La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

meno utili alla crescita del ragazzo, ma utili soprattutto ai gruppi per farsi pubblicità, fornendo dati improbabili relativi alla quantità di ragazzi seguiti o, peg~io, recuperati, facendo passare per eccezionali interventi che dovrebbero appartenere alla prassi quotidiana. E invece, terminati i finanziamenti terminano anche le attività, si interrompono i rapporti con i minori e si resta in attesa di qualche nuovo finanziamento. Ovviamente si sta parlando del settore non-profit, perché il volontariato, per sua stessa definizione, va avanti anche senza contributi pubblici. È chiaro che non è solo una questione di "soldi", ma ancora una volta di "cultura" e di "progetto", i quali continuano a mancare, altrimenti non si spiegherebbe perché alcuni gruppi (un piccolo numero) riescono a lavorare da anni senza interruzioni, pur non usufruendo, e per lun_ghi periodi, di contributi pubblici, e a garantire a determinati minori "a rischio", magari quelli più esposti a condizioni di disagio, una continuità dei rapporti e delle attività di socializzazione e formazione. Un sistema politico-economico equilibrato e culturalmente preparato non parlerebbe quindi di "minori a rischio", ma semplicemente di minori, diversificando, ovviamente, i propri servizi per adattarli ai singoli bisogni, che variano da minore a minore, in base al contesto in cui si è formato, ali' età e alle capacità personali. Una città come Bari, ai primi posti nella graduatoria nazionale per evasione scolastica e per lavoro illegale, è priva di spazi verdi attrezzati aperti a tutti (c'è un grande parco comunale, all'interno del quale esiste uno spazio-bambini gestito da una cooperativa sociale a cui bisogna pagare un biglietto d'ingresso per utilizzare giostrine tipo scivoli e ruote); una città come Bari, geograficamente di fronte a terre disperate come l'Albania e la ex-Jugoslavia, meta ogni giorno di centinaia di profughi, di poveri illusi, di extracomunitari in balia della mala locale, non possiede un centro di prima accoglienza per extracomunitari, né esistono campi attrezzati per i nomadi. E la politica sociale, tanto da parte degli assessorati quanto da parte di certa chiesa e di certi gruppi, si risolve essenzialmente nell' organizzazione di mostre e convegni nazionali di vario titolo, onde garantirsi la pura "visibilità". Forse è per tutto questo che i media guardano ad alcuni buoni interventi come a delle singolari missioni spirituali e non come a delle normali attività, in grado di esprimere professionalità buone, le quali non solo ci sono, ma risultano in aumento. Tali professionalità vengono mortificate da quanti si guardano allo specchio portando avanti una politica autoreferenziale, che non dà risposte in un settore, quale è quello educativo-formativo, dove non ci sono ricette preconfezionate, e i buoni risultati conseguiti sono il frutto di un saper osservare, saper fare insieme, saper scambiare e confrontare linguaggi ed esperienze, saper verificare e utilizzare al meglio le specificità di ogni soggetto operante sul territorio: la scuola, il volontariato, il settore profit, il non-profit, le Usi, le Università, la chiesa, il Tribunale dei Minori, i Servizi Sociali. Ecco, in una città che non vuole risolvere i suoi problemi sociali, tutti i minori sono "arischio" di devianza o di suicidio. Se è vero che il disagio del bambino è sintomo di un male-ssere che investe tutta la società, e che il minore BUONI E CATTIVI è un perfetto "rivelatore sociale", occuparsi dei bambini/ragazzi, una volta per tutte, non significa occuparsi solamente di un settore specifico di una fascia sociale precisa, ma significa occuparsi del futuro della città. Dare risposte concrete ai minori "a rischio" significa anche aprire asili nido comunali (a Bari ce ne sono solamente quattro su una popolazione di circa 350 mila abitanti), che offrirebbero la possibilità a molte madri di lavorare e far crescere più serenamente i propri figli; significa potenziare l'assistenza domiciliare, attraverso (--:\ -G - °'i , -·-::;:,,..____ I '. . \'.\;; ~'-, la figura dell"'home-maker", che in molti casi ha già dato buoni risultati, ribadendo la necessità che tanto il minore quanto la famiglia siano seguiti psico-pedagogicamente, direttamente a casa, e favorendo un migliore rapporto tra il ragazzo e la famiglia, il ragazzo e la scuolalavoro-tempo libero, evitando il più possibile l'istituzionalizzazione del minore; significa stabilire un nuovo regolamento nella distribuzione dei sussidi economici, che possa garantire di più a chi ne ha veramente bisogno e meno a chi, come nel caso di famiglie capo-clan, ottiene sussidi con minacce e atteggiamenti intimidatori; significa maggiore promozione e diffusione culturale dell'affido familiare, specie quello diurno, per fare in modo che il minore abbia costanti rapporti con le famiglie d'appartenenza; significa dotare la città di almeno un centro di prima accoglienza per donne e bambini maltrattati e abbandonati; e di almeno tre campi nomadi attrezzati distribuiti in varie zone; significa potenziare il numero delle assistenti sociali e degli educatori nelle varie circoscrizioni (su tutta Bari ci sono solamente 24 assistenti sociali e 11 educatorj); significa stipulare convenzioni cospicue con il privato sociale serio, perché questo garantisca a tempo pieno la realizzazione di una serie di attività di prevenzione, recupero e formazione-lavoro per i minori in ogni quartiere; significa favorire l'ingresso dei "minori a rischio", fuoriusciti dal circuito scolastico, in botteghe artigianali o aziende produttive, per inserirli nel mondo del lavoro e facendosi carico, lo stesso ente pubblico, del pagamento almeno del 70% degli oneri sociali e fiscali. La formazione-lavoro e l'assunzione a tempo determinato dei "minori a rischio" o devianti usciti dal circuito scolastico è un anel-

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