ricordo che una volta, per un lavoro sull'educazione ambientale con insegnanti di lingua italiana e tedesca in Sud Tirolo, Alex mi volle fare incontrare con un pacifista austriaco assai curioso. Anche se non si stava occupando direttamente della cosa, mise una grande cura nel predisporre quell'incontro. L'incontro in verità non funzionò molto bene ai fini del lavoro, e quando glielo raccontai Alex rise. ''Non sempre mi riesce di far incòntrare tra loro le persone che credo si debbano incontrare" - disse -. Ma provarci, ci provava sempre. Del resto quella cura un bel frutto lo diede ugualmente, perchè con il traduttore di quell'incontro, suggerito naturalmente da Alex, poi divenni amico. Del pacifista austriaco parlammo ancora in seguito, e anche in quel caso, come sempre, Alex si appassionò alla particolarità della persona, e ci divertì molto constatare che a tutti e due il racconto che era rimasto più impresso non riguardava tanto le sue attività, quanto il fatto che era il nipote del giardiniere di Francesco Giuseppe. E soprattutto il fatto di come lui narrava di suo nonno, che aveva passato tutta la vita a tentare di dipingere un ritratto dell'imperatore, senza riuscirci. Ecco, era sui racconti dei dettagli che avvenivano per me gli scambi più belli con Alex, per la capacità che aveva di collezionare storie e riuscire a sapere sempre delle persone che incontrava qualche cosa di particolare, di personale. Così, quando tentava le sue alchimie, Alex prendeva in considerazione delle persone qualità che ad altri erano sconosciute. E quando si tratta va di proporre nomi per una iniziativa o per dare vita a un comitato, cosa che Alex ha fatto innumerevoli volte, certamente, da politico, doveva badare a degli equilibri, a rappresentanze da rispettare. Ma, nonostante questo, lui cercava sempre di scegliere in base alle qualità individuali delle persone piuttosto che alla loro appartenenza. Certe volte gli riusciva, certe volte no, ma questa esigenza in lui era sempre presente e assai forte. Amico dello spazio e nemico del tempo Alex ci ha proposto tante volte, negli ultimi anni, lo slogan "più profondo, più dolce, più lento", ma chi lo ha frequentato sa bene come il desiderio di essere "più lento" è condizione di vita che lui non ha mai trovato. In questo caso l'eredità porta il segno di una lacerazione aperta, che in modo drammatico Alex ci ha lasciato. La contraddizione tra la necessaria lentezza, il bisogno di sosta e di approfondimento e l'urgenza dell'agire. Quando si progettò la Fiera delle Utopie Concrete mi aveva colpito come l'idea di conversione ecologica per Alex era l'idea di un cammino, quasi di un pellegrinaggio.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==