La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

seimila ragazzi: di questi, scusatemi la crudeltà dei numeri, circa il 40% è stato riaccompagnato in un circuito di reinserimento sociale, un 20% continua a fare la vita di strada, o a stare ancora nelle "tarantelle" per usare il gergo comune, un 10% è morto per overdose, Aids, ucciso dalla camorra o da una vita di stenti, un 30% ritorna in carcere, poi in comunità, vaga p~r i servizi, fa perdere le proprie tracce, cambia paese ecc. A questi ragazzi, vanno aggiunti quelli che incontriamo nelle scuole, nei quartieri, nelle strade, durante le attività di prevenzione, o le campagne informative circa i rischi e i disagi che "certe" scelte procurano. È veramente alto il numero di giovani che quotidi<).namente come operatori, ·come associazione, vediamo, ebbene non abbiamo allo stato attuale gli elementi per poter disegnare uno stereotipo, con il quale poteva diventare più facile l'analisi, lo studio, la proposta, il progetto. In ogni città, in ogni paese, la questione giovanile ha una sua specificità. Gli esperti, che dalle televisioni, ci rimbecilliscono con le etichette, che con tenacia cercano di rappresentarci una realtà, complessa e difficile di un mondo a parte, ci fanno arrabbiare, non ci aiutano: è scorretto da un punto di vista umano sociale e scientifico. Gli stereotipi sul mondo giovanile, sulla tossicodipendenza, sulla devianza e sui suicidi, sono per lo più tutti da buttare, quando appiccichiamo una "etichetta" non aiutiamo né la persona, né la comprensione del fenomeno in questione. Anzi molte volte sono le etichette che creano capri espiatori , evitando così una riflessione individuale sulle nostre responsabilità, sui nostri livelli di partecipazione alla vita sociale, facendo crescere la coscienza che solo l'aumento del controllo sociale, dell'autorità, della protezione possa proteggerci e proteggere i giovani da queste maledizioni. In questo clima cresce nel paese la voglia di fare, di progettare, di voler investire sui questi problemi. Nei fatti le cose però assumono una piega differente. Eppure quante leggi o proclamazioni di diritti ci sono state : - dichiarazione dei diritti dei minori Onu 1959; - Convenzione internazionale sui diritti dei minori Onu 1989; - Dpr 22 settembre 1988 n.488 sul nuovo processo penale minorile, con tutte le successive modifiche; - Dpr 9 ottobre 1990 N. 309 in materia di tossicodipendenza e successivi adeguamenti; - legge 216 per i minori a rischio; per non parlare dell'affido familiare, del nuovo diritto di. famiglia, della legge sull'imprenditoria giovanile, e altre che adesso mi sfuggono; solo parole perché nei fatti ogni anno per problemi più importanti, per una particolare congiuntura economica, o per altre "manovre", la finanziaria vede assottigliarsi il budget per gli interventi, per la ricerca, per i progetti. In questo quadro istituzionale i;naturano le operatività, le iniziative, i percorsi per portare verso uno sviluppo armonioso i nostri giovani. Basta solo fare riferimento agli ultimi dieci anni, per renderci conto di come i minori, più di ogni altra categoria sociale,hanno subito gli effetti di quella "esclusione sociale" che allontana le fasce BUONI E CAIT!Vl deboli da una qualità d~llavita civilee dignitosa. Nonostante gli altissimi principi contenuti nella Costituzione e nell'intero quadro legislativo, gli enunciati delle forze politiche e sociali, si registra uno scarto con la realtà quotidiana dei bambini, dei minori dei giovani, che non può essere letto come sostanziale e voluta indifferenza del mondo degli adulti verso la condizione minorile. Le trasformazioni involutive dell'economia e delle politiche sociali vanno determinando quella disattenzione al soggetto "debole", ai suoi bisogni primari di sopravvivenza civile, causa della "forbice" che vede aumentare ancora il divario tra chi sta bene e chi no. Fino all'espressione delle "nuove povertà": stato di svantaggio (devianza, tossicodipendenza, handicap, anziani ...) che immette nelle traiettorie centrifughe di esclusione sociale. Nella graduatoria degli esclusi gli ultimi sono i minori, dispersi in un corpo sociale che vede: - lo scollamento tra famiglia, scuola, servizi, mondo del lavoro e delle istituzioni; - l'isolamento di ognuno di questi soggetti che parcellizzando il proprio intervento "spezzano" l'identità e il ruolo dei giovanissimi· ' - la completa delega educativa, per i più svantaggiati, o meglio per i più f overi, alle nuove agenzie educative: i media, i mercato, il consumo, la strada. In tal senso il fenomeno della dispersione scolastica, l'inadempienza, l'abbandono, sono i primi allarmanti segnali di messa in moto dell'esclusione, dell'emarginazione, del lasciarsi dietro; il minore, il bambino "inizia a perdersi" come scolaro quale premessa della perdita del futuro cittadino. Non esistono più agenti educativi, di riferimento e di formazione, che possano mettere in condizione il minore di essere accompagnato nel suo percorso di crescita per poter imparare a scegliere tra le diverse opzioni. Il minore è al centro dell'attenzione solo quando i "media" ne hanno bisogno per soddisfare la voglia di orrore_, di mal_izie,o qi:ando il mercato sceglie per spingere a1consumi. In tal senso il fenomeno della devianza minorile è segno ancora più grave ed allarmante. Oggi il fenomeno ha raggiunto non solo dimensioni numeriche impensabili e perciò preoccupanti, ma anche una complessità di problematiche sempre più gravi nelle sue implicazioni sociali. Nel mezzogiorno, e più in particolare in Campania, le procure minorili, intervengono ogni anno per migliaia di casi, sia in ambito penale che amministrativo, cercando soluzioni per problemi di emergenza, mentre nulla o quasi si fa per anticipare le.problematiche alla base di questo nostro "Vietnam". E intanto aumentano i reati di minori per appartenenza a organizzazioni criminali (non più spontanea attività criminosa) e quelli per lesioni alla persona (il minore, ormai non ha più nessun rispetto per se stesso e per l'altro), aumentano anche gli omicidi e i reati commessi da giovanissimi che hanno meno di 14 anni. Aumentano cosi, in una irrefrenabile spirale, quei bambini che crescono sulla strada, con quella cultura "dell'arrangiarsi" che è diventata la base dell'illegalità, davanti ad una società civile che assiste impotente alla loro autoeliminazione, spinti a quell'inevitabile odiarsi e pie-

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