La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 17/18 - lug.-ago. 1996

Quelli di "Liberal" e i soliti padroni Rinaldo Gianola Dopo quello di Silvio Berluscom, forse, ci toccherà vedere anche il partito di Cesare Romiti. L'osservazione è lecita dopo aver assistito nelle ultime settimane alla crescente presenza politica del presidente della Fiat. Assieme all'allegra compagnia di "Liberal", un gruppo di amiconi che vorrebbe modernizzare il Paese attraverso una riforma costituzionale finalizzata ovviamente al mercato, Romiti si mette a discutere allo stesso tavolo con Massimo D' Alema e Silvio Berlusconi sulle modifiche alle istituzioni e poi, in un lussuoso albergo di Milano, annuncia la fine del capi talismo familiare (da che pulpito: è un dipendente del più grande gruppo industriale creato e controllato da una famiglia), e sollecita· una mutazione che possa recepire i sacri principi del mercato, della concorrenza, del profitto. Ora, per una rivista che si chiama "La terra vista della luna", non bisognerebbe dare eccessivo peso a questi spettacolini della politica italiana, e nemmeno a queste uscite del presidente della Fiat. A ben vedere, visti dalla luna, questi fatti possono apparire banalità, semplice gioco delle parti. Va però rilevato e compreso questo fenomeno politico suscettibile di rilevanti conseguenze. Romiti, che ha anche i suoi motivi personali per trovarsi un ruolo politico (alla Fiat non durerà in eterno ...), guida in realtà un fronte imprenditoriale preoccupato e minaccioso che, dopo aver fatto qualche sorriso di circostanza alla vittoria elettorale del centro-sinistra, adesso sollecita l'esecutivo Prodi a praticare quello che nella logica Confindustriale è ben sintetizzato da Gianni Agnelli: "Solo un governo di sinistra può fare politica di destra". Gli imprenditori italiani sono con l'acqua alla gola. La ripresa del cambio della lira ha tolto il vantaggio competitivo che era stato garantito dalla svalutazione del settembre '92, la concorrenza diventa sempre più dura, i margini di profitto si restringono, i consumi sono in crisi, tira aria di recessione. Gli imprenditori italiani non avendo utili_zzato questi anr_ii felici per mnovare processi e prodotti, ma giocato solo sul fattore prezzo per portare a casa i profitti più alti come dei semplici speculatori, oggi sono di nuovo in difficoltà. Per questo si sono svegliati, sono tornati a chiedere libertà di licenziare, flessibilità e mobilità senza controlli, aumenti contrattuali blindati. E che sia Romiti a sparare le bordate più dure non è casuale. A titolo personale - ma come si fa a distinguere Romiti dal presidente della Fiat? È un tutt'uno, altrimenti chi gli darebbe ascolto - il più importante manager italiano si è collegato, per questa battaglia ideale e politica, a "Liberal". Un "cenacolo" animato da qualche imprenditore (oltre Romiti, anche Marco Tronchetti Proveri della Pirelli, Vittorio Merloni delle lavatrici, Diego Della Valle, quello della scarpe con i gommini ...), un paio di editorialisti del "Corriere della sera", qualche disoccu1,nto della politica come Ferdmando Adornato, passato dalla Fgci a Romiti con estrema naturalezza e senza vergogna. Ogni mese questo gruppo tira fuori qualche proposta o qualche malintesa provocazione: il mercato, la patria, il Risorgimento, la Costituzione, il capitalismo della Seconda Repubblica. Per avere qualche riscontro popolare, Adornato e compagnia, prima di pubblicare i loro straordinari pamphlet, telefonano ai direttori di "Corriere", "Stampa" e "Repubblica". Offrono succulente.esclusive del loro pensiero mensile e di solito i direttori, che sono deboli e devono pur campare, piazzano questi pezzi illeggibili nella loro presunzione nelle pagine della cultura, tentando di animare poi per qualche giorno improbabili dibattiti. Adesso gli attempati ragazzi di "Liberal" si sono dati ai convegni, cercando forse di emulare quelli dei Liberal di molti anni fa del "Mondo". Quello di Milano, celebrato al Four Seasons, il lussuoso albergo delle modelle, è stato incredibile. Bisognava filmarlo per crederci. Annunciato come gli Stati Generali dell'economia italiana, all'incontro hanno partecipato forse poco più di un centinaio di persone. Almeno la metà giornalisti, ovviamente. Gli interventi, naturalmente, dovevano essere molto brevi, pochi minuti ciascuno, ma tutti avevano diritto a un applauso supplementare. Sotto la sapiente regia di Adornato, che nonostante gli anni e le varie metamorfosi politiche continua a parlare e scrivere con quell'insopportabile stile da terza liceo probabilmente imparato quando dirigeva "La città futura" dei gio- . vani comunisti, il convegno ha avuto l'eco giornalistico giustamente sproporzionato all'evento. In un Paese che non ascolta più Bobbio e Dossetti oggi ci tocca sentire Adornato e Rùmiti. E anche se gli Stati Generali preludono, storicamente, a qualche rivoluzione, al Four Seasons - che non è la Sala della Pallacorda - non è successo alcunché. Dopo tanto parlare di mercato, etica, capitalismo, privatizzazioni, quelli di "Liberal", che non sono gli epigoni di Robespierre, hanno pensato che, per comodità, valeva la pem farsi sponsorizzare il convegno da un paio di "odiate" aziende pubbliche come la Telecom e il Mediocredito Centrale. Anche la Cultura e la Politica hanno bisogno di mangiare. ♦

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