La Terra vista dalla Luna - anno II - n. 16 - giugno 1996

- Comandante della guardia riconosciuto, cambio avanti. Rimettevo il fucile in spalla e andavo a piazzarmi ben saldo davanti la porta della garitta, le ~ambe larghe, i gomiti pure, le mani una sul fianco l'altra sulla baionetta. Aspettavo la procedura per il cambio e lasciavo in consegna la postazione. Quattro ore più tardi quelle stesse consegne mi sarebbero state riaffidate. A volte non filava tutto così liscio. - Alt chi va là Tacevano e proseguivano cominciando a correre. Era l'agguato! , - Alt chi va là, alt chi va là; passa a largo, passa a largo; impugnavo il fucile e "scarrellavo" mentre cercavo disperatamente di inserire i colpi gridavo fermi o sparo fermi o sparo! A quel punto tutto era finito, l'ispezione ti era addosso, ti aveva immobilizzato, e ora cercava di strapparti il fucile e la baionetta, eri stato ridicolizzato, avevi il fucile e la mente inceppati e non c'era più niente da fare. Quando prestavi servizio nei reparti detenuti non eri armato, avevi con te le chiavi delle celle e quelle dei cancelli d'accesso. Avanti e indietro lungo i corridoi dei reparti dove si affacciano le celle, a contare le mattonelle e le loro irregolarità, mentre ti perdevi in affermazioni fatte decine di volte: "oggi è domenica domani è lunedì e il manifesto non esce, oggi è domenica domani è lunedì e il manifesto non esce". Avanti e indietro sulla collinetta sopra il cortile est detenuti, segnando un sentiero arido come un animale in gabbia, guardando e tifando per i detenuti che giocavano a calciotennis, che prendevano il sole, e camminavano speditamente o lenti come tartarughe facendo cerchi concentrici intorno al campo. Tra loro ricordo un carabiniere condannato a quindici anni che con la pattuglia varcava il confine con la Svizzera trasportando eroina, due doganieri accusati di aver costretto una donna a rapporti orali con entrambi, una guardia carceraria che aveva trucidato il comandante del carcere dove prestava servizio a colpi di pistola, un poliziotto che sparò e uccise la moglie sorpresa con l'amante, ricordo i finanzieri di Milano accusati di concussione e corruzione, ricordo i disertori. A maggio l'infermeria del carcere per mancanza di personale mi richiese per essere affiancato agli A.S.A. e cominciare l'addestramento. Imparai a fare le punture colpendo ripetutamente le arance e le rosette della mensa accuratamente poggiate sul termosifone dell'infermeria. Imparai a fare i prelievi del sangue, a somministrare l'insulina ai diabetici, a conoscere i medicinali di base e di largo uso, imparai a mostrarmi comprensivo e rassicurante con i detenuti. L'infermeria e il cappellano militare costituivano per molti l'unica spiaggia di salvezza dove far approdare le proprie frustrazioni. In quello stesso periodo a seguito delle indagini del pool di mani pulite di Milano sulle tangenti alla Guardia di Finanza, fu riaperta l'ala ovest del carcere e ripristinate celle ormai in disuso da tempo e utilizzate permanentemente anche quelle d'isolamento per accogliere i finanzieri in custodia cautelare. Avevano il divieto d'incontro tra di loro, mangiavano in cella, per lo più quello che la famiglia gli portava durante la visita settimanale suoi EDI VENTO mantenuto in frigoriferi portatili, avevano un'ora d'aria al giorno ciascuno. La giornata dell'infermiere trascorreva veloce e indaffarata tra le visite in carcere e in caserma, si concludeva la sera verso le 21.00 dopo il giro serale nei reparti. Munito di valigetta percorrevo il viale d'accesso al Carcere, fino alle porte automatiche che si aprivano prima una poi l'altra manovrate da un piantone imprigionatovi in mezzo. Scortato da una guardia venivano aperti i reparti prima quello est poi quello ovest, entravo e i pesanti cancelli si richiudevano alle mie spalle. Il corridoio davanti a me fisuonava delle voci di presentatori televisivi e si coloriva a intermittenza delle luci che le immagini emanavano, poggiavo le mani sulle sbarre e gridavo: infermeria! Mi tiravo indietro e piegato sulle ginocchia aprivo la valigetta, non uscivano né conigli né colombe né belle donne, solo miracolosi rimedi all'insonnia, al raffreddore, al mal di denti, ai bruciori di stomaco. A volte tanto io quanto il detenuto ci cimentavamo in iniezioni di fortuna attraverso le sbarre contro i dolori del nervo sciatico o di una colonna vertebrale troppo lesionata per sopportare le brande delle camerate. Come fossero liquirizie distribuivo antidepressivi e ansiolitici: Valium, En, Lexotan, Tavor, Alcion, Roipnol, Laroxil, Xanax. C'era un Tenente Colonnello della finanza che era così ansioso di prendere la sua dose di Lexotan, 25 gg., e mezza pastiglia di Alcion, che sgomitava avvicinandosi alle sbarre. Tutte le sere ripeteva la stessa cosa: "mi raccomando a lei non si distragga quando conta le gocce". Questo durante l'ora d'aria giocava a tennis con spirito professionale nel campo di fortuna del cortile detenuti. Scendeva in tuta, scarpe da ginnastica, racchetta e palline da tennis, sembrava sponsorizzare un profumo sportivo o la Sergio Tacchini. Robotizzato e scattante grazie al completo ma scoordinato e affaticato dall'età correva su e giù per il campo osservato dagli sguardi perplessi e ironici degli altri detenuti, ostentava ricchezza e alterigia davanti a quella alienazione e desolazione. Un altro finanziere catturò la mia attenzione: era alto, robusto, abbronzato, con i baffi, vestito sporti".amen~e come se stesse partendo per una crociera, s1 accompagnava con una borsa piena di medicine omeopatiche. Durante la visita d'incorporo in infermeria volle fare una confessione: "Signor Tenente faccio un lavoro molto pericoloso, quando questa brutta storia sarà finita mi congederò. Pericoloso perché troppo esposto alla corruzione. Nel rapporto tra poi e un'impresa si verifica una vera e propria escalation di ipocrisie, di ricatti e di favori. Si comincia dall'invito a pranzo per finire con la tangente. Capisce quello che voglio dire? Quando fai parte di un sistema, legalizzato, non ci si può mettere da parte". L'ultima cella d'isolamento era occupata da un Maresciallo della finanza, con oltre trent'anni di carriera militare alle spalle; a differenza degli altri finanzieri, increduli e restii a credere che quello non era un incubo ma la realtà conservando ancora un atteggiamento di comando e superiorità tanto rispetto a noi 9.uanto agli altri detenuti e non diversamente nei confronti dei nostri superiori dai sergenti ai comandanti dei reparti, questo si dimostrava una persona di grande vitalità e cortesia, di affettuosa apertura verso i suoi giovani carcerieri, con uno sguardo pieno di comprensione paterna; non

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