EDUCATORE/MINORE: ZERO AZERO? Andrea Beretta L'educatore Mi avvio fiducioso verso il luogo dell'incontro, l'ultimo prima di poter andare a casa. Vedo già il vapore salire dalla doccia e sento il piacere dell'acqua calda che si porta via la stanchezza, gli odori e i malumori della giornata. Ma non ora, non ancora. Adesso devo fare i compiti con A., detto triangolo per la forma della sua faccia. È proprio vero che i ragazzini sono spietati tra di loro. Il primo giorno in cui A. è stato presentato al gruppo lo hanno accolto con un "oh, ma c'hai proprio una faccia a triangolo", fra risate divertite e liberatorie. A. si è rivolto a me spaesato, con lo sguardo che oscillava tra il "adesso gli tiro un piatto in bocca a 'sti stronzi" e il "sarà meglio che rida anch'io?". Il meglio che sono riuscito a fare è stato un sorriso scialbamente rassicurante e, vedendo che non bastava, ho detto sibillinamente: "Ognuno ha la faccia che si merita, chi rotonda, chi quadrata e chi triangolare". Il primo effetto è stato quello di far aumentare le risa e in alcuni casi di provocare delle convulsioni; A. si è unito timidamente al riso. Poi un ragazzino mi ha detto: "ma che cazzo dici, che c'entra?". A questo non sono ancora riuscito a rispondere. Mi avvio fiducioso al Servizio Sociale mentre prevedo e soffro la scena: A. che mi attende con la sua faccia da Massimo Troisi in Credevo fosse amore invece era un calesse, seduto storto sulla sedia con lo sguardo perso nel buio della cartella, determinato a fare i compiti nel più lungo tempo possibile. ' E invece la scena mi sorprende, A. e m piedi, ha in mano il suo diario e il suo sguardo va avanti e indietro per la stanza, mentre lui è fermo, appo~giato al muro. Quando mi vede non mi sornde, ma mi ha mai sorriso? Non lo so: ho addosso la pesante sensazione che stia per succedere qualcosa di diverso dal previsto. Mi dà il diario prima ancora che mi sieda, dicendo di non avere compiti. Impossibile penso, abbiamo concordato con gli insegnanti, con i genitori, con lui che ogni venerdì ci sia un incontro specificatamente per i compiti, vista la necessità di recuperare etc., etc. Tutto perfetto da settimane: obiettivo compiti buono, esplicitazione delle proprie emozioni scarso, relazioni con gli altri discreto, organizzazione degli spazi e tempi si comincia a lavorare. Ho appena fatto la verifica, non mi crollare sull'unico buono! Apro il diario, i compiti ci sono, bene: "abbiamo voglia di scherzare, eh?", ma non riconosco segni di giocondità guardandolo. Ripete che non ha compiti per domani, non deve andare a scuola, insiste, non ha compiti). non deve andare a scuola. Forse ... No, non BUONI E CATTIVI può essere stato espulso, non può. "Sei stato espulso?" La faccia triangolare fa segno di sì. "Mi dispiace e mi sembra di capire che dispiace anche a te". Ecco così, uniti nel dispiacere. Confidati, raccontami, sfogati ... Ma il racconto è scarno e A. sembra lontano: eravamo nella sala proiezioni, si scherzava, tiravano lo stucco, "ma io non l'ho tirato". Un altro obiettivo: riconoscere i propri errori sufficiente. Alla fine dell'ora la professoressa ha preso tutti quelli con lo stucco e gli ha dato "due giornate". "Allora vedo il tuo nome domani sulla "Gazzetta dello sport", tra gli squalificati. Non potrai giocare". · "Che mi frega. Io però lo stucco non l'ho tirato, e la professoressa che è una ..." È il momento delle frasi fatte: 1) esaltazione della scuola e del poterla frequentare: non ci credo che ti faccia piacere non vedere i tuoi compagni ... 2) senso di giustizia infranto: anche se è vero che tu non hai tirato lo stucco però lo avevi, sai che non bisogna portarlo a scuola che non s~rve, perché lo hai portato in sala proiezioni .... 3) strenua difesa della figura istituzionale: l'insegnante deve poter fare lezione, bisogna· ascoltarla non poteva vedere chi tirava lo stucco e chi no, mi è sembrata una brava insegnante e simpatica (ciliegina sulla torta) ... 4) sofferenze: sto per cominciare ad elencargli il dispiacere suo, dei suoi genitori, mio e le lacrime di Gesù in cielo, ma mi fermo, notando che si è frapposto un muro tra di noi. Non è venuto qui per fare i compiti ovviamente e neppure per la paternale, forse ha solo bisogno di sfogarsi e di condividere la pena, di non sentirsi espulso un'altra volta. Decido di cambiare strategia drasticamente. "Vedo che sei ancora arrabbiato e che forse è meglio parlare di queste cose un'altra volta. Sono un po' arrabbiato anch'io, quindi ti propongo di andare a farci una bella partita a ba- -~\\\?~\/.·· -~~~..:,·.:~;_.- ..: . l ~ir/
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